Agguato nella notte tra sabato e domenica a Ponticelli, periferia est di Napoli, dove un giovane di 25 anni è stato ferito alla gamba e alla spalla da alcuni colpi d’arma da fuoco esplosi da ignoti mentre si trovava sotto casa della fidanzata.

Un episodio che riaccende nuovamente i riflettori sul quartiere di Napoli est dove da anni è in corso una cruenta faida tra clan rivali che nel mese di luglio ha portato, per ultimo, a un duplice omicidio nel rione Fiat con l’uccisione anche di un operaio, Antimo Imperatore, che con la malavita non aveva nulla a che fare.

Secondo quanto ricostruito dalla polizia, l’agguato è avvenuto in via Scarpetta. Gli agenti della Squadra Mobile e quelli della Scientifica hanno rinvenuto ben otto bossoli, a testimonianza che la missione dei killer era probabilmente quella di uccidere il 25enne, noto agli archivi delle forze dell’ordine solo per un piccolo precedente.

Secondo quanto riferito agli investigatori dal 25enne, il pistolero è entrato in azione mentre la vittima designata si trovava in macchina con la fidanzata. La sua versione è tuttavia al vaglio.

Soccorso e portato al vicino ospedale Villa Betania di Ponticelli, e successivamente trasferito al Cardarelli, il giovane è stato assistito dai medici e non è in pericolo di vita.

L’OMICIDIO CARMINE D’ONOFRIO, FIGLIO DEL BOSS  UCCISO DAVANTI ALLA FIDANZATA INCINTA – Nella notte tra il 5 e il 6 ottobre 2021 a morire, ammazzato davanti agli occhi della compagna, incinta all’ottavo mese, è stato Carmine D’Onofrio, 23enne incensurato ma che da mesi aveva scoperto il fascino della malavita dopo essere entrato in contatto con i zii e nipoti del papà, quel Giuseppe De Luca Bossa (44enne in carcere per estorsione dal oltre un anno) che aveva provato a tenerlo lontano da quell’ambiente. Carmine, considerato dagli investigatori factotum del cugino Emmanuel De Luca Bossa (arrestato pochi giorni fa), avrebbe pagato con la vita l’affronto contro il capo clan rivale, Marco De Micco. Fu il 23enne, così come cristallizzato dalle indagini della polizia, a lanciare una settimana prima (28 settembre) una bomba nel cortile dell’abitazione del boss. Le schegge dell’esplosione ferirono, per fortuna in modo non grave, una donna e suo figlio che non c’entravano nulla. Un gesto che Marco De Micco, poi arrestato, decise di vendicare subito. Fece sequestrare e picchiare Giovanni Mignano, l’affiliato al clan De Luca Bossa-Minichini-Casella, affinché rivelasse il nome dell’autore dell’attentato: E’ stato lui a far esplodere la bomba”.
Così in pochi giorni pianificarono l’omicidio di D’Onofrio avvenuto in via Luigi Crisconio, nei pressi della sua abitazione dopo aver parcheggiato la sua Fiat Panda. Nonostante la presenza della compagna, il 23enne venne ricoperto da una pioggia di piombo: ben sette colpi d’arma da fuoco (calibro 45 mm), tutti andati a segno.

Redazione

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