La fotografia è quella del primo caffè, nove di mattina, uno dei pochi – in realtà l’unico – bar aperto nei pressi di Montecitorio. Nel dehors dove i camerieri stanno ancora riordinando, all’estremità sinistra c’è il gruppetto di Forza Italia guidato da Paolo Zangrillo, fratello di Alberto, il medico ombra di Berlusconi, e altri due deputati addetti al dossier. All’estremità destra – e non c’è alcun riferimento ideologico, solo il caso di chi è arrivato prima – un noto sondaggista anche lui appena sveglio a tu per per tu con un teso Maurizio Lupi.

Le domande riguardano Calenda-Renzi e il terzo polo, “quanto ci prendono e soprattutto dove…”. Lupi, Toti, Brugnaro e Cesa hanno dato vita a “Noi Moderati”, la gambetta centrista del centro-destra. Ma questo era prima che Renzi e Calenda facessero la mossa guastafeste che ha cambiato le regole del gioco di queste elezioni politiche: una corsa per quattro e non per due poli. Ad un certo punto le due estremità s’incontrano, nel senso che Lupi s’avvicina per salutare i colleghi. “Colpa loro se siamo ancora in mezzo al guado” scherza Zangrillo. E poi mica tanto: “In realtà i problemi sono anche nostri, ci sono almeno 40 parlamentari che non saranno confermati. Non sarà facile spiegarlo”. Anche perché il noto sondaggista sta spiegando che “Renzi-Calenda” possono prendere, anzi “prendono” anche a Forza Italia mentre “è necessario, anzi fondamentale, che Berlusconi stia tra il 9 e il 10%”. Guai se dovesse scendere sotto. Un cappuccino indigesto nonostante l’ottimo cornetto integrale al miele ancora tiepido.

Abbiamo raccontato i dolori di Letta e del Pd che da Ferragosto hanno messo in piazza le dinamiche correntizie che hanno guidato e tagliato teste e caselle nelle liste di centrosinistra. In realtà Letta non ha ancora finito il suo lavoro, ha ripescato Amendola (l’uomo del Pnrr fatto fuori dal partito dell’agenda Draghi), Nannicini e Morani sono ora candidati in collegi possibili e nelle prossime ore potrebbero esserci altre novità. Ci siamo distratti rispetto ai 5 Stelle: Conte, inibito dall’uso del suo nome nel simbolo, l’ha spuntata con il listino dei 15 superprotetti ma c’è da vedere cosa succede con le parlamentarie che qualcuno vede già a rischio ricorso. Anche qui nulla di definitivo.

Abbiamo completamente sottovalutato il centrodestra. È vero che è in vantaggio nei sondaggi e dovrebbe/potrebbe fare il pieno di seggi. Ma rispetto al taglio dei parlamentari e ai 600 posti disponibili (erano 945) fare le liste è sempre un rebus. Le war room sono due: in via della Scrofa, sede di Fdi, dove ieri intorno alle 15e 30 si sono incontrati La Russa, Donzelli e Lollobrigidida per Fdi, Gregorio Fontana per Forza Italia e Giorgetti per la Lega, Toti e Lupi per “Noi moderati”. La seconda war room è in Sardegna, a villa Certosa, dove Berlusconi ha convocato il 16 agosto Ronzulli, Barelli, Bernini e Tajani. Sono ancora tutti li. Il problema più grosso ce l’ha Forza Italia: deve stare sul 10%, Berlusconi punta al 20%, sfide complesse assai visto il quadro generale. Il Cav sta comunicando come mai prima tra interviste e pillole social (che stanno avendo molto successo).

Ma se oggi Forza Italia conta 123 parlamentari, anche i più ottimisti sanno che ne potranno tornare tra i 50 e i 70. Tocca fare delle scelte. Ufficialmente nulla è stato comunicato a nessuno. Ma chi poteva essere rassicurato, ha già ricevuto la telefonata. O il messaggio. Visto il clima, i “rassicurati” pregano di non scrivere i nomi che “non si sa mai”. Vero: basta una sillaba fuori posto che il proprio nome viene cancellato con un clic. “Ci vogliono ancora 24 ore, abbiate pazienza” ha detto Giorgetti lasciando via della Scrofa. Quelle di ieri sono state definite ancora “riunioni tecniche”: assegnazione dei seggi e alternanza uomo/donna. Alla fine dovrebbero essere 15 gli uninominali riservati a “Noi moderati”, la gambetta centrista della coalizione. Saranno garantiti per lo più da Giorgia Meloni (13).

L’imprenditore Paolo Damilano, ex candidato sindaco di centrodestra a Torino e possibile sedicesimo seggio, si è tirato fuori dalla mischia confermando quota 15. “Per ‘Torino bellissima’ (la sua lista, ndr) non è ancora il momento di partecipare alle politiche” ha scritto in un lungo post su Facebook. Il problema è che, spiegano fonti che hanno partecipato al vertice, “non tutti i 15 posti sono blindati, anzi quelli sicuri sarebbero 6-7”. Tutta colpa di Renzi-Calenda. Tra sicuro e contendibile ci corre il mare. La campagna elettorale è corta, la sfida enorme e tutti vorrebbero il posto sicuro. Che sono pochissimi. Comunque i 15 uninominali dei centristi sarebbero cosi ripartiti: 4 spettano Nci di Maurizio Lupi che correrà a Milano mentre Saverio Romano si presenterà nel collegio siciliano di Bagheria; 4 andranno ai ‘totiani, 2 all’Udc (Cesa in Molise); 2 a Coraggio Italia (per Biancofiore il Trentino Alto Adige) e uno a Gianfranco Rotondi. Al momento nel maggioritario ci sono anche l’animalista ed ex ministro dell’Ambiente del Berlusconi quater, Michela Vittoria Brambilla, e Vittorio Sgarbi, leader di Rinascimento.

L’unico partito che non ha problemi, si diceva, è Fratelli d’Italia. Il numero degli eletti sarà triplicato (48 gli uscenti) e questo permette di soddisfare tre questioni: confermare tutti gli uscenti; aprire le porte ai dirigenti locali che si sono distinti sul territorio anche per sfatare il tormentone di Fratelli d’Italia “che non ha classe dirigente”; aprire anche alle competenze esterne, professionisti, docenti, tecnici, non è difficile col vento in poppa trovare gente pronta a salire a bordo. Non solo: è possibile, nella guerra dei numeri, che chi è parlamentare non possa poi occupare posti di governo per garantire la maggioranza in aula e in commissione. Servono quindi nomi alti da spendere per il governo, ad esempio Marcello Pera, Carlo Nordio, Giulio Tremonti, gli ambasciatori Giulio Terzi di Sant’Agata e Stefano Pontecorvo. Per il seggio italiani all’estero, circoscrizione Sudamerica, gira il nome del pilota Emerson Fittipaldi.

La Lega è destinata invece a perdere parecchi parlamentari rispetto ai 192 attuali. Salvini ripete: “Non ci interessano star e vip, a noi interessa candidare persone per bene radicate nel territorio”. Qualche nome è giù noto: il presidente dell’Unione italiana ciechi Mauro Barbuto, il professor Valditara, Vincenzo Pepe presidente di Fare ambiente. E poi “esponenti delle forze dell’ordine, dei balneari, della sanità, grandi imprenditori, sportivi ed editori”. Ieri si è aggiunto un agente della polizia penitenziaria del carcere di Catanzaro. L’editore Antonio Angelucci, sempre in Forza Italia, dovrebbe passare armi e bagagli in Fratelli d’Italia.

Un posto assicurato in lista anche per Maria Giovanna Maglie, Annalisa Chirico e Simonetta Matone, la giudice già candidata a sindaco di Roma. Confermati i capigruppo uscenti Molinari e Romeo, i ministri Giorgetti, Garavaglia e Stefani, i sottosegretari Centinaio, Borgonzoni, Freni, gava, Molteni, Nisini, Pucciarelli e Sasso. Assicurato il posto al senatur Bossi. Lunedì alle 14 scade il termine per la presentazione delle liste. Si dovrebbe, allora, lasciar perdere i nomi e passare finalmente ai temi.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.