L’unico elemento ansiosamente rassicurante è il fatto che i giocatori della partita che deciderà fra pace e guerra non sono degli sprovveduti, ma esperti biscazzieri della Storia. Ieri la palla era nelle mani del presidente cinese Xi Jinping che ha spedito a Mosca una delegazione di altissimi funzionari per stare al tavolo di chi decide e non di chi subisce le scelte altrui.

E questo è il solo ma forte legame che permette a russi e cinesi di fare squadra: sono entrambi imperi più che Stati-nazione che tengono insieme una quantità di etnie ed equilibri complicatissimi che richiedono un governo autocratico se non tirannico, entrambi decisi a chiudere la fase della storia in cui hanno comandato le nazioni di lingua inglese con dominio sugli oceani: l’Inghilterra e poi gli Stati Uniti. Ma oltre questo elemento vincolante di desiderare un muovo ordine mondiale non egemonizzato dagli Stati Uniti e dai popoli di lingua inglese, non si vede molto di più. Tra le tante voci che sono circolate in questi giorni c’è anche quella di un decisivo aiuto militare cinese ai russi, intendendo armi non nucleari e munizioni. E ieri abbiamo visto confermata la prima spaccatura fra Russia e Cina che anche in queste ore di intensi colloqui restano distanti.

Ieri, da Pechino Xi Jinping ha ribadito i punti fondamentali della politica estera cinese decisamente contraria a qualsiasi uso tattico o strategico degli ordigni atomici. Ma nel fatto che Putin abbia deciso di sospendere la propria adesione al trattato di reciproco controllo con gli americani sugli arsenali, i cinesi hanno intravisto una opportunità: ampliare il loro magazzino nucleare senza dover renderne conto nessuno. Così si è aperto uno spiraglio d’intesa che non va oltre gli interessi immediati della Cina. Il secondo caposaldo che Xi Jinping ha voluto ribadire in modo assertivo è che tutte le controversie internazionali che implicano siano stati sovrani che etnie e popoli vaganti nella grande Asia fino all’Europa, si debbano risolvere in maniera soltanto al tavolo delle trattative sotto gli occhi della comunità internazionale che deve poi legalizzare gli accordi.

Ciò significa che ancora una volta, Xi Jinping pur col massimo tatto ha ripetuto che considera l’invasione dell’Ucraina non solo un grave errore ma un pericoloso esempio. I cinesi hanno una vera passione per i trattati, non per diletto intellettuale ma perché non intendono cedere un punto nemmeno formale sulla legalità del possesso dell’isola di Taiwan benché abbia fatto parte della Cina continentale da un secolo. Pechino non ha mai trascurato di ribadire il diritto di riprendersi ciò che è già suo. Purtroppo, invece Vladimir Putin con la sua malaccolta “operazione militare speciale” è andato a predare uno Stato sovrano come si faceva abitualmente fio ai tempi della Seconda guerra mondiale, mettendosi nella posizione – vista dalla Cina – degli americani che dominano sulla loro Taiwan senza averne diritto e dunque giustificando un eventuale stato di guerra in futuro per riavere l’isola. Seguendo il proprio istinto di giocatore che viene dalla scuola del Kgb, Vladimir Putin mantiene sempre una finestra aperta sull’opzione nucleare, l’unica capace di mettere in totale agitazione il mondo occidentale.

La risposta americana l’abbiamo vista con il viaggio ad alta tensione propagandistica di Joe Biden visitando i paesi del fianco orientale della Nato. Poiché si tratta di paesi violentemente antirussi per aver subito decenni di occupazione militare sovietica, questa tappa del presidente americano è stata presa dal presidente Putin, per quel che è: una provocazione. Biden sta giocando una partita con molta baldanza di parole ribadendo però di non avere alcun desiderio di far crollare l’impero russo e di voler eliminare Putin. Ieri le agenzie riferivano che il presidente americano si è sentito rimproverare di far parte di quel mondo che ha abboccato all’amo ideologico dello scontro. Ed è quello che ha detto anche Zelensky sostenendo che il problema della Russia non è l’entità statale anche molto grande come, ad esempio, quello dell’Australia o degli Stati Uniti, ma in una sequenza di popoli lingue e autonomie non concedibili da Mosca, sia che comandi lo Zar o il segretario generale del Pcus o il presidente della Federazione russa.

Ma sempre con il pugno di ferro e la minaccia di interventi polizieschi. Quando Putin accusa l’Occidente di tramare affinché la Russia come entità politica scompaia, è certamente sicuro che la Russia non può permettersi il lusso di trasformarsi in una allegra democrazia. Ecco spiegato anche perché quando Putin dice trionfante che finalmente vede sparire la mortale tossina della liberaldemocrazia inoculata dall’Occidente, dice una cosa che ha perfettamente senso per chi vuole tenere il potere a Mosca: dunque l’occidentalizzazione dei costumi, delle abitudini americane ed europee si è dimostrata negli anni un fattore disgregante il cui esito finale non può essere che lo scoperchiamento dell’ultimo impero, cosa che gli americani non desiderano affatto.

La diplomazia americana ha una lunga memoria e molta più cultura di quanto in Europa immaginiamo. E ricorda quanto catastrofico fosse stato il progetto del loro presidente Wilson di pretendere di governare alla fine della Grande guerra, centinaia di popoli, nazioni, etnie lingue religioni ciascuno voleva il suo esercito la sua bandiera la sua indipendenza e anche la sua voglia di predare chiunque avessero portata di mano. In questa visione strategica c’è una differenza fra l’Europa francese perennemente dedita allo sganciamento della Russia bianca dalla Russia asiatica per estromettere gli americani come potenza leader, e le potenze anglosassoni unite nei leggendari Five Eyes: Stati Uniti Regno Unito Australia Canada e Nuova Zelanda.

Questi paesi sono tutti delle potenze commerciali che reclamano mari aperti compreso il mare cinese del Sud e vie di comunicazione senza dover pagare dazi a nessuno. una rovina dell’impero russo costituirebbe proprio un fattore di sfascio molto maggiore quello seguito alla fine dell’unione sovietica nel 1991. Gli ucraini rimproverano apertamente gli americani di non sapere nulla di tutto ciò che un tempo si chiamava solo Unione Sovietica e le cui repubbliche avevano nomi senza precisa collocazione. più di trent’anni e quindi il passaggio di due generazioni hanno creato un problema esistenziale alla russa e comunque la si voglia vedere l’aggressione russa all’Ucraina e stato e resta il classico perenne tentativo di riportare al centro la provincia dell’impero appunto per questo la politica di Biden è anche quella di Londra che sembrano molto guerrafondaia in realtà perseguono un obiettivo doppio: mantenere lo status quo degli imperi ignoti e sperduti, impedendo allo stesso tempo la violazione del principio base per la coesistenza commerciale ed economica delle potenze che producono ricchezza: la violazione della sovranità degli Stati attraverso il solo uso della forza.

Gli americani hanno spesso fatto le loro operazioni militari speciali come a Panama e in altri i luoghi del sottopancia centro americano portando a casa il loro obiettivo in maniera rapida e spudorata. L’atteggiamento di Biden è proprio quello di dire con una malcelata comprensione a Vladimir Putin: quello che volevi fare avrebbe avuto senso soltanto se tu fossi stato in grado di portarlo a termine in tempi e danni ragione. Ma poiché hai sbagliato tutto e noi non possiamo permetterti di vincere una vera guerra di invasione, senza volere la tua morte senza neppure desiderare di scoperchiare il tuo impero, ti preghiamo di credere che prima chiudi questa brutta avventura e meglio sarà per tutti senza gravi sconvolgimenti.

Ma questa non è affatto la stessa opinione che hanno i paesi che temono la Russia per averla già subita e che vogliono a tutti i costi una polizza d’assicurazione storica e solida con la sconfitta militare di Mosca e un nuovo stato per i russofoni che ne spenga per sempre l’istinto imperiale e imperialista che è indipendente da ogni ideologia e proprio per questo è quasi impossibile estirpare. Di tutto questo stanno parlando certamente diplomatici e capi di Stato perché l’Occidente dovrà scegliere sul quale obiettivo puntare e Vladimir Putin lo sa perfettamente e cerca di ottenere un risultato passabile che lo mantenga con la corona in testa e i confini dell’impero intatti.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.