Con un voto che era sostanzialmente solo una formalità, venerdì l’Assemblea nazionale del popolo della Repubblica Popolare Cinese tenutasi a Pechino ha riconfermato per un terzo mandato alla guida del paese il presidente Xi Jinping.

Una scelta attesa ma che comunque si porta dietro novità e significati politici importanti: l’ovvia scelta di riconfermare Xi Jinping mette fine alla tradizione dei due mandati consecutivi, con lo stesso presidente 69enne che aveva fatto cambiare la Costituzione cinese in questo senso proprio per garantirsi la rielezione, che nel Paese è prossimo al “culto della personalità” e detiene il potere maggiore dai tempi di Mao Zedong.

A favore del terzo mandato hanno votato 2952 delegati, nessuno ha votato contro: anche perché ai partecipanti dell’Assemblea nazionale non era stata consegnata neanche una lista di potenziali candidati, Xi Jinping è stato eletto senza una vera “opposizione”.

Il rieletto presidente avrà attorno a sé una cerchia ristretta di fedelissimi. L’Assemblea su indicazioni di Xi Jinping ha indicato come suo presidente Zhao Leji, mentre nel Comitato permanente del Politburo sono stati indicati altri funzionari fedelissimi al presidente uscente.

Al contrario chi si nel corso degli ultimi anni ha espresso posizioni divergenti da quelle del nuovo “imperatore” cinese è stato messo alla porta. È il caso di Li Keqiang, ex premier sostanzialmente mandato in pensione con i suoi 68 anni, età in cui convenzionalmente i politici cinesi si ritirano: al suo posto nel ruolo di premier è stato indicato Li Qiang, ex segretario del Partito Comunista Cinese di Shanghai e soprattutto protagonista della fallimentare gestione del Covid (tanto da far esplodere inedite proteste di piazza), ma che viene nominato sostanzialmente per la sua fedeltà al presidente.

La riconferma di Xi Jinping per altri cinque anni, probabilmente non gli ultimi visti i propositi di “potere a vita” del presidente cinese, arriva mentre i rapporti tra il gigante asiatico e il ‘grande rivale’ americano appaiono sempre più tesi.

Soltanto nei giorni scorsi Xi aveva accusato l’Occidente e gli Stati Uniti di voler impedire lo sviluppo economico della Cina con una campagna di “contenimento” ai suoi danni, con dichiarazioni esplicite nei confronti di uno Stato estero inusuali rispetto alla solita ‘diplomazia’ di Pechino. Dello stesso tenore erano state anche le dichiarazioni del ministro degli Esteri cinese, Qin Gang, che aveva accusato Washington di volere uno scontro diretto con la Cina.

Sullo sfondo, ovviamente, ci sono sempre la questione dell’indipendenza di Taiwan e il sostegno cinese alla Russia. E proprio da Mosca il presidente russo Vladimir Putin è stato uno dei primi leader, con il nordcoreano Kim Jong-un, a inviare un messaggio di congratulazioni a Xi per il suo terzo mandato. Putin ha detto al presidente cinese che non vede l’ora di sviluppare ulteriormente la “relazione globale e l’alleanza strategica tra i nostri due Stati“.

Redazione

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