«Chi me l’ha fatto fare?», hanno sentito sospirare Vittorio Colao, ieri, dopo una riunione lunga sei ore con i suoi compagni di task force. Catapultato al centro della scena in sostituzione di politici fuggiaschi, il top manager internazionale ora demiurgo della mitologica Fase 2 italiana, si trova costretto a praticare un nuovo gioco. A cominciare dalla formazione della sua stessa squadra: lui avrebbe preferito un team più snello e partecipare alle selezioni di ingresso, ma il premier Conte ha preferito allargare (e annacquare), a personalità vicine a M5s e Pd.

Colao è un decisionista ma adesso rischia di essere logorato dallo scontro interno al nuovo bipolarismo pandemico, quelli del “tutti a casa” contro quelli del “riaprire tutto”. L’agguerrita Confindustria a trazione settentrionale vuole tornare a fatturare. Il suo neopresidente Carlo Bonomi sembra attaccare l’ex ad: “La politica non sa guidare l’Italia, aprire un comitato a settimana senza chiare attribuzioni non ha senso”. Poco tenera anche Mariastella Gelmini, capogruppo di FI alla Camera: «Non serve un’ennesima task force».

Matteo Salvini, all’ennesima giravolta, chiede di riaprire subito tutti i cantieri. Ma il problema principale di Colao sono le Regioni, legittimate dalla Costituzione a farsi ciascuna la sua commissione e la propria politica per la ripartenza. Così il governatore Luca Zaia annuncia che in Veneto “il Lockdown non esiste più” e che si riapre prima del resto del Paese. Anche il collega Attilio Fontana si agita perché la Lombardia, sebbene sotto Coronavirus, riapra presto. E il presidente campano Vincenzo De Luca fa sapere che se la Lombardia riapre prima, la Campania invece chiude e non permetterà ai lombardi di avvicinarsi.

Non stupisce pertanto lo scarso entusiasmo di Colao. Che non riscuote unanimi consensi neppure tra gli altri esperti, pronti alla faida. L’ex ad “fa solo chiacchere”, sibila al Riformista un collaboratore del commissario straordinario all’emergenza Domenico Arcuri. “Ma veramente pensano di poterci imporre un nuovo welfare e stile di vita?”, domanda polemico. Il top manager non può risponderci perché ha sottoscritto una clausola di riservatezza con il governo. Ma la super commissione dei 17 saggi non ha ancora prodotto un documento unitario.