Isolata forse no. Ma come osservata speciale e con una pesante messa in mora addosso, quello sì. Uno status che disturba e non poco la nostra premier anche perché è chiaro che nella crisi diplomatica con la Francia sul dossier migranti le cose sono scappate di mano. E tra l’ingenuità e la scelta politica, è difficile dire che cosa sia peggiore. Senza dubbio Giorgia Meloni aveva immaginato in maniera diversa il suo debutto internazionale al G20 di Bali. La prova di forza del neonato governo italiano sui migranti e contro le navi delle ong è andata ben oltre il previsto, cioè porre la questione della titolarità del primo soccorso in mare. Parigi e alcune cancellerie europee sono arrivate a chiedere l’isolamento diplomatico dell’Italia. E c’è voluta la pazienza e la statura del presidente della Repubblica Sergio Mattarella per fermare l’emorragia di fiducia e credibilità del governo italiano.

La telefonata ieri mattina tra il Quirinale e l’Eliseo in cui Mattarella si è fatto garante della necessità delle buone relazioni tra Roma e Parigi è stata comunicata direttamente dal sito dell’Eliseo e poi dalla comunicazione del Colle. Non c’è dubbio che il problema esista. Così come non c’è dubbio che non possa essere solo l’Italia a farsi carico del flusso di migranti in arrivo via mare. Mattarella e Macron hanno condiviso questo punto. Tutto il resto è stato un errore. Perché certe cose si fanno – l’ok francese allo sbarco della Ocean Vicking – ma non si dicono. E non si sbandierano, come hanno fatto invece prima Salvini e poi Meloni, come scalpi di una battaglia già vinta. Era importante comunque arrivare al G20 di Bali quando i rapporti tra Roma e Parigi sono stati ripresi (la telefonata è avvenuta quando la delegazione italiana era in viaggio). E con la dichiarata volontà di aggiustare eventuali errori. Accanto all’agenda ufficiale del G20, tutta concentrata a tamponare l’impatto della guerra in Ucraina sugli approvvigionamenti energetici e la crisi alimentare che ha innescato, la premier ha una fitta agenda di incontri e bilaterali.

Camicia bianca e pantalone nero, sorridente, Meloni è atterrata nell’isola indonesiana ieri all’ora di cena. Nella delegazione ci sono il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, il fedelissimo Giovanbattista Fazzolari, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con la delega ala realizzazione del programma, il capo della diplomazia di palazzo Chigi, l’ambasciatore Talò. Esordio internazionale anche per la piccola Ginevra, bravissima – raccontano – nel restare sempre un passo dietro la mamma. Un’agenda ricca di incontri bilaterali, si diceva. Stamani (ore 10.15 ora italiana) ci sarà il faccia a faccia con Joe Biden, reduce ieri dallo storico faccia a faccia con il presidente cinese Xi Jinping. Meloni oggi incontra anche il presidente cinese, con cui – va detto – non ha mai avuto parole gentili e collaborative. E poi il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, il primo ministro canadese, Justin Trudeau, quello giapponese, Fumio Kishida, l’indiano, Narendra Modi, il presidente della Repubblica di Indonesia, Joko Widodo.

Lo staff del premier elenca gli incontri a dimostrazione del fatto che “c’è grande attenzione per l’Italia” e che l’isolamento “è solo una narrazione della sinistra”. Ci mancherebbe altro che i paesi del G20 non avessero attenzione e curiosità per la prima leader donna alla guida di un paese del G7. Non è previsto, al momento nessun incontro con i leader europei, né con Olaf Scholz, né con Pedro Sanchez né con Emmanuel Macron. Le diplomazie sono però al lavoro per far incontrare Macron e Meloni in un faccia a faccia chiarificatore. L’incontro clou è quello con Biden. Ed è chiaro che oltre al tema del clima, tutto ruoterà intorno alla guerra in Ucraina. E ai problemi energetici e alimentari e quindi economici che il conflitto si è portato dietro. Fondamentale per l’esito del G20 è il bilaterale che c’è stato ieri tra il presidente Usa Joe Biden e il presidente cinese Xi Jinping. Oltre tre ore di negoziati, nessun comunicato congiunto e dichiarazioni separate, eppure convergenti su molti punti, a cominciare dal rifiuto comune di una nuova guerra fredda – quindi no a un’escalation nucleare – e al lavoro comune per costruire la pace. Biden si è presentato a Bali forte dei risultati delle elezioni di metà mandato. «L’America è tornata: l’avevo promesso e mantengo gli impegni», ha detto il presidente americano al termine dei colloqui. Xi è reduce dalla conferma del suo terzo mandato da parte del congresso del Partito comunista cinese.

Gli osservatori ritengono che il vertice sia andato meglio del previsto. I due leader mostrano di aver voglia di lavorare per “rimettere in carreggiata” (parole usate dallo staff cinese) il rapporto tra le due superpotenze che si era incrinato per le scelte di Trump. I migliori indizi del bilaterale Usa-Cina riguardano il dossier più spinoso: la guerra in Ucraina. «La Cina – ha detto Xi – è estremamente preoccupata per l’attuale situazione, dimostra che i conflitti non producono vincitori, che non vi sono soluzioni semplici a questioni complesse e che il confronto tra i principali Paesi deve essere evitato». La Casa Bianca ha riferito che i due leader hanno concordato che in Ucraina “non si devono usare le armi nucleari”.

Nel comunicato finale del G20, cui stanno già lavorando gli sherpa, l’uso dell’atomica è definito come “inaccettabile”. Significativo anche che nella bozza del comunicato finale venga usata la parola “guerra” che è vietata in Russia. Per il Cremlino a Bali è presente il ministro degli Esteri Lavrov. Putin forse si collegherà dal Cremlino. Sempre nella bozza finale del documento del G20 si “deplorano” gli effetti negativi sull’energia, sui prodotti alimentari e sull’inflazione. È stato il primo bilaterale da quando Biden è presidente. Negli ultimi due anni tra Covid, guerra e inflazione, è cambiato il mondo. Il fatto che Biden e Xi abbiano promesso di “parlarsi chiaro” e formare “team di contatto” per lavorare alla soluzione dei problemi, è alla fine la notizia più importante. “Non ci sarà una nuova guerra fredda” hanno assicurato i due presidenti. «I successi di Cina e Stati Uniti – ha affermato l’imperatore rosso – sono opportunità, non sfide, l’uno per l’altro: il mondo è abbastanza grande perché i due Paesi possano svilupparsi e prosperare insieme». Mosca è sempre più isolata. E questo è anche il vero primo passo per la pace in Ucraina.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.