«Questo è il momento di osare». Sono le parole conclusive dell’audizione del ministro Brunetta alle Commissioni riunite Camera e Senato sul piano di rilancio della pubblica amministrazione. Un messaggio che incarna la volontà di questo Governo di dare risposte concrete al desiderio di intrapresa, crescita, sviluppo del paese e dei nostri giovani. Ma, come disse un tempo Guido Carli, serve liberare l’Italia dai “lacci e lacciuoli”. Una espressione quanto mai attuale oggi. Per farlo bisogna percorrere tre sentieri necessari.

Primo, rispondere alla critica della Commissione Europea secondo cui la mancanza di efficacia delle politiche di semplificazione dipende dall’assenza di sistemi di monitoraggio e valutazione degli effetti. Cosa significa? Significa che una politica appiattita sulla emanazione di tante piccole “normette” di basso profilo manca di un metodo generale e condiviso di guida all’azione della pubblica amministrazione. Nell’incertezza, la Pa fa l’unica cosa prudenziale che può fare: frenare.

Secondo, associare agli interventi di semplificazione il principio generale di silenzio-assenso. Sarebbe la declinazione più mirabile della frase del Premier Draghi sul buon funzionamento della società. Il silenzio-assenso si basa sul rapporto di fiducia dello Stato verso l’iniziativa del privato: se un imprenditore vuole fare impresa o un cittadino vuole dare una casa alla sua famiglia, l’iniziativa è di per sé meritevole, salvo eccezione. Cioè, salvo quei limiti per evitare conflitti con l’interesse generale. Con l’interminabile andirivieni delle interpretazioni di dettaglio delle prescrizioni il Pil frena. Con il silenzio assenso vero, l’economia scorrerebbe più veloce.

Terzo, introdurre a tutti i livelli un nuovo concetto di Valutazione di impatto economico (Vie) inglobando tutte le procedure separate, a partire dalla Valutazione di impatto ambientale (Via). Nel nuovo spirito della transizione ecologica che emerge dal Next generation EU, sviluppo economico e ambiente sono – insieme – la nuova cifra valoriale della società che vogliamo consegnare alle generazioni future. Per questo, nella programmazione di nuove assunzioni nella Pa, occorre immettere notevoli risorse che posseggano le tre skills necessarie per valutare l’impatto economico di ogni intervento pubblico: calcolo del valore attuale netto; valutazione del tasso interno di rendimento di un intervento pubblico; analisi costi-benefici delle esternalità aggiuntive rispetto ai parametri di mercato.

Per fare un esempio, basti pensare alla misura del Pnrr dedicata a trasporti e mobilità. Tale misura prevede 28,3 miliardi euro: 3,2 dedicati alle strade e 25,1 dedicati alle ferrovie. In un futuro decarbonizzato e di fonti rinnovabili, il mantra dello spostamento dal trasporto su gomma a quello su ferro ha costi e benefici diversi dal passato: una auto elettrica vuole strade sicure e senza incidenti. La Valutazione di impatto economico dovrebbe rispondere a questi quesiti: quale è l’analisi dei costi e benefici della rete stradale che è “servita da numerose opere d’arte, quali ponti, viadotti e gallerie, realizzate in massima parte a cavallo degli anni ’50 e ’60 dello scorso secolo, e principalmente in calcestruzzo, soggetto a fenomeni di deterioramento che si stanno via via acuendo”? Quanti incidenti possono essere evitati? Quale è l’impatto sullo sviluppo del turismo? Ecco solo un esempio della nuova Vie applicata al Pnrr: una valutazione che dovrebbe essere eseguita da personale qualificato della Pa per rispondere alle aspettative del Paese. Buona amministrazione, Italia!