Ce la faremo, non abbiamo altra scelta. La natura degli italiani è fatta così: forse lenti nell’accettazione del cambiamento, nella rinuncia al proprio stile di vita (che è da sempre uno dei più ammirati al mondo). Poi, con impagabile resilienza, si marcia, con le nostre straordinarie risorse di intelligenza e adattamento, verso l’autotutela. Il cammino sarà lunghissimo ed estremamente costoso, ma ce la faremo. Quello che mi preoccupa – al netto della drammatica emergenza sanitaria cui il nostro personale medico sta facendo fronte con un’abnegazione e uno spirito di sacrificio che commuovono – è la percezione all’estero di quello che sta accadendo da noi: da settimane gli italiani sono diventati universalmente gli untori del mondo, come ha affermato anche la Cnn nella ormai famosa immagine che mostrava i contagi irraggiati dall’Italia in tutto il globo.

Non solo, veniamo accusati di non saper minimamente gestire l’emergenza, e di aver messo così a rischio tutti gli altri paesi. È una situazione, purtroppo, totalmente fuori controllo, assolutamente non gestita dal governo, e le sue ricadute economiche e di immagine sono enormi. Chi vorrà avere a che fare con l’Italia per un lungo periodo? E come è possibile che nel giro di pochi giorni tutta l’attenzione del mondo si sia concentrata sul nostro Paese, mentre gli immani danni prodotti dai cinesi sembrano già un lontano ricordo e il dragone marcia tranquillo verso una piena recovery, sia sanitaria che economica e finanziaria?

Si chiama controllo dell’informazione. Ormai ci siamo abituati a dare a questo concetto un significato negativo, un sapore oscuro di repressione e pericolo. Ma in sé è un concetto neutro. E in casi di emergenza come questo non può che assumere anzi un valore positivo. In tempi come questo la comunicazione è tutto: può determinare una straordinaria efficacia di azione oppure disastri organizzativi e di immagine come quello che stiamo vivendo noi. E il governo ha evidentemente sottovalutato la questione, procedendo in ordine sparso, diffondendo messaggi contraddittori, parlando troppo o troppo poco e con voci disordinate.

La Cina, paese autoritario, ha potuto esercitare un forte controllo dell’informazione che ha consentito di contenere i danni sia alla popolazione che all’immagine del paese, sebbene gravemente compromessa nella fase iniziale di diffusione del Coronavirus. Abbiamo criticato duramente la Cina per il suo uso spregiudicato e strumentale dell’informazione, che ha messo in difficoltà gli altri paesi, compreso il nostro, determinando probabilmente ritardi fatali nella comprensione della gravità della situazione. Ma dobbiamo anche dire che quella scelta ha consentito ai cinesi di procedere con grande ordine alla messa in campo di misure di contenimento che sembrano aver funzionato. Per l’Italia, paese democratico in cui solo ipotizzare una qualunque forma di controllo dell’informazione espone ad accuse di attentato alla Costituzione, questa possibilità non c’è stata, con l’aggravante di un governo totalmente impreparato a gestire lo tsunami da cui è stato travolto. E oggi ci troviamo a dover calcolare l’incalcolabile: le conseguenze di un’Italia che da culla iconica di bellezza, saper vivere e stile è diventata il buco nero del mondo, e lo è diventata anche grazie all’altro virus che domina la nostra epoca, quello dei social e dell’informazione digitale, straordinari strumenti di contagio informativo.

Adesso il governo ha l’obbligo di intervenire per cercare di far rientrare i buoi nella stalla. È tardi, ma bisogna evitare ulteriori danni. È necessario privilegiare competenze e professionalità acclarate, e chiamare in servizio chiunque ne abbia. In questo senso è da apprezzare l’indicazione, giunta in questi giorni da più parti del mondo politico, di chiamare Guido Bertolaso a svolgere il ruolo di commissario unico dedicato al coordinamento della gestione emergenziale: una richiesta che abbiamo lanciato dalle colonne di questo giornale il 25 febbraio scorso. Serve una voce unica che parli con autorevolezza al Paese, dando i messaggi necessari e certificando le informazioni per i cittadini, eliminando la grande confusione comunicativa che in queste settimane ha certamente alimentato il panico. Speriamo che il governo non perda ulteriore tempo prezioso e si attivi.

Ma accanto a questa figura ne occorre un’altra: una persona che possa gestire con freddezza tutto l’aspetto internazionale di queste drammatiche settimane, e che si faccia carico di gestire una narrazione che sta costando all’Italia cifre astronomiche in termini di prodotto interno lordo e di affidabilità. Una sorta di portavoce internazionale dell’Italia. È un compito da far tremare i polsi, ma la nostra storia recente ci insegna che il giudizio del mondo- in tempi di finanza globale – è il primo vettore di successo o fallimento di una nazione. Ieri l’andamento delle Borse ci ha detto chiaramente verso che direzione ci stiamo muovendo se non corriamo subito ai ripari.