Lo choc dei 19 processi, conclusi con altrettante assoluzioni, è ampiamente superato. Tanto che, dopo anni di lontananza da Palazzo San Giacomo, Antonio Bassolino è pronto a sfidare tutti pur di tornare alla guida di Napoli. E per “tutti” non s’intendono solo il bilancio comunale disastrato che Luigi de Magistris si appresta a lasciargli in eredità o la crisi economica che nel capoluogo campano fa crescere la disperazione e le disuguaglianze giorno dopo giorno. Si intendono anche (e, forse, soprattutto) l’astensionismo record, le resistenze di quel Partito democratico di cui don Antonio è stato fondatore e dal quale è stato ben presto messo all’angolo, le difficoltà di un ruolo istituzionale che sempre più spesso finisce nel mirino della magistratura. Sotto quest’ultimo aspetto basta pensare a Chiara Appendino, sindaca di Torino recentemente condannata a un anno e sei mesi per i fatti di piazza San Carlo, o a Marta Vincenzi, ex prima cittadina di Genova che ha patteggiato la pena di tre anni per l’alluvione del 2011.

«Nessuno più di me è consapevole di quanto siano duri la battaglia elettorale e il governo di una grande città – spiega Bassolino all’indomani dell’annuncio della sua candidatura alle prossime comunali di Napoli – Alcuni amici e familiari mi hanno chiesto: “Chi te lo fa fare? I processi non ti sono bastati?”. Alla fine il dovere civico e morale di mettermi a disposizione della città ha avuto la meglio». Eccola la prima sfida dell’ex sindaco partenopeo, governatore campano e ministro del Lavoro: quella a un calvario giudiziario e a un’emarginazione politica che spaventerebbero chiunque dovesse soltanto pensare di candidarsi alla guida di un Comune. A quanto pare, però, non è il caso di Bassolino: «Ricordo bene ciò che ho vissuto e posso dire di essermi sempre assunto le mie responsabilità, ma ci sono molti amministratori eletti e altrettanti funzionari che quelle stesse responsabilità tendono a non prenderle perché terrorizzati dalle conseguenze di un qualsiasi provvedimento. Va ridiscusso con serietà il rapporto tra giustizia e pubblica amministrazione, soprattutto per quanto riguarda gli enti locali e territoriali».

I 19 processi sono stati il pretesto con cui il Pd ha prima tentato di “rottamare” Bassolino e poi di affossarne candidatura a sindaco sottolineando la necessità di non rompere il fronte progressista costruito col Movimento Cinque Stelle e di arginare le destre a Napoli come nel resto d’Italia. Alla fine, però, don Antonio ha deciso di tirare dritto per la sua strada. Al momento il dialogo tra lui e i vertici del Pd, a cominciare dal segretario napoletano Marco Sarracino e dal governatore campano Vincenzo De Luca, sembra inesistente. Ma non è un problema: «La mia candidatura ha un valore politico e civico nello stesso tempo – prosegue Bassolino – Io, politico di lungo corso, punto a mobilitare le forze migliori nel superiore interesse di una città che versa in condizioni drammatiche. D’altra parte, è solo perseguendo il bene della comunità che si può realizzare il proprio legittimo interesse di parte perché è la buona amministrazione che genera il consenso». Ed è questa la chiave che Bassolino intende usare per vincere un’altra sfida, cioè quella all’astensionismo. De Magistris, infatti, è stato eletto dalla maggioranza di quel 37% di napoletani che sono andati alle urne.

«Un primo cittadino con questi numeri è debole, chiunque esso sia – osserva Bassolino – Invece Napoli ha bisogno di istituzioni più forti, cioè sostenute dal consenso popolare, soprattutto in una fase delicata come quella che viviamo. Ampliare la partecipazione democratica è un obiettivo al quale intendo contribuire e spero che lo sia anche per gli altri candidati». Al netto delle questioni politiche, Bassolino si trova di fronte una città ben diversa da quella che ha amministrato dal 1993 al 2000. Il disavanzo comunale è lievitato fino a due miliardi e 700 milioni di euro, il debito complessivo si aggira intorno ai quattro miliardi e i servizi a cittadini e imprese sono pressoché azzerati: un declino reso fisicamente evidente dalle pessime condizioni di strade ed edifici pubblici.

La soluzione può essere una legge speciale per le grandi città? «Un supporto finanziario a tutti i Comuni in difficoltà è necessario – ammette Bassolino – ma ancora di più lo sono il dialogo con la Regione e il Governo nazionale, il miglioramento delle performance di riscossione da parte dell’ente e un riassetto che attribuisca più poteri alle Municipalità e un ruolo da protagonista alla Città metropolitana. Napoli ha risorse civili incredibili: perciò dico che esiste una strada per mettersi alle spalle un dissesto mai dichiarato ma conclamato dai numeri e reso ancora più grave da una macchina amministrativa ridotta all’osso, oltre che per avviare un piano di riqualificazione e manutenzione del patrimonio edilizio pubblico e privato».

A complicare il quadro ci pensa la crisi sanitaria ed economica scatenata dal Covid alla quale Bassolino intende rispondere con l’arma della collaborazione non solo tra i vari livelli istituzionali, ma anche tra le varie aree del Paese: «La pandemia è uno spartiacque che non ci consente di ragionare come un tempo. Ciò significa essere consapevoli del fatto che il Sud non può fare a meno del Nord e viceversa e che nessun sindaco, governatore o presidente del Consiglio può salvare la propria comunità da solo. La collaborazione è la strada maestra per superare la crisi spendendo bene e rapidamente i miliardi del Recovery Fund. E questo è un messaggio che vale per tutti, a cominciare dal sottoscritto».

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.