La fine del pontificato di Papa Francesco inaugura necessariamente il dibattito e il confronto sui risultati e soprattutto sull’esito del suo ministero. Forse in parte è ancora presto per valutare tutto ciò in maniera accorta e puntuale. Di certo il papato di Bergoglio rimarrà segnato dalla lunga coabitazione de facto con il suo predecessore Benedetto XVI, e più in generale dalla vicinanza di due pontificati dall’enorme significato storico ed ecumenico: quello di Giovanni Paolo II, un Papa che potremmo definire Magno nell’accezione storica del termine, e quello dello stesso Benedetto XVI, meritevole del titolo di “dottore della Chiesa”. Questi ultimi pontificati si sono trovati ad affrontare in maniera radicale il manifestarsi di quella secolarizzazione che ha portato la Chiesa a un confronto con la modernità, facendo sorgere prima e cristallizzare poi due posizioni: quella conservatrice e quella modernista. Due definizioni di facile comprensione, ma anche eccessivamente esemplificative nell’analisi e nella comprensione di una realtà in atto già dalla seconda metà del ‘900.

Ratzinger mente lucida del nostro tempo

Di qui appare evidente che si sviluppi un confronto necessario con l’azione come teologo e come successore di Pietro di Joseph Ratzinger, una tra le menti più lucide del nostro tempo e – a giudicare da quello che scrisse in tempi non sospetti ai più – persino profetica. Una profondità difficile da cogliere se non si penetra con gli occhi del cristiano la complessa fenomenologia dell’epoca moderna, gli sviluppi imprevedibili e le brusche accelerazioni intercorse nell’ultimo quarantennio. La Chiesa durante il Novecento ha individuato come nemico visibile e palpabile quel comunismoateo” contro cui Giovanni Paolo II si scagliò con la forza che tutti ricordiamo, contribuendo fattivamente alla sua dissoluzione. Ma al termine di quella lotta titanica si finì per scoprire che il vero nemico risiedeva nel cuore della cristianità occidentale: non era solido e visibile, ma liquido e strisciante, e portava con sé il germe dell’autodistruzione dell’Occidente.

Il relativismo e le “mode del tempo”

Ratzinger fu il primo a cogliere i segnali e i rischi verso i quali si andava in maniera irreversibile, ammonendo più volte la cristianità e il mondo. Lo fece soprattutto in quella celebre omelia pronunciata nella Basilica di San Pietro il 18 aprile del 2005 durante la Messa Pro Eligendo Romano Pontifice, in quello che poi è stato giudicato il manifesto del suo pontificato. In quelle parole, che ancora oggi vibrano di verità e ci portano a una riflessione sul nostro tempo, c’è tutta la grandezza di un teologo che ha compreso la deriva occidentale e dunque la crisi del cristianesimo e della Chiesa. Benedetto XVI ha compreso l’indissolubile legame tra cristianità ed Europa e tra Occidente e Chiesa, scegliendo di combattere la battaglia contro il relativismo e contro quella visione che oppone al Credo della Chiesa le “mode del tempo” e quel lasciarsi trascinare da qualsiasi vento di dottrina. Ha ricordato le parole di San Paolo “sull’inganno degli uomini, sull’astuzia che tende a trarre nell’errore”, aggiungendo che “noi, invece, abbiamo un’altra misura, il figlio di Dio, il vero uomo”, e che “adulta e matura è una Fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo”.

Una visione, quella di Benedetto XVI, profondamente ancorata al messaggio del Vangelo e in una lucida, attenta e acutissima lettura della realtà. Perché il relativismo – il grande male dell’Occidente – è un serpente che striscia lentamente e in maniera silenziosa, ma aggredisce l’uomo e quindi la coscienza dell’Io, giocando sulle debolezze e su quel vuoto che è il frutto della modernità disancorata dalla tradizione. Un nemico che la cristianità non può far finta di non vedere, e che non si limiterà in eterno all’Occidente perché cammina sul sentiero dell’opulenza.

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Nato nel 1994, esattamente il 7 ottobre giorno della Battaglia di Lepanto, Calabrese. Allievo non frequentante - per ragioni anagrafiche - di Ansaldo e Longanesi, amo la politica e mi piace raccontarla. Conservatore per vocazione. Direttore di Nazione Futura dal settembre 2022. Fumatore per virtù - non per vizio - di sigari, ho solo un mito John Wayne.