Conquistata domenica la capitale Kabul, i Talebani sono al lavoro per preparare la transizione al potere in Afghanistan, abbandonato in fretta e furia dalle forze armate americane e dal personale diplomatico occidentale dopo l’avanzata pressoché incontrastata degli “studenti coranici”, avvenuta in poche settimane.

Un gruppo, quello islamico, basato su una rigida gerarchia. Ma non è chiaro, al momento, se l’attuale ripartizione del potere sarà rispecchiata nei prossimi giorni o settimane negli incarichi di governo del Paese.

Un ruolo fondamentale lo avrà in ogni caso il mullah Habaitullah Akhundzada, il ‘presidente’ dei Talebani e comandante supremo dell’organizzazione dal maggio 2016 dopo la morte del fondatore mullah Mohammed Omar (nel 2013) e del suo successore il mullah Mansour, ucciso nel 2016 in Pakistan da un drone americano.

Attualmente Akhundzada, 60 anni, è il responsabile degli affari politici, militari e religiosi. In realtà è proprio quest’ultimo il ‘pezzo forte’ del numero uno dei Talebani ed è per questo che gli analisti immaginano un ruolo chiave per Abdul Ghani Baradar, il negoziatore che a Doha ha posto le basi, grazie alla “complicità” dell’amministrazione americana di Donald Trump, per la riconquista del Paese. A Baradar, già protagonista della prima conquista dell’Afghanistan da parte dei Talebani con operazioni sul campo, potrebbe spettare il ruolo di presidente ad interim.

Altro personaggio chiave sarà Mohammad Yaqoob. Giovane, si ritiene abbia poco più di 30 anni, è il figlio del fondatore dei Talebani, il mullah Mohammed Omar. Dopo la morte del padre parte del movimento lo voleva come nuovo comandante supremo, salvo poi ‘eleggere’ il mullah Mansour a causa della scarsa esperienza del giovane figlio di Mohammed Omar. Attualmente Yaqoob è a capo delle operazioni militari e responsabile finanziario del gruppo.

Dovrebbe avere lo stesso potere e le stesse responsabilità di Mohammad Yaqoob il 45enne Sirajuddin Haqqani. Quest’ultimo è figlio di Jalaluddin, fondatore della rete omonima e che come ricorda Repubblica fu definito da Ronald Reagan “un combattente per la libertà” ai tempi della lotta contro l’Unione Sovietica. All’organizzazione, protagonista di alcuni degli attacchi più violenti e sanguinosi contro le forze occidentali nel Paese negli ultimi 20 anni di ‘occupazione’, è attribuito anche l’attentato del 2009 a Kabul in cui morirono sei paracadutisti italiani.

Infine Abdul Hakeem, a capo del team di negoziatore Talebani che a Doha firmarono l’accordo con gli Stati Uniti. Anche per lui, come per il mullah Baradar, si prospetta un ruolo di primo piano nel governo del Paese.

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Napoletano, classe 1987, laureato in Lettere: vive di politica e basket.