Il regime cinese sapeva della volontà di Vladimir Putin di sferrare un attacco militare su vasta scala in Ucraina? Ne è convinta l’intelligence americana, che ha ricevuto dai servizi segreti di un Paese occidentale alleato, presumibilmente europeo, l’informazione sulle mosse di Pechino e Mosca.

A scriverlo oggi è il New York Times, che fornisce dettagli importanti di questo rapporto che a Washington è considerato credibile e che inchioda a pesanti responsabilità il governo di Xi Jinping. In particolare nel rapporto citato dal NYT viene indicato che alcuni funzionari cinesi all’inizio di febbraio avevano chiesto alla loro controparte russa di aspettare fino al termine delle Olimpiadi invernali di Pechino (iniziata il 4 febbraio e terminate il 20, nda) prima di sferrare l’attacco in Ucraina.

Il rapporto di intelligence è un pesante atto di accusa nei confronti della autorità cinesi, che quindi sarebbero stato avvisate per tempo delle intenzioni di Putin e che, invece di spingere l’alleato a fare un passo indietro, avrebbero esclusivamente chiesto a Mosca di ritardare l’invasione per non rovinare la storica “tregua olimpica”.

Non solo. Proprio durante le Olimpiadi il presidente Xi Jinping decise di ospitare Putin e di firmare con lui un maxi documento da 5mila pagine per sancire una alleanza ancora più stretta e “senza limiti”, come dichiarato dopo la firma dell’intesa. I due Paesi avevano inoltre puntato il dito contro la Nato, denunciando un progressivo allargamento verso le “zone di influenza” russe e cinesi.

Il tutto accadeva mentre diverse delegazioni diplomatiche occidentali (tra cui Stati Uniti, Australia, Gran Bretagna, Nuova Zelanda e Giappone) boicottavano i Giochi proprio come segnale contro la Cina e le sue violazioni dei diritti umani.

In ogni caso la richiesta avanzata da Pechino ha certamente contributo a non portare a compimento il piano russo di una ‘guerra lampo’ a Kiev: tenere fermi per giorni i militari ai confini dell’Ucraina è costato carissimo a Putin, in termini logistici ed economici.

Sui documenti forniti all’intelligence americana però ci sono interpretazioni discordanti: alcuni analisti sottolineano come a Washington si stia sopravvalutando la possibilità di ‘moral suasion’ da parte di Pechino sull’alleato russo, sull’influenza politico-economica di Xi Jinping su Putin.

Esempio evidente di questa difficoltà non è lontano da Pechino: è il caso della Corea del Nord di Kim Jong-un, con il regime cinese che non è riuscito in questi anni a spingere il dittatore di Pyongyang al disarmo e abbassare così l’attenzione americana sull’area.

In ogni caso l’articolo del New York Times sull’intervento cinese per ritardare l’invasione russa in Ucraina è stato seccamente smentito da Pechino, che lo ha bollato come “completamente falso”. “Simili pratiche di sviare l’attenzione e scaricare le colpe sono spregevoli“, ha commentato il portavoce del ministro degli Esteri cinese, Wang Wenbin.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia