Ancora pochi giorni e gli italiani saranno chiamati a votare per le elezioni politiche. Il 25 settembre urne aperte per rinnovare il Parlamento. Tra i temi al centro del dibattito in questa campagna elettorale vi è certamente quello della gestione futura del piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Il piano che, nell’ambito della strategia europea Next generation Eu, porterà in Italia nei prossimi anni oltre 190 miliardi di euro. Il Pnrr è al centro anche dell’osservatorio di Openpolis che chiarisce cifre e posizioni politiche.

Per il Sud è forse l’ultima occasione per accorciare il divario con il Nord in termini di infrastrutture, occupazione e investimenti. Uno degli obiettivi più ambiziosi e cruciali per il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) infatti è la riduzione dei divari territoriali. In particolare quelli tra il sud Italia – storicamente svantaggiato soprattutto a livello socio-economico – e il resto del paese. A tale scopo il governo ha stabilito – con il decreto legge n.77 del 31 maggio 2021 – che alle regioni del Mezzogiorno sia destinato almeno il 40% di tutte le risorse allocabili, previste dal Pnrr e dal fondo complementare. Parliamo di circa 86 miliardi di euro. Di queste risorse, quasi un quarto – oltre 23 miliardi di euro – è associato a investimenti di cui è titolare il ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (Mims). Segue il ministero della transizione ecologica (Mite) con 14,3 miliardi di euro. Un risultato prevedibile, considerando che si tratta delle due organizzazioni che gestiscono in assoluto più risorse nel Pnrr, anche al di là del discorso territoriale. Ma cosa dicono i programmi delle principali forze in campo?

Il centrodestra
Il centrodestra punta a cambiare il Pnrr in virtù delle mutate condizioni globali. La posizione che finora ha destato più scalpore è certamente quella di Giorgia Meloni e più in generale della coalizione di centrodestra. La leader di Fratelli d’Italia infatti ha apertamente parlato della possibilità di rivedere le misure contenute nel piano, pur nel rispetto dei regolamenti europei. Seppure tutti i partiti che lo compongono (Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, Noi moderati) abbiano depositato simbolo e programma singolarmente, quest’ultimo è identico per tutti. “L’Accordo quadro di programma per un governo di centrodestra” contiene una specifica sezione dedicata al Pnrr. Come primo elemento si parla di “pieno utilizzo dei fondi del Pnrr, colmando gli attuali ritardi di attuazione”. Si afferma poi la volontà di un efficientamento dell’utilizzo dei fondi europei, con riferimento all’aumento dei costi dell’energia e delle materie prime e di garantire la piena attuazione delle misure previste per il sud e le aree depresse del paese.

Per molte misure, i soggetti responsabili non sono stati in grado finora di far rispettare la clausola che prevede almeno il 40% delle risorse riservate alle regioni del Mezzogiorno. Da questo punto di vista proprio i ministeri a guida leghista si sono dimostrati maggiormente in difficoltà. Ma l’elemento del programma che ha scatenato un acceso dibattito è quello relativo alla possibilità di modificare i contenuti del piano. Le idee all’interno dello schieramento appaiono essere leggermente diverse. La posizione della Lega ad esempio è quella di rinegoziare il piano in virtù dell’aumento del costo delle materie prime. Che renderebbe di fatto irrealizzabili le opere già inserite fra quelle finanziabili. In questo caso il riferimento potrebbe essere interpretato più nella direzione della possibilità di rimodulare le scadenze previste dal Pnrr in ragione di ostacoli oggettivi che ne impediscono il raggiungimento nei tempi previsti. Singolare infine la posizione di Forza Italia che parrebbe prospettare la possibilità di mantenere le risorse già assegnate ai singoli territori ma rivedendo come usarle.

Il centrosinistra
La sinistra propone maggiori investimenti per la transizione ecologica. Se all’interno della coalizione di centrodestra le posizioni non sono propriamente convergenti sul Pnrr, la situazione è ancora più complessa nel centrosinistra. In questo caso infatti Partito democratico, Più Europa e Sinistra italiana-Verdi hanno presentato tre programmi diversi e con posizioni distinte. In particolare quello della componente sinistra della coalizione appare molto critico nei confronti dell’attuale impostazione. Un primo elemento degno di nota riguarda la necessità di una maggiore partecipazione civica nella definizione delle misure così come della loro esecuzione. Nel programma di Sinistra italiana e Verdi questo passaggio è riferito in particolare al tema dell’università e della ricerca. Si tratta dell’unico programma presentato, tra le forze politiche principali, a contenere un elemento di questo tipo. Una carenza quella dello scarso coinvolgimento civico che, a livello generale, abbiamo ravvisato nei mesi scorsi. Oltre a ciò, nel programma della sinistra si prevede una massiccia redistribuzione delle risorse.

In particolare, oltre ai maggiori investimenti nell’ambito della transizione ecologica, si propone di rivedere l’adeguatezza del Pnrr rispetto alle necessità dell’adattamento climatico. Anche la sinistra inoltre esprime perplessità in merito ad alcune misure legislative del Pnrr. In particolare il riferimento in questo caso è alla riforma delle classi di laurea. Al contrario della sinistra, invece, le altre due forze della coalizione sembrano voler blindare il Pnrr. Nel programma del Partito democratico infatti si fa esplicito riferimento alla prosecuzione della linea impostata dal governo Draghi, così come anche alla conclusione degli investimenti nei tempi previsti. Anche nel programma dem inoltre c’è il riferimento alla necessità di rispettare la quota mezzogiorno. Si fa poi esplicito riferimento alla prosecuzione di molte misure contenute nel piano (Mobility as a service, Porti verdi, Case della comunità) ma non si prevedono in questi casi delle variazioni rispetto a quanto stabilito.

Il Movimento 5 stelle
Prima di passare in rassegna il programma dei pentastellati, riflettiamo un attimo su quello di Più Europa che ribadisce la volontà di attuare il piano nei tempi previsti. Da notare che il partito propone di consolidare la prassi di utilizzare la struttura delle scadenze contenuta nel Pnrr anche per altre attività della pubblica amministrazione. Con particolare riferimento al lavoro dei ministeri. Il partito di Emma Bonino e Benedetto Della Vedova individua inoltre una serie di accorgimenti per sostenere i piccoli centri nell’attuazione degli interventi. Si propone inoltre la creazione di task force interne alla pubblica amministrazione per ogni tema trattato nell’ambito del Pnrr. Il partito inoltre evidenzia la necessità di dare attuazione alle norme sulla trasparenza amministrativa. Veniamo ai 5Stelle. Nonostante il leader pentastellato Giuseppe Conte sia stato il presidente del Consiglio ad aver portato a conclusione positiva le trattative con Bruxelles per il Pnrr, nel programma del Movimento 5 Stelle i riferimenti al piano sono pochissimi.

Anzi, lo stesso Conte ha recentemente aperto alla possibilità di una sua revisione. Considerando l’impatto ancora attuale della pandemia energetica e dell’inflazione, riteniamo che i tempi di attuazione del Pnrr possano essere allungati, laddove necessario. Dopodiché, il regolamento europeo del Next Generation Eu prevede possibilità di adattamento del programma: potrebbero essere valutate. Con riferimento ai contenuti del programma depositato, anche il M5s (così come Più Europa) evidenzia la necessità di maggiore trasparenza e controlli sull’utilizzo dei fondi. Un altro riferimento, seppur indiretto, al Pnrr deriva dal Superbonus. Una misura fortemente voluta dal Movimento e che è stata parzialmente finanziata anche con le risorse del Pnrr e del fondo complementare. Il M5s nel suo programma non solo si propone di rendere strutturale questa misura ma anche di estendere il meccanismo della cessione del credito, oggetto di aspre polemiche, anche ad altre iniziative. Come Transizione 4.0.

Il Terzo Polo
Il Terzo polo mira a rendere più efficienti gli enti locali. Tra le principali forze politiche in campo in questa tornata elettorale, il cosiddetto terzo polo è quello che ha presentato il programma più consistente. È quindi anche quello che va più nel dettaglio delle azioni che si propone di intraprendere in caso di vittoria. Il programma dedica una specifica sezione al Pnrr ma i riferimenti al piano sono numerosi in tutto il documento. Non si tratta però di volontà di modificare le misure in esso contenute quanto piuttosto, come nel caso del Pd, di portarle a compimento nei tempi previsti. Solo in pochi casi il programma prevede un potenziamento degli investimenti già in essere. Tra questi l’incremento dei fondi per l’imprenditoria femminile; l’investimento di ulteriori risorse per la gestione dei rifiuti e i progetti di economia circolare; l’investimento di ulteriori 1,5 miliardi per potenziare la struttura degli Its (istituti tecnici superiori) per raddoppiare il numero di iscritti.

La sezione specifica dedicata al Pnrr contiene invece una serie di accorgimenti volti ad una più efficace attuazione del piano. Tali interventi sono molto simili a quelli proposti da Più Europa. Elemento che non stupisce, dato che i due partiti erano alleati prima della rottura avvenuta poche settimane fa. Azione e Italia viva propongono innanzitutto di portare a 750 milioni di euro all’anno i fondi a disposizione dei comuni per le spese di progettazione necessarie per realizzare le opere previste dal Pnrr. Si propone inoltre maggiore flessibilità ai comuni e alle regioni nelle assunzioni e nella nomina dei Rup (responsabili unici del procedimento). Infine si prevede di introdurre l’obbligo, per tutti i comuni non capoluogo di provincia, di affidare la gestione delle gare di appalto a uno dei soggetti aggregatori regionali presenti nell’anagrafe unica delle stazioni appaltanti. Il tutto con l’obiettivo di velocizzare le procedure legate all’attuazione del Pnrr che vedono coinvolti gli enti locali.

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.