Non bastava il processo in videoconferenza a ledere fortemente i diritti della difesa che adesso rischiano il quasi azzeramento con il rito on line in base alla “riforma” che il Parlamento si appresta a varare in modo da farlo entrare in vigore fino al 30 giugno 2020. Una scadenza che con l’aria che tira farebbe presto a “saltare” perché nulla è più definitivo di ciò che viene fatto apparire provvisorio. E lor signori lo dicono apertamente: cogliere l’occasione dell’emergenza corona virus per razionalizzare il funzionamento della giustizia. Il presidente della corte d’appello di Brescia Claudio Castelli parla e scrive di processo in streaming o di utilizzo della piattaforma estera Teams. I componenti del Csm fedeli a Davigo sono della stessa idea.

Castelli è di Magistratura Democratica la corrente nata tantissimi anni fa anche in nome della gestione “orizzontale” delle procure e che ha finito per verticalizzare gli uffici inquirenti oltre ogni limite come dimostra il caso Bruti-Robledo. Md d’accordo con Davigo, una miscela micidiale per arrivare a un processo in cui la difesa conterà sempre di meno. Anche il corona virus come le altre tappe dell’infinita emergenza italiana servirà per limitare diritti nel nome di uno stato-sicurezza portatore di un vero e proprio attacco al cuore della democrazia.

Con il processo in streaming l’imputato sarà sempre meno innocente fino a sentenza definitiva. Insieme al suo avvocato potrà interloquire limitatamente al funzionamento della connessione e sarà oggetto di valutazione in una camera di consiglio sempre più virtuale. Le parti processuali non si guarderanno più in faccia. L’uso della tecnologia andrà a scapito del principio dell’oralità del dibattimento che era alla base della “rivoluzione” legata alla nuova procedura.

E non basterà pretendere che le novità siano limitate alla durata dell’emergenza. Bisognerà opporsi anche al provvisorio perché una volta partiti non si sa dove si finisce col processo “sbrigativo”. Insomma condannare sarà più facile ancora che assolvere. Una volta Md era garantista. È diventata davighiana. Un magistrato scomparso da tempo quando Md approvò le leggi speciali “antiterrorismo” mi disse: «Sarebbe meglio se Md non fosse mai nata».