Sarebbe il primo guardasigilli della storia
Bonafede vuole una poltrona al Csm, l’ex guardasigilli punta all’organo che voleva vietare…
La metamorfosi è definitivamente compiuta: Alfonso Bonafede, alias Fofò dj, smentendo tutti i diktat grillini sarebbe intenzionato a candidarsi per uno dei dieci posti destinati ai laici al Consiglio superiore della magistratura. La notizia, a dir poco clamorosa, è stata data ieri senza batter ciglio dal Fatto Quotidiano. Il giornale di Marco Travaglio, house organ dei pentastellati, ha fatto sapere che per il prossimo Csm, le elezioni dei laici sono previste per il 21 settembre, i gruppi parlamentari, ad iniziare dal M5s, sono pronti a mandare a Palazzo dei Marescialli dei “politici”, e quindi l’ex ministro della Giustizia.
Si tratterebbe dell’ennesima giravolta da parte di chi voleva aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno e poi è finito per diventare il contenuto della scatoletta stessa, acquisendo i peggiori difetti della tanto disprezzata classe politica. Oltre a fare carta straccia delle regole pentastellate che prevedono per questo genere di incarichi la consultazione degli iscritti al Movimento sulla piattaforma Rousseau, l’ex Guardasigilli sarebbe il primo ex ministro della Giustizia a diventare componente del Csm da quando esiste, da oltre sessant’anni, l’organo di autogoverno delle toghe. In altre parole, prima esponente del governo e dunque del potere esecutivo, e poi membro del Csm che, come afferma la Costituzione, è posto a garanzia dell’autonomia e dell’indipendenza dei magistrati da ogni altro potere.
La giravolta di Bonafede è ancora più emblematica in quanto, tre anni orsono, nell’estate del 2019, quando era a via Arenula, tuonava contro i parlamentari che si erano candidati al Csm. A fargli da cassa di risonanza il direttore Marco Travaglio: “Il Csm? Purtroppo è inquinato dalla presenza di un terzo di politici, che, invece di rappresentare il diritto, rappresentano il partito che li ha messi lì”. Bonafede, vale la pena ricordarlo, aveva anche predisposto un disegno di legge, poi bocciato, nel quale era espressamente vietato per i parlamentari andare al Csm. Ed infatti i grillini avevano mandato a Palazzo dei Marescialli sempre dei tecnici. Attualmente i componenti del Csm in quota Movimento sono tre, tutti professori: Alberto Maria Benedetti, ordinario di diritto privato nel Dipartimento di giurisprudenza dell’Università degli Studi di Genova, Filippo Donati, ordinario di diritto costituzionale presso l’Università di Firenze, Fulvio Gigliotti, ordinario di diritto privato nell’Università degli Studi di Catanzaro “Magna Graecia”.
Per loro nel 2018 votarono circa 13mila iscritti. Prima, nel 2014, era stato votato un altro professore, Alessio Zaccaria. La sua fu una candidatura “indicata dal basso”, e cioè dagli ex studenti che depositarono al posto suo il cv sulla piattaforma. Quell’indicazione dal basso, a suo tempo, sul blog di Beppe Grillo, era stata considerata garanzia di non appartenenza alla tanto vituperata casta. Altri tempi, adesso definitivamente archiviati. Nella prossima tornata il numero dei laici è stato portato a dieci. Due in più. Quindi, in teoria, anche considerando il ridimensionamento del gruppo parlamentare dopo la scissione di Luigi Di Maio, il M5s potrebbe pretendere ancora i tre posti. Molto dipenderà da cosa faranno il Pd e Fd’I. Il partito di Giorgia Meloni non ha oggi alcun suo rappresentante al Csm. Quando si votò, nel 2018, la legislatura era appena iniziata e i rapporti di forza erano molto diversi dagli attuali. Fd’I poteva contare su 32 deputati e 18 senatori, avendo preso poco più del 4 percento. Ora, con i sondaggi che danno Fd’I stabilmente sopra il 22 percento è prevedibile che voglia passare all’incasso.
Le aspirazioni di Giorgia Meloni potrebbero creare problemi a Bonafede che è passato agli annali per le riforme più manettare e giustizialiste della storia della Repubblica: dalla Spazzacorrotti, che ha equiparato i reati contro la pubblica amministrazione a quelli di mafia e terrorismo, all’uso indiscriminato del trojan, al blocca prescrizione. Quest’ultima norma poi modificata con la recente riforma Cartabia sull’improcedibilità. E proprio sull’applicazione della riforma Cartabia, votata anche da Bonafede, che il prossimo Csm sarà chiamato ad esprimersi. La partita dei laici al Csm si incastrerà comunque con le altre nomine parlamentari in programma nei prossimi mesi, a partire con quelle per i diversi organi di autogoverno in scadenza: dal Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa (Cpga), al Consiglio di presidenza della giustizia tributaria (Cpgt). Tutti incarichi che potrebbero essere destinati ai numerosi parlamentari in via di uscita e che difficilmente saranno ricandidati alle elezioni politiche del 2023.
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