Zelensky: "Più lenti del previsto"
A che punto è la controffensiva Ucraina, le critiche degli Stati Uniti e la replica: “Non è stagione di una serie Netflix”
Cnn: “La tattica difensiva russa, con attacchi missilistici, campi minati e forze aeree, starebbe rallentando le operazioni”

Mentre la controffensiva delle forze ucraine è iniziata su diversi fronti, in Occidente qualcuno inizia a dubitare degli effetti di questa campagna militare. Anonimi funzionari del blocco a supporto di Kiev e un militare statunitense hanno detto alla “Cnn” che la controffensiva, al momento, “non soddisfa le aspettative”.
La Russia sembrerebbe avere allestito delle difese in grado di reggere l’urto dell’avanzata ucraina. E, sempre secondo i funzionari sentiti dall’emittente Usa, la tattica difensiva delle truppe russe, con attacchi missilistici, campi minati e un uso più preciso delle forze aeree, starebbe rallentando sensibilmente le operazioni. Per questi funzionari, si tratta ancora di una fase primordiale, e dunque risulta difficile dare giudizi definitivi. Le stesse fonti dicono che Washington e gli alleati “restano ottimisti”, fiduciosi che, al netto degli ostacoli iniziali, le truppe di Volodymyr Zelensky riusciranno a ottenere il risultato sperato.
Tuttavia, il segnale che arriva dagli Stati Uniti indica che qualche dubbio inizia a insinuarsi in alcuni segmenti degli apparati di Washington e del blocco Nato. Ed è un tema che è particolarmente sentito da Kiev, consapevole che la buona riuscita di questa campagna estiva può incidere non soltanto sull’eventuale vittoria contro l’esercito invasore, ma anche sul mantenimento di un supporto militare ed economico costante da parte dell’Occidente per tutta la durata della guerra. È per questo che dalla capitale ucraina, nonostante la nebbia di guerra che avvolge tutte le operazioni, i più alti funzionari iniziano a essere molto chiari sulle aspettative di questa controffensiva.
Il presidente Zelensky, intervistato dalla “Bbc”, si è detto certo della vittoria finale ma ha anche ammesso che i progressi sul campo di battaglia sembrano “più lenti del previsto”. Più duro il commento di Mykhailo Podolyak, consigliere del capo dell’Ufficio del presidente, che attraverso il proprio profilo Twitter ha detto che “la guerra reale non è un film di successo di Hollywood. La controffensiva non è una nuova stagione di una serie Netflix” e che “non bisogna aspettarsi azione e comprare popcorn”. Il messaggio sembra essere rivolto proprio a quei funzionari che hanno lasciato trapelare i propri dubbi alla “Cnn”. Podolyak ha poi proseguito sottolineando con toni anche molto critici che “il tempo perso nel convincere i nostri partner a fornire le armi necessarie si vede nelle fortificazioni russe costruite in questo periodo, linee di difesa profonde e sistemi di campi minati”.
Dello stesso avviso il premier Denys Shmyhal, che ha spiegato che la controffensiva ha al suo interno sia operazioni offensive che difensive, e che nel periodo di tempo in cui si è preparata la campagna, anche la Russia ha messo in atto le contromosse per migliorare le difese nei territori occupati. L’impressione è che in questo momento l’Ucraina si ritrovi a giocare due partite diverse ma saldamente connesse. Una sul campo di battaglia, dove, al netto della resistenza russa, Kiev rivendica comunque la riconquista di alcuni villaggi della parte orientale del Paese e sembra puntare alla regione di Zaporizhzhia ma anche all’area di Kherson in direzione della Crimea. L’attacco al ponte di Chongar, che collega la penisola sul Mar Nero al resto dell’Ucraina, può essere letto, secondo gli analisti, come preludio a un’operazione verso il fronte sud.
L’altra battaglia combattuta da Zelensky è invece quella sul campo diplomatico, dove il governo vuole evitare cedimenti nel blocco che sostiene il proprio sforzo bellico. Il summit Nato di Vilnius del 12 e 13 luglio può essere già uno spartiacque. Kiev potrebbe cercare di ottenere risultati tangibili proprio nelle settimane a ridosso del summit, presentandosi così al nuovo Consiglio Nato-Ucraina con le carte in regola che le garantiscano il massimo sostegno da un Occidente che non vacilla sulla condanna all’invasione, ma che sembra anche studiare le alternative a un conflitto a oltranza.
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