"Non siate spettatori ma protagonisti: infilatevi dentro, sporcatevi le mani, mordetela la vita"
“Azzannate la vita, non adattatevi, difendete i più deboli”, il discorso agli studenti di Pietro Carmina, il professore morto nella strage di Ravanusa
Pietro Carmina aveva 68 anni. Era stato professore di storia e filosofia al liceo Foscolo a Canicattì, provincia di Agrigento. È morto nell’esplosione e nel crollo di Ravanusa di sabato scorso. Sette i morti al momento accertati del fatale incidente causato probabilmente da una perdita nelle condotte che avrebbe creato una sacca di gas innescata accidentalmente forse da un frigorifero o da una sigaretta. Ancora da accertare le cause della strage di via Trilussa. Due i dispersi.
Si scava tra le macerie da 36 ore almeno. Altri quattro corpi sono stati recuperati tra ieri notte e stamattina. Carmina era un insegnante molto amato dai suoi studenti. Era stato anche preside prima di andare in pensione. Era figlio di un direttore in un grande albergo di Milano e aveva scritto un libro, I totomè del barone, premiato con una targa a Sambuca di Sicilia. Un libro che ruotava intorno al pauroso incendio della chiesa madre di Ravanusa negli anni ’30.
Carmina era scampato al covid-19. Il suo corpo è stato portato all’obitorio. Ancora dispersa la moglie Carmela Sciabetta, di 60 anni. È diventato virale sui social network nelle ultime ore il discorso di Carmina in occasione del suo pensionamento. La collega Valentina Chinnici lo ricorda come un collega di immensa umanità, cultura e professionalità. Cordoglio e ricordi accorati anche da numerosi studenti sui social network.
“Ai miei ragazzi, di ieri e di oggi.
Ho appena chiuso il registro di classe. Per l’ultima volta. In attesa che la campanella liberatoria li faccia sciamare verso le vacanze, mi ritrovo a guardare i ragazzi che ho davanti. E, come in un fantasioso caleidoscopio, dietro i loro volti ne scorgo altri, tantissimi, centinaia, tutti quelli che ho incrociato in questi ultimi miei 43 anni. Di parecchi rammento tutto, anche i sorrisi, le battute, i gesti di disappunto, il modo di giustificarsi, di confidarsi, di comunicare gioie e dolori, di altri, molti in verità, solo il viso o il nome. Con alcuni persistono, vivi, rapporti amichevoli, ma il trascorrere del tempo e la lontananza hanno affievolito o interrotto, ahimè, quelli con tantissimi altri. Sono arrivato al capolinea ed il magone più lancinante sta non tanto nell’essere iscritto di diritto al club degli anziani, quanto nel separarmi da questi ragazzi.
A tutti credo aver dato tutto quello che ho potuto, ma credo anche di avere ricevuto di più, molto di più. Vorrei salutarvi tutti, quelli che incontro per strada, quelli che mi siete amici sui social, e, tramite voi, anche tutti gli altri, tutti, ed abbracciarvi ovunque voi siate. Vorrei che sapeste che una delle mie felicità consiste nel sentirmi ricordato; una delle mie gioie è sapervi affermati nella vita; una delle mie soddisfazioni la coscienza e la consapevolezza di avere tentato di insegnarvi che la vita non è un gratta e vinci: la vita si abbranca, si azzanna, si conquista. Ho imparato qualcosa da ciascuno di voi, e da tutti la gioia di vivere, la vitalità, il dinamismo, l’entusiasmo, la voglia di lottare.
Gli anni del liceo, per quanto belli, non sempre sono felici né facili, specialmente quando avete dovuto fare i conti con un prof. che certe mattine raggiungeva livelli eccelsi di scontrosità e di asprezza, insomma …. rompeva alla grande. Ma lo faceva di proposito, nel tentativo di spianarvi la strada, evidenziandone ostacoli e difficoltà. Vi chiedo scusa se qualche volta non ho prestato il giusto ascolto, se non sono riuscito a stabilire la giusta empatia, se ho giudicato solo le apparenze, se ho deluso le aspettative, se ho dato più valore ai risultati e trascurato il percorso ed i progressi, se, in una parola, non sono stato all’altezza delle vostre aspettative e non sono riuscito a farvi percepire che per me siete stati e siete importanti, perché avete costituito la mia seconda famiglia.
Un’ultima raccomandazione, mentre il mio pullman si sta fermando: usate le parole che vi ho insegnato per difendervi e per difendere chi quelle parole non le ha; non siate spettatori ma protagonisti della storia che vivete oggi: infilatevi dentro, sporcatevi le mani, mordetela la vita, non “adattatevi”, impegnatevi, non rinunciate mai a perseguire le vostre mete, anche le più ambiziose, caricatevi sulle spalle chi non ce la fa: voi non siete il futuro, siete il presente. Vi prego: non siate mai indifferenti, non abbiate paura di rischiare per non sbagliare, non state tutto il santo giorno incollati a cazzeggiare con l’iphone. Leggete, invece, viaggiate, siate curiosi (rammentate il coniglio del mondo di sofia?).
Io ho fatto, o meglio, ho cercato di fare la mia parte, ora tocca a voi. Le nostre strade si dividono, ma ricordate che avete fatto parte del mio vissuto, della mia storia e, quindi, della mia vita. Per questo, anche ora che siete grandi, per un consiglio, per una delusione, o semplicemente per una risata, un ricordo o un saluto, io ci sono e ci sarò. Sapete dove trovarmi. Ecco. Il pullman è arrivato. Io mi fermo qui.
A voi, buon viaggio”
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