«I tempi della giustizia sono lunghi e ingiusti. È un problema che doveva essere affrontato da tempo e ancora non viene affrontato prioritariamente. Ed essendo lunghi e ingiusti, i tempi della giustizia rappresentano un danno per gli innocenti e un vantaggio per i colpevoli». Il giorno dopo la sentenza che certifica la piena assoluzione, Antonio Bassolino accetta di fare, con il Riformista, una riflessione alla luce della sua esperienza personale.

L’altro giorno i giudici della Corte di Appello del tribunale di Napoli lo hanno assolto nel merito da un’accusa di peculato che risale agli anni in cui era commissario governativo per l’emergenza rifiuti in Campania e dalla quale l’ex governatore era stato già assolto in primo grado, con sentenza del 21 giugno 2016, per sopraggiunta prescrizione. Quella dell’assoluzione piena, nel merito, è stata una battaglia giudiziaria portata avanti nella certezza della propria estraneità ai fatti. L’avvocato Giuseppe Fusco, che assieme all’avvocato Massimo Krogh e all’avvocato Matteo De Luca ha rappresentato la difesa di Bassolino, lo aveva annunciato subito dopo la sentenza di primo grado: «Impugneremo la prescrizione».

Per avere la definitiva risposta della giustizia, però, ci sono voluti anni. Tanti. «Tempi lunghi e ingiusti», sottolinea Bassolino, che di recente è tornato alla ribalta politica in vista delle prossime amministrative. Con le lunghe attese della giustizia, ha dovuto fare i conti più volte. Perché più volte, da amministratore pubblico, è finito nel tritacarne giudiziario e mediatico, ha subìto indagini penali e processi da cui, alla fine, è uscito sempre assolto. «È la diciannovesima sentenza di piena assoluzione», ha scritto Bassolino su Facebook commentando la sentenza della Corte di appello dell’altro giorno, quella che ha chiuso l’ultima vicenda giudiziaria ancora da definire tra le tante che, nel corso degli ultimi dieci anni, hanno visto la magistratura puntare la lente sulle sue decisioni e sulla sua lunga esperienza di amministratore pubblico. Un record, verrebbe da dire. Diciannove sentenze di assoluzione corrispondono ad altrettanti processi nei quali la Procura ha provato a sostenere le sue accuse contro l’ex governatore della Campania ed ex commissario per l’emergenza rifiuti.

E proprio la gestione dei rifiuti è stato il tema su cui i pm napoletani hanno concentrato le loro indagini, insistendo sulla pista di presunte irregolarità che i giudici, nei diversi gradi del giudizio, hanno puntualmente, di volta in volta, smontato. È accaduto anche in quest’ultimo processo. La Procura contestava a Bassolino il peculato, per il semplice fatto che c’era la sua firma sul decreto con cui si liquidavano all’avvocato Enrico Soprano parcelle per 154 milioni delle vecchie lire per l’attività professionale svolta nel settore dell’emergenza. Soprano aveva ricevuto gli incarichi nel commissariato per l’emergenza a partire dal 1998, quindi ben prima dell’arrivo di Bassolino alla gestione di quella crisi. «L’attività posta in essere dal commissario pro-tempore si limitò alla sottoscrizione dei decreti autorizzativi che si fondavano su un’istruttoria espletata dalla direzione amministrativa», hanno chiarito gli avvocati Fusco e Krogh evidenziando le dichiarazioni dei vari testimoni ascoltati per ricostruire dettagliatamente i fatti.

«Bassolino non intese né danneggiare né favorire chicchessia», si legge in uno dei passaggi centrali dei motivi con cui i difensori hanno impugnato la sentenza di assoluzione per prescrizione. «È emerso con chiarezza che Bassolino sottoscrisse gli ordinativi di pagamento dopo un’istruttoria conforme ai regolamenti del commissariato e svolta dalle strutture competenti». «L’istruttoria – sottolinea ancora la difesa – ha chiarito come la struttura commissariale fosse composta da una serie di articolazioni dotate di una loro indipendenza con compiti specifici di consulenza tecnica e giuridica e contraddistinte da un assoluto legame fiduciario tale da escludere ogni ingerenza diretta di Bassolino nella gestione ordinaria ed esecutiva. Appare indubbio che lo stesso non potesse avere le competenze tecniche per verificare la conformità delle parcelle liquidate alle tariffe professionali, fra l’altro non essendo emerso alcun elemento da cui desumere qualsivoglia accordo illecito tra i membri della struttura commissariale e i consulenti». Di qui la sentenza. Assoluzione piena.

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).