Cosa l'opposizione non vede
Almasri e il mancato segreto di Stato, rimandato a casa per evitare il ricatto di barconi, bombe e un caso Cecilia Sala moltiplicato per mille
Chi contesta il memorandum Italia-Libia deve dire con che cosa va sostituito Con l’invio di una spedizione militare? È questa la linea dell’opposizione?

Il recente dibattito in Parlamento sul caso Almasri è stato nel suo insieme paradossale, con momenti del tutto grotteschi. Da un lato, da parte del governo, c’è stata una minuziosa ricostruzione dei fatti, fondata specialmente su questioni giuridiche, buona per essere svolta in sede Copasir ma non all’altezza dell’Aula, specie perché fatta da due ministri che sostituivano legittimamente la premier ma che avrebbero dovuto dare alle loro comunicazioni un respiro politico che invece è mancato.
Dall’altro lato è risultata assolutamente inadeguata alla serietà della questione l’atteggiamento dell’opposizione, con la segretaria del Pd – cioè del maggior partito dell’opposizione – che si è esibita in un infantile gioco di parole (Meloni è una presidente del coniglio) e due ex premier, che dovrebbero essere diventati uomini di Stato, che hanno attaccato Nordio definendolo “l’avvocato difensore di un torturatore e di uno stupratore”.
L’errore del mancato segreto di Stato
Certamente il primo errore è stato commesso dal governo non opponendo il segreto di Stato su una questione nella quale l’Italia è stata costretta da una situazione generale esistente dal 2011 a rinviare in Libia un’autentica bomba umana che la Corte Internazionale Penale le aveva inviato ricorrendo allo stratagemma di evitare una grana altrettanto pericolosa alla Germania, avanzando la richiesta d’arresto solo quando Almasri si è spostato in Italia.
L’interrogativo di Berlusconi
L’interrogativo posto giustamente da Berlusconi nel 2011, quand’era però oramai molto debole politicamente, fu il seguente: se si elimina un dittatore che comunque, con il bastone e la carota, controlla un centinaio di capi cabina che a loro volta controllano ogni zona della Libia, mi dovete dire con quale governo democratico o con quale dittatore più affidabile lo volete sostituire. Allo stato non avete né l’uno, né l’altro”. Non ci fu nulla da fare. Berlusconi fu accerchiato da un lato da Obama e da Sarkozy, dall’altro in Italia da alcuni suoi ministri (Frattini, La Russa, il sottosegretario Gianni Letta) e specialmente dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, e fu costretto a partecipare all’intervento militare. Il risultato è davanti a tutti.
Un caso Cecilia Sala moltiplicato
La Libia è spaccata in mille pezzi, con polizie che sono anche bande armate e con due forze militari internazionali costituite dalla Turchia e da ciò che rimane in campo dei contractor russi. A suo tempo l’Italia ha rinunciato ad avere una sua presenza militare che sarebbe l’unico strumento per difendere i suoi interessi fondamentali. Allora, per dirla in modo brutale, qualora noi avessimo confermato l’arresto di Almasri, per di più caratterizzato da una serie di errori procedurali messi in evidenza da Nordio, ci saremmo trovati di fronte alla ripetizione di un caso Cecilia Sala moltiplicato per mille. Ricordiamo, però, che nel consenso generale noi, anche grazie a un volpino accordo fatto dalla Meloni con Trump, abbiamo stracciato una richiesta di estradizione e chiusa e rinviato con un aereo militare inviato in Iran un pericoloso trafficante in armi sofisticate.
I tre rischi dopo arresto Almasri
Nel caso in cui avessimo arrestato Almasri ci saremmo facilmente trovati di fronte a tre rischi: qualche bomba agli impianti petroliferi dell’Eni (che molti vorrebbero scalzare dalla strategica presenza in Libia dove la nostra compagnia petrolifera ha consentito non solo all’Italia ma a mezza Europa di sostituire approvvigionamenti russi dopo l’invasione della Ucraina), il sequestro di qualcuno degli italiani (circa 1500) che lavorano in Paese, l’invio di qualche decina di barconi carichi di migranti spediti in Italia. Per evitare tutto ciò il governo italiano ha giocato d’anticipo ed è stato costretto a rispedire in Libia Almasri non per simpatia con un procuratore ma per evitare guai peggiori e caso mai di essere costretto a farlo sotto il ricatto di barconi, bombe e sequestri.
Questo è lo stato della questione in modo incontestabile. Di conseguenza ci si sarebbe dovuti aspettare il dibattito parlamentare fatto su queste questioni di fondo. Il memorandum Italia-Libia è stato giustamente stipulato nel 2017 dal premier Gentiloni e dal ministro degli Interni Minniti. Chi lo contesta deve dire con che cosa va sostituito: allo stato dell’arte, vista la situazione della Libia, l’unica sostituzione ragionevole del memorandum sarebbe l’invio di una spedizione militare dell’esercito italiano in quel Paese che – armi alla mano – tuteli i nostri interessi avendo la stessa forza militare dei Turchi e dei Russi. La linea sostitutiva al memorandum che la Schlein ha eventualmente intenzione di sostenere è questa? Invece di cavilli e di torte in faccia e dell’esibizione della foto di una bambina torturata, il dibattito parlamentare si sarebbe dovuto concentrare su questo nodo. Non averlo fatto a nostro avviso non ha aumentato il prestigio di una istituzione che secondo noi è decisiva per la democrazia nel nostro Paese.
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