L’ultima iniziativa balzata alle cronache riguarda proprio l’epidemia del Covid-19. Il 16 febbraio scorso, dunque un mese fa, la Farnesina si è premurata di far partire un “volo umanitario” con a bordo 16 tonnellate di materiale medico-sanitario dirette in Cina, “a sostegno delle attività di assistenza delle autorità” nell’area di Wuhan.
Molti altri interventi umanitari erano già stati fatti in precedenza, ma senza traccia sui giornali. A fine novembre, per dire, noi italiani abbiamo spedito 22 tonnellate di beni di primo soccorso e accoglienza con tende, kit igienici, coperte, generatori elettrici e kit medici contro il colera nelle regioni di HirShabelle, Jubaland e South-West State, in Somalia, colpite da una inondazione. Pesava quasi la metà – 13 tonnellate – il carico di aiuti partito invece per la vicina Albania dove, alla fine dello scorso anno, c’è stato un terremoto.

Prima ancora sono partiti voli, uomini delle Ong e bonifici verso Siria, Iraq, Sud Sudan, Repubblica Centrafricana, Gaza e tutta l’Africa Occidentale che, a metà del decennio scorso, è stata colpita duramente dal virus Ebola, con mortalità vicina al 50%, oggi quasi debellato dopo una battaglia lunga, dura, che ha lasciato sul terreno centinaia di migliaia di morti. L’Italia e l’Unione europea hanno investito per sconfiggerlo centinaia di milioni di euro.

Il nostro Paese, effettivamente, in tema di interventi umanitari e solidarietà internazionale non si è mai tirato indietro, anzi è stato sempre un passo avanti consolidando una riconosciuta propensione alla generosità concreta. Posizione geografica strategica nel Mediterraneo, ancora frontiera politica tra Occidente e Russia, con un passato di grandeur in politica estera, già importante contributrice nelle missioni internazionali di pace, l’Italia ha sempre assistito gli altri Paesi nei momenti più difficili.

Oltre alla Cooperazione internazionale di stanza al ministero degli Esteri c’è anche il “grande cuore degli italiani”, sempre pronto – come accadde ad esempio per il terremoto di Haiti – a sottoscrivere bollettini, partecipare ad aste di beneficenza e sostenere il lavoro delle ong. Ma siamo stati mal ripagati in questa drammatica storia del Coronavirus, ed evidentemente il nostro Paese non è riuscito a raccogliere quanto seminato. A parte qualche caso sparuto di singoli benefattori, il nulla.

Le responsabilità sono molteplici. L’Unione europea, innanzitutto, è stata a guardare troppo a lungo, avviando solo tardivamente un coordinamento tra i 27 Paesi membri. Si è assunta soltanto lunedì scorso, quando mezza Italia era già in lockdown e si contavano i primi focolai anche in altri Stati, il compito di coordinare gli interventi sanitari e di centralizzare a livello continentale gli acquisti per gli strumenti di prima difesa come le mascherine. Peccato che ormai fossero esaurite dappertutto e ciò accadeva nonostante la Cina avesse riconvertito appositamente alcuni stabilimenti. Ma abbiamo già detto quanto l’Unione si stia rivelando una nullità politica.