Egregio Signor Presidente della Repubblica,

Le scrivo mentre sto vivendo il mio trentunesimo giorno di sciopero della fame per richiedere a Governo e Parlamento interventi immediati volti a deflazionare le presenze in carcere. Ritengo, con il Partito Radicale nonviolento transnazionale transpartito e con l’Associazione Nessuno Tocchi Caino, che si tratti di una questione di legalità tanto più in questo momento storico di diffusione della pandemia da Covid-19. Questione di legalità costituzionale, se è vero, come è vero, che la nostra Costituzione stabilisce: le pene non possono essere contrarie al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.

Accade che, dalla prima a questa seconda fase della pandemia, il numero delle persone positive al virus che si trovano nei nostri istituti di pena (sia fra i detenuti che fra il personale e soprattutto agenti di Polizia penitenziaria), sia notevolmente aumentato, quasi triplicato. Accade che da quasi dieci mesi le persone detenute non possono riabbracciare i propri congiunti più stretti, figli minori compresi. Accade che in molti istituti sia impossibile assicurare quel distanziamento raccomandato dalle disposizioni anti-Covid perché non ci sono gli spazi adeguati a questa misura.

Accade che la sanità penitenziaria, già carente in tempi normali, sia letteralmente al collasso e costretta a non occuparsi di casi urgenti che richiederebbero controlli diagnostici e addirittura interventi chirurgici. Accade che le attività trattamentali (studio, lavoro, corsi professionali, intervento di volontari) – anch’esse già gravemente insufficienti in tempi ordinari – siano tutte pressoché sospese, cosicché i detenuti trascorrono quasi interamente in cella il tempo dell’intera giornata.

Accade che per giorni e giorni mogli, mariti, madri e padri di persone detenute non riescano a ottenere informazioni sullo stato di salute del proprio congiunto perché, nonostante gli sforzi dei direttori e dei responsabili sanitari, non ci sono le risorse umane per affrontare le numerose richieste e sollecitazioni. L’angoscia è tanta sia fra i familiari sia fra i detenuti. Angoscia e stress che spesso si tramutano in disperazione. Lo stato di degrado e di abbandono delle zone che negli spazi penitenziari sono state ricavate per l’isolamento dei “casi Covid”, è a volte umiliante non solo per le persone recluse, ma per tutto il personale (soprattutto agenti e medici) che è costretto a frequentarli.

Egregio Presidente,
Le sottopongo alcuni dati che fotografano la situazione al 30 novembre 2020 (ultima data utile per conoscere la popolazione detenuta istituto per istituto; il prossimo report mensile fornito dal Ministero della Giustizia, infatti, sarà quello del 31 dicembre 2020). Altri dati, complessivi, fanno il punto fino al 9 dicembre.
Dati al 30 novembre 2020:

TASSO POSITIVI SU TOTALE POPOLAZIONE NAZIONALE = 1,30%
Popolazione italiana: 60.360.000 – positivi: 788.471

TASSO POSITIVI SU TOTALE POPOLAZIONE DETENUTA = 1,74%
Detenuti presenti nei 189 istituti penitenziari: 54.368 (non tiene conto delle licenze e dei permessi) – positivi: 949

Dati al 3 dicembre 2020:

TASSO POSITIVI SU TOTALE POPOLAZIONE NAZIONALE = 1,26%
Popolazione italiana: 60.360.000 – positivi: 759.982

TASSO POSITIVI SU TOTALE POPOLAZIONE DETENUTA = 1,82%
Detenuti presenti nei 189 istituti penitenziari: 53.330 (fonte: Ministero della Giustizia; tiene conto delle licenze e dei permessi) – positivi: 975

Dati al 9 dicembre 2020:

TASSO POSITIVI SU TOTALE POPOLAZIONE NAZIONALE = 1,17%
Popolazione italiana: 60.360.000 – positivi: 710.515

TASSO POSITIVI SU TOTALE POPOLAZIONE DETENUTA = 1,96%
Detenuti presenti nei 189 istituti penitenziari: 53.266 (fonte: Garante nazionale; tiene conto delle licenze e dei permessi) – positivi: 1.049

Mi sembra che questi dati sfatino il luogo comune per il quale “il carcere è il luogo più sicuro che c’è” rispetto alla possibilità di infettarsi di Covid.

I morti in carcere
Un altro aspetto che intendo sottoporre alla Sua attenzione è quello delle morti in carcere in questo 2020 non ancora terminato. Secondo i dati forniti dall’Osservatorio carceri di Ristretti Orizzonti, le persone detenute morte nelle carceri al 6 dicembre sono state 151; di queste, ben 55 si sono suicidate. Per trovare cifre analoghe, dobbiamo andare indietro nel tempo al 2013 (l’anno della condanna dell’Italia da parte della Corte EDU), quando i morti in tutto l’anno furono 153, di cui 49 suicidi.

Veniamo ora, Signor Presidente, all’annosa questione del sovraffollamento. Alcuni giorni fa, quando il Ministro della Giustizia ha fornito i dati al 3 dicembre, pubblicamente ha affermato che il sovraffollamento era al 105,5%, ricavabile dalla presenza di 53.330 detenuti e 50.568 posti regolamentari. La realtà è però ben diversa, perché dai singoli “posti disponibili” occorre sottrarre i “posti inagibili” e quindi “non utilizzabili”. Esaminando una a una le schede trasparenza dei 189 istituti penitenziari (che, come Partito Radicale, siamo riusciti a ottenere quando il Capo del Dap era il Dott. Santi Consolo) scopriamo che i singoli posti inagibili sono 999 e che a questi occorre aggiungere le 1.751 “stanze detentive” inagibili. Purtroppo i dati non sono omogenei, perché alcuni istituti forniscono il dato dei singoli posti inagibili mentre altri quello delle “stanze detentive” inagibili, le quali – evidentemente – corrispondono a più posti (nei nostri istituti le celle singole sono una rarità, tanto che vengono negate a molti ergastolani che ne avrebbero diritto). Dai 50.568 posti regolamentari occorre dunque sottrarre almeno 4.000 posti inagibili.

Ed ecco che il sovraffollamento passa dal 105,5% al 114,5%. Ma c’è di più. La realtà della nostra edilizia penitenziaria è fatta di 189 istituti di pena, e diversi di essi hanno più posti regolamentari disponibili che presenze di detenuti. Si va dall’ICAM di Lauro (Istituto a custodia attenuata per le detenute madri) che registra solo 6 presenze su 27 posti disponibili, a Rebibbia III Casa dove su 161 posti disponibili vivono 81 persone detenute. E, attenzione: nella fascia dei 74 istituti che non presentano evidenze “formali” di sovraffollamento, in realtà troviamo diversi istituti che hanno un numero spropositato di posti o stanze detentive inagibili. Clamoroso il caso del Carcere di Modena: il report di novembre ci dice che 238 detenuti stanno belli larghi in 366 posti, ma dalle schede del ministero risulta che su 261 stanze detentive ben 130 sono inagibili. Anche la piccola realtà di Arezzo dà presenti 30 persone detenute in 103 posti, ma se andiamo a vedere le schede degli istituti penitenziari, scopriamo che i posti inagibili sono 84 e quindi i posti disponibili per le 30 persone detenute sono solo 19!

Nella seconda fascia dei 115 istituti sovraffollati troviamo realtà come quella del carcere di Bari, dove in 288 posti (dai quali occorrerebbe sottrarre 3 stanze detentive) vivono 406 persone detenute (con un sovraffollamento del 141%; come il carcere di Monza dove in 334 posti (403 – 69 posti inagibili) vivono 585 detenuti (sovraffollamento al 175%); come il carcere di Firenze-Sollicciano dove in 473 posti (491 – 18 posti inagibili) vivono 724 persone detenute (sovraffollamento al 153%); come Roma – Regina Coeli, dove in 603 posti disponibili (606 -3) vivono 964 detenuti (sovraffollamento al 160%); come Taranto, dove in 307 posti disponibili vivono 595 detenuti (sovraffollamento al 194%). Singolare è il fatto che a Taranto è stato costruito ed è pronto da anni un padiglione da 200 posti che non è stato mai aperto e reso disponibile dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.

Un ultimo dato che intendo sottoporLe, Signor Presidente: non ha un valore statistico convalidato ma forse può avere una sua rilevanza. Dall’analisi dei numeri, sembra che dove è maggiore il sovraffollamento, è in qualche misura più alto il tasso di positività al Covid.

TASSO DETENUTI POSITIVI NEI 115 ISTITUTI CON SOVRAFFOLLAMENTO SUPERIORE AL 100% = 2,63%
Detenuti presenti al 30 novembre nei suddetti 115 istituti penitenziari: 40.477, i quali vivono in 32.383 posti regolamentari disponibili.
Detenuti positivi al 30 novembre: 854.
Personale (soprattutto agenti) positivi al 30 novembre negli stessi 115 istituti: 702

TASSO DETENUTI POSITIVI NEI 74 ISTITUTI SENZA SOVRAFFOLLAMENTO = 0,68%
Detenuti presenti al 30 novembre nei suddetti 74 istituti penitenziari: 13.891, i quali vivono in 18.185 posti regolamentari disponibili.
Detenuti positivi al 30 novembre: 95.
Personale (soprattutto agenti) positivi al 30 novembre negli stessi 74 istituti: 254

Tornando alle ragioni di questa lettera e della mia iniziativa nonviolenta che, oltre a me che la sto conducendo da 31 giorni, vede impegnati in una mobilitazione ugualmente pacifica e nonviolenta 3.340 detenuti, 650 liberi cittadini, 202 professori di diritto e procedura penale che hanno sottoscritto l’appello lanciato da Giovanni Fiandaca e Massimo Donini, e personalità quali il Prof. Luigi Manconi e gli scrittori Sandro Veronesi (vincitore di due Premi Strega) e Roberto Saviano.

Come ci ha insegnato Marco Pannella, la nonviolenza non è mai ricattatoria. Si chiede – e noi chiediamo – che i rappresentanti istituzionali accettino questa forma di dialogo affinché facciano ciò di cui sono intimamente convinti. Noi pensiamo che quando sono in gioco diritti umani fondamentali sia obbligo delle istituzioni intervenire, come fece il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano con il suo (ahinoi inascoltato) messaggio alle Camere dell’8 ottobre 2013. Come il Presidente Napolitano, noi invochiamo da allora un provvedimento serio di amnistia e indulto che riporti nella legalità costituzionale sia l’esecuzione penale, sia la mole immensa dei procedimenti penali pendenti che affollano (e ancor di più oggi con la pandemia) i Tribunali di tutta Italia determinando l’irragionevole durata dei processi, in violazione dell’art. 111 della Costituzione.

Per l’oggi, chiediamo intanto che si intervenga per ridurre la popolazione detenuta con provvedimenti adeguati (quelli finora varati non lo sono) per non aggiungere ulteriore pena e disperazione a chi è ristretto nelle nostre carceri. Chiediamo altresì che si manifesti un impegno istituzionale per la ripresa del percorso di riforma dell’Ordinamento penitenziario che ha preso le mosse dagli Stati Generali dell’esecuzione penale, che tante speranze aveva destato nell’intera comunità penitenziaria, e nella società libera, perché puntava a fare del carcere, finalmente, una extrema ratio sostituendolo ove possibile con pene e misure alternative molto più efficaci ai fini dell’abbassamento dei tassi di recidiva.

Egregio Signor Presidente, ricordo ancora con emozione la Sua telefonata che mi raggiunse mentre ero in sciopero della fame e in visita al Carcere di Catania Piazza Lanza. Era il 12 novembre del 2016. Non credo che lo stesso possa accadere oggi, ma – Le assicuro – cerco di animare come posso la mia speranza. La lascio, Signor Presidente, con le parole di Marco Pannella (1998), che continuano a essere la cifra del nostro impegno politico: «Occorre volere e potere rischiare la vita, contro non il rischio, ma la certezza della morte del diritto, dei diritti, della speranza democratica, di un minimo di regole civili.» Con i miei più sentiti saluti e con il conforto della sottoscrizione di questa lettera delle massime cariche del Partito Radicale: il Segretario Maurizio Turco e la Tesoriera Irene Testa.