Ha dichiarato Guido Del Turco, figlio di Ottaviano:Occorre sempre avere il massimo rispetto verso l’alta istituzione del Senato e del suo ufficio di presidenza…”. Beh, io dico di no, caro Guido. Non ho proprio nessun rispetto per gli autori di una mascalzonata. Sono indignato con la presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati e con tutto il consiglio di presidenza di Palazzo Madama. Lei e loro – se ho capito bene – si sono piegati – forse a malincuore ma si sono piegati – al ricatto odioso e all’ignoranza dei 5 Stelle, hanno deciso di togliere la pensione a Ottaviano Del Turco e di condannare uno dei capi storici del movimento operaio e sindacale italiano a morire in una condizione di povertà. È una farabuttata, un insulto alla politica, alla democrazia, al sindacato, alla storia della Repubblica e anche al buonsenso.

Ottaviano Del Turco ha quasi ottant’anni, ha delle malattie gravissime tra le quali l’Alzheimer, il Parkinson e un tumore, non ha i milioni da parte, vive delle sue due pensioni, quella da sindacalista e quella da parlamentare. Quella da sindacalista è di 1700 euro al mese. È bene che si sappia, visto che in questa epoca di populismo sfacciato e becero chissà cosa si crede: uno dei maggiori capi del movimento sindacale del dopoguerra ha raggranellato una pensione di 1700 euro. E ora dovrà sopravvivere, e curarsi, e pagare infermieri e personale di sostegno, con questi 1700 euro perché il Senato – in un empito di alta etica grillesca – gli ha tolto la pensione alla quale aveva pieno e sacrosanto diritto. Gliel’ha tolta perché Del Turco è stato condannato per una vicenda la cui assurdità ha recentemente spiegato molto bene, su queste colonne, l’avvocato Caiazza. Del Turco, quando era presidente della Regione Abruzzo, ha fatto la guerra alle speculazioni e alle nefandezze della sanità privata.

La sanità privata – una parte della sanità privata – gliel’ha fatta pagare usando la forza di sopraffazione di una parte della magistratura. Del Turco è stato incarcerato, perseguitato, sottoposto a un assurdo processo. Quasi tutte le accuse sono cadute ma ne è rimasta in piedi una, sommamente ingiusta (e tutti coloro che hanno seguito la vicenda sanno quanto siano ingiuste quella accusa e quella condanna) e ciò è stato sufficiente perché un Parlamento travolto dal populismo folle dei grillini decidesse che se ne sbatte della Costituzione repubblicana e che toglie la pensione al suo ex senatore. Nessuno ha fatto le barricate per impedire che questo avvenisse. Una vigliaccata. Ottaviano Del Turco è stato un grande personaggio nella lotta politica e nella costruzione della Repubblica. È nato in Abruzzo, quando era ancora in corso la guerra. Suo padre lavorava in una cava di marmo e faceva il capo partigiano. Era povero. Da ragazzino Ottaviano se ne andò a Roma e iniziò a fare il sindacalista quando i suoi coetanei andavano a scuola e al Piper.

Del Turco era socialista, è diventato molto giovane il punto di riferimento dei socialisti nella Cgil, è stato tra i protagonisti dell’autunno caldo, con Trentin, Lama, Carniti, Macario, Benvenuto. Non sapete cos’è l’autunno caldo? Sono quei mesi di fine anni Sessanta nei quali la classe operaia e il movimento dei lavoratori sferrarono un attacco micidiale contro il sistema ancora antico della “macchina padronale” e la disarticolarono, trasformando il vecchio e polveroso e autoritario capitalismo italiano in un sistema più libero, dove i lavoratori avevano più spazio, più diritti, più salari, più istruzione. Eravamo nel 1969, fu la grande stagione operaia che durò almeno fino al 1972 e poi proseguì per tutti gli anni 70. I sindacati impressero una spinta formidabile alla modernizzazione dell’Italia, forse ancora di più dei partiti politici. Del Turco era lì, alla testa della Cgil. Poi continuò il suo impegno, anche combattendo e dissentendo con gli altri leader sindacali. Si schierò fieramente con Craxi nel 1984, insieme a Carniti, quando ci fu la battaglia sulla scala mobile, ma restò sempre al suo posto, vicino a Lama, a Trentin.

Nello stesso periodo c’era un ragazzetto un po’ più giovane di lui che provava a fare i soldi facendo il commerciante e poi l’attore di cabaret. Si chiamava Beppe Grillo. Ebbe successo nelle sue iniziative. fece effettivamente tanti soldi. Certo, non partecipò in nessun modo alla battaglia per rinnovare l’Italia, per renderla un paese giusto. ma non è obbligatorio sacrificare la propria vita per amore della politica. È assolutamente facoltativo. Oggi Del Turco viene condannato alla povertà da un Parlamento che prende ancora ordini da quel signore: Beppe Grillo. Li prese quando dimezzò le pensioni dei deputati, abolì il finanziamento dei partiti, tagliò il numero dei parlamentari, decise di punire in modo feroce chi fosse finito sotto il maglio della magistratura. E oggi, ancora, ha paura di lui. Non osa sfidarlo, in nome della vecchia tradizione democratica e sindacale di questo paese. Lascia Del Turco alla mercè dei 5 Stelle. Permette che uno dei maggiori esponenti della democrazia italiana sia messo alla gogna. Che vergogna. E io dovrei avere rispetto di questo Senato pauroso e ignorante? No, no, è impossibile.

P.S. Ieri sera, dopo le prime reazioni alla decisione della Presidenza del Senato, è stato convocato l’ufficio di presidenza per l’8 aprile. Ci sarà un ripensamento? Ci sarà finalmente qualcuno che alzerà la voce e spiegherà, anche ai 5 Stelle, che differenza c’è tra un padre della Repubblica e uno che vale uno? Non ci spero molto, però….

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.