Gentile Stato Italiano, aiutami a morire“. Fabio Ridolfi, 46enne di Fermignano, in provincia di Pesaro Urbino, è immobilizzato a letto dal 2004 a causa della tetraparesi da rottura dell’arteria basilare da cui è affetto. A 24 ore dal suo appello, diffuso dall’Associazione Luca Coscioni che lo assiste nella sua richiesta, è arrivato il parere favorevole del Comitato etico per il suicidio assistito.

In realtà il via libera era stato emesso lo scorso 8 aprile eppure, denuncia sempre l’associazione, è rimasto chiuso in un cassetto fino ad oggi: qualcuno in ASUR Marche aveva ‘dimenticato’ di comunicarlo a Fabio, nonostante i ripetuti solleciti. “Soltanto dopo l’appello pubblico lanciato ieri da Fabio il documento è riapparso ed è stato recapitato al paziente. Il documento stabilisce che Ridolfi rientra nei parametri stabiliti dalla Consulta nella sentenza Cappato-DJ Fabo per potere accedere all’aiuto medico alla morte volontaria” si legge sul sito dell’associazione.

La richiesta di Fabio

Il parere positivo del Comitato Etico è però incompleto, dato che manca ancora l’indicazione del farmaco che dovrà essere impiegato. Proprio come è successo a Mario, il primo italiano a cui è stato riconosciuto il diritto al suicidio assistito: anche lui rimasto ‘‘imbrigliato’ nella rete della burocrazia della Asur Marche, tanto da decidere di rivolgersi al tribunale di Ancona.

Fabio era in attesa da due mesi di un riscontro, dopo essere stato sottoposto a tutte le visite mediche previste. Per lui il calvario con l’Asl è iniziato lo scorso 10 gennaio, quando ha inviato la prima richiesta. Ha dovuto attendere fine febbraio per le visite della Commissione medica e il 15 marzo per sapere che i medici avevano inviato la relazione a un Comitato etico dell’azienda ospedaliera che, però, a lui non aveva comunicato nulla.

Nel frattempo richieste, azioni legali contro i ritardi dell’azienda sanitaria e del Comitato. Fino ad arrivare al video di ieri 18 maggio, e a quelle parole: “Gentile Stato italiano, da 18 anni sono ridotto così. Ogni giorno la mia condizione diventa sempre più insostenibile. Aiutami a morire”.

“Una vicenda kafkiana”

L’appello di Fabio ha colto nel segno. È inaccettabile che lo Stato italiano, e nello specifico la Regione Marche, abbia tenuto nel cassetto per 40 giorni un documento di tale rilevanza ed urgenza” ha commentato Filomena Gallo, avvocato e Segretario dell’Associazione Luca Coscioni. A causa della mancanza di indicazioni sul farmaco da utilizzare e sulle modalità di somministrazione, “è ora doveroso che il Sistema sanitario delle Marche definisca le modalità del caso nella massima urgenza, senza che sia necessario nuovamente da parte di Fabio procedere per vie legali ha concluso la Gallo.

Fabio ha ottenuto un primo risultato in questa vicenda kafkiana del documento insabbiato per 40 giorni”, ha dichiarato Marco Cappato, Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni. “È da notare come il suo appello sia stato accolto dal silenzio assoluto da parte dei capipartito e dei ‘protagonisti’ del dibattito parlamentare, attualmente impantanato al Senato. Eppure, l’utilità di una legge sarebbe proprio quella di stabilire tempi certi per dare risposte ai malati. Purtroppo il testo approvato alla Camera non fornisce alcuna garanzia nemmeno da questo punto di vista, e sarebbe dunque da discutere urgentemente e da integrare.” 

La storia di Fabio

Cinque giorni prima del suo 28esimo compleanno, il 29 febbraio 2004, Fabio si sente male all’improvviso, mentre è in casa con i suoi genitori.  Dopo il ricovero in ospedale, gli viene diagnosticata la ‘tetraparesi da rottura dell’arteria basilare’, una patologia irreversibile che da allora lo costringe a restare immobilizzato a letto, senza poter muovere nessuna parte del corpo se non gli occhi, con cui Fabio comunica grazie ad un puntatore oculare. Già dopo due anni avrebbe voluto porre fine alle sue sofferenze.

La prima reazione è stata di sollievo, poi si è arrabbiato” ha raccontato il fratello e amministratore di sostegno Andrea, che abita a “100-150 metri” da lui, come riportato dall’Ansa. “Si è sentito sollevato perché il video appello lanciato ieri evidentemente ha smosso qualcosa, tanto che l’Asur gli ha fatto recapitare il parere. Poi si è arrabbiato, non solo per il ritardo ma anche perché il parere è incompleto“. Della quotidianità con una persona che può usare solo gli occhi, Andrea spiega: “Per me tutto è stato alleggerito dal fatto che Fabio è cosciente e perfettamente in grado di intendere e di volere, e quindi di discutere, arrabbiarsi, litigare, fare pace. Ci sono state le partite viste insieme in Tv, i film e le serie televisive…” Ma questa sua lucidità, aggiunge, “non ha compensato Fabio di quello che aveva perso“.

Per cui “a prescindere da quello che provo io o i miei genitori, ci rendiamo conto che Fabio deve scegliere quello che ritiene sia meglio per lui.