Giù la maschera. Cosa c’è stato dietro a quell’appuntamento irrituale, in tête-à-tête, al Quirinale? Quello che il comunicato firmato da Giovanni Grasso, portavoce del Presidente, liquida in poche parole come “Una lunga conversazione svoltasi in un clima di cordialità e collaborazione” cela più di un mistero. L’autoblù della premier doveva prendere la via in discesa verso l’aeroporto quando invece ha acceso le sirene per salire sul colle più alto.

L’incontro per una colazione di lavoro – tenuta poi sotto stretto riserbo – tra Sergio Mattarella e Giorgia Meloni non era in programma fino a ieri mattina. Hai voglia a smentire. L’agenda del candidato ri-governatore del Friuli Venezia-Giulia, Massimiliano Fedriga, parla chiaro: la premier era attesa a Udine, eccome. Allertato dal servizio scorte il Prefetto udinese e da questi, diramato l’ordine di servizio per la Questura, fatte predisporre le volanti e il presidio di piazza. I militanti già sul posto con gli striscioni per acclamare lei, Giorgia. La smobilitazione, solo all’ultimo, ha colto tutti in contropiede. È il segnale di come l’invito a pranzo al Quirinale sia arrivato inatteso, lasciando sorpresi anche i consiglieri della Presidenza della Repubblica.

Sergio Mattarella avrebbe voluto parlare a quattr’occhi con Giorgia Meloni – esclusi terzi testimoni – per almeno due ragioni importanti. La prima: sulla guerra si rischia un’escalation che innalza oltre ogni precedente il livello dell’attenzione in alcuni paesi di frontiera Nato, tra cui l’Italia. La minaccia di ricorrere alle armi nucleari tattiche dalla Bielorussia, nei giorni in cui la Finlandia entra nella Nato, arrivano sulla scorta di quel che accade nella piazza a Chisinau, nella Moldavia sulla quale si affacciano i militari del contingente italiano: la tempesta perfetta agita gli alti comandi. Ma ce n’è un’altra che elettrizza l’aria sul Colle, che ha richiamato il governo a “Mettersi alla stanga”. Il Pnrr è a rischio, le riforme languono e sui progetti sembra avvicinarsi la scure di Bruxelles. Paolo Gentiloni e Sergio Mattarella si sono consultati più volte e con timori crescenti. L’incubo che possano svanire nel nulla i miliardi di euro attesi è forte.

Qui devono mettersi tutti in riga, tutti al lavoro. E bisogna dare all’Europa il segnale che attendono: si fa sul serio su giustizia, burocrazia, sviluppo delle infrastrutture. La corsa di Salvini a bollinare il “suo” codice degli appalti e quella di Nordio a imprimere una svolta sui reati amministrativi, mettendo mano all’abuso d’ufficio, sono due facce di quella stessa medaglia indicata da Mattarella a Meloni. Il Pnrr s’ha da fare. E forse anche il Mes. Il Meccanismo europeo di salvaguardia riguarda da vicino anche le banche, il rischio contagio svizzero va scongiurato. E anche questo piatto era nel menù servito al tavolo della premier al Quirinale. Da parte sua, il silenzio è rimasto tombale. Ha solo accennato: “Al centro del colloquio un ampio giro di orizzonte sui vari provvedimenti, compreso il Codice sugli appalti e lo stato di attuazione del Pnrr”.

Nessuna rivelazione sfuggita da Meloni, dunque, che però si è concessa al suo pubblico attraverso l’ormai rituale video del venerdì. Il tema questa volta è stato fiscale: “Noi vogliamo riscrivere lo statuto del contribuente, vogliamo dare equità e certezza a chi paga le tasse, vogliamo semplificare e vogliamo ovviamente contrastare l’evasione fiscale, ma con la collaborazione dei contribuenti invece che investendo tutto sulla vessazione e sulla repressione”, ha detto la premier nella diretta social per “gli appunti di Giorgia” parlando del nuovo fisco.Cioè nessuno mi toglie dalla testa che il modo più efficace per combattere l’evasione sia avere tasse giuste chieste da uno Stato giusto, uno Stato che dimostra di essere tuo alleato e non un tuo nemico”, aggiunge.

“Del resto ci sarà una ragione se negli ultimi anni noi abbiamo preso provvedimenti sempre più restrittivi, ma fondamentalmente il livello della evasione fiscale è rimasto sempre attorno ai cento miliardi di euro l’anno. Evidentemente la repressione e basta non funziona. Evidentemente l’approccio deve essere un approccio diverso. Cioè fondato sulla responsabilità”, ha concluso nel video. Spenta una telecamera, però, ne ha accesa un’altra. Quella che l’ha portata, almeno digitalmente, nella piazza di Udine dove era attesa. Ed eccola accennare probabilmente all’oggetto dell’incontro con il Presidente della Repubblica: “Abbiamo deciso di tagliare il cuneo fiscale promuovendo un lavoro capillare e certosino per rimodulare un Pnrr che non abbiamo scritto noi ma sul quale noi non stiamo facendo altro che cercare di renderlo compatibile con quello che è stato scritto ma anche con priorità nuove per la nostra nazione a partire dal tema della sicurezza energetica. È un programma ambizioso e gli ostacoli per portarlo avanti non mancheranno però se c’è una cosa che non ci manca è il coraggio, la visione e il rispetto per i cittadini”.

Tanti applausi, Fedriga la ringrazia. La premier può concludere una giornata vorticosa, che però le riserva ancora una grana: Fabio Rampelli, suo compagno di partito ribelle, ha presentato una pdl per l’italianizzazione delle parole. Contro la “forestierizzazione” dell’abuso di termini inglesi nel parlato. La immaginiamo con le mani nei capelli, lei che ha dedicato tutti i suoi studi alle Lingue straniere. Lei che ama definirsi “underdog”. L’Europa chiama, risponde Rampelli. Andiamo male.

Avatar photo

Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.