Il caso
Chi sono i pescatori di Mazara del Vallo e perché sono stati prigionieri in Libia
Il gruppo di 18 pescatori proveniente da Mazara del Vallo è rimasto rinchiuso 107 giorni nelle prigioni libiche dal primo settembre al 17 dicembre. Si tratta di otto tunisini, sei italiani, due indonesiani e due senegalesi, tutti pescatori partiti a bordo di due pescherecci, Medinea e Antartide da Mazara del Vallo più di tre mesi fa.
L’accusa per i pescatori era quella di aver violato le acque territoriali pescando all’interno di quella che ritengono essere un’area di loro pertinenza, in base a una convenzione che prevede l’estensione della Zee (zona economica esclusiva) da 12 a 74 miglia. Nei giorni seguenti le milizie di Haftar contestarono al gruppo anche altri reati infondati come il traffico di droga.
Durante i mesi di prigionia, durante il corso delle trattative, i libici avrebbero chiesto anche uno scambio di prigionieri: in cambio della libertà dei pescatori, avrebbero chiesto l’estradizione di quattro calciatori libici condannati in Italia come scafisti di una traversata in cui morirono 49 migranti.
I claciatori- scafisti furono condannati a 30 anni di carcere dalla giustizia italiana, ma per i libici sono giovani promesse del calcio. Sono stati condannati dalla corte d’assise di Catania e poi dalla corte d’appello etnea, con l’accusa di aver fatto parte del gruppo di scafisti responsabili della cosiddetta ‘Strage di Ferragosto’ del 2015 in cui morirono 49 migranti. La notte della ‘Strage’ avrebbero contribuito con “calci, bastonate e cinghiate” per bloccare i migranti nella stiva dell’imbarcazione. Nel corso del processo, la loro vicenda era stata monitorata dall’ambasciata libica in Italia, partecipando anche ad alcune udienze al Tribunale di Catania.
I quattro raccontarono ai giudici di aver pagato per quel viaggio, ricostruendo la loro versione, come Al Monsiff che disse di “giocare a calcio nella serie A” e “aveva deciso di andare in Germania per avere un futuro, impossibile in Libia a causa della guerra”. Durante il dibattimento i legali dei quattro imputati sollevarono anche alcune anomalie nel loro riconoscimento, avvenuto attraverso delle interviste ai 313 sopravvissuti di quel viaggio, giunti a Catania a bordo della Siem Pilot il 17 agosto 2015.
I pescherecci di Mazara del Vallo sono stati posti sotto sequestro dutrante le trattative, ma il gruppo di pescatori tornerà a bordo degli stessi dopo il lieto fine della vicenda che per mesi ha angosciato molti dei familiari. “È un’emozione indescrivibile, piango da quando ho avuto notizia”, ha detto l’armatore del Medinea, Marco Marrone, dopo le notizie che arrivano da Bengasi sui pescatori italiani.
Durante la prigionia le famiglie dei pescatori hanno più volte protestato a Mazara, davanti alla casa del Ministro alla Giustizia e a Montecitorio, dove si trovavano ancora quando sono stati raggiunti dalla lieta notizia della liberazione dei loro congiunti. Ad annunciarlo ufficialmente è stato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, volato questa mattina in Libia assieme al presidente del Consiglio Giuseppe Conte per seguire di persona le operazioni di liberazione.
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