“La pandemia finirà quando ci sarà un buon livello di vaccinazioni fatte e ci sarà una sorta di barriera che molti chiamano ‘immunità di gregge’ e sarà quello il momento in cui usciremo dal tunnel”. Paolo Ascierto, Direttore del Dipartimento di melanoma e Terapie Innovative dell’Irccs Pascale di Napoli è fiducioso che presto l’umanità riuscirà a uscire da questo incubo. “Tutti abbiamo paura – dice fiducioso Ascierto – ma adesso iniziamo a vedere la luce infondo al tunnel perché abbiamo i vaccini. Bisogna fare attenzione e stringere i denti ancora per un po’ perché non dobbiamo mettere pressione sul servizio sanitario Nazionale altrimenti potremmo trovarci in grave difficoltà, quindi ognuno deve fare la sua parte: i sanitari, ma anche i cittadini devono fare di tutto per limitare le occasioni di contagio. Se aumentano i numeri aumentano anche le persone che finiscono negli ospedali e nelle terapie intensive”.

Quello che un anno di pandemia ha reso estremamente evidente è che la ricerca è il migliore investimento per il futuro. In un anno sono stati fatti passi avanti enormi e il tutto anche a grande velocità per riuscire a sopprimere il dilagare della pandemia con risultatati mai visti prima. Ne è convinto il professore che nella sua esperienza da oncologo ha visto morire tanti pazienti di melanoma quando non c’era ancora nessun trattamento valido. “Da 2011 possiamo invece salvare la metà di questi pazienti – racconta – Pensando al Covid non avrei mai immaginato, considerato quali sono i tempi normali della ricerca, di poter ricevere la prima dose di vaccino il 31 dicembre del 2020, meno di un anno. Questo è stato possibile grazie allo sforzo internazionale che ha coinvolto tutti, ricercatori, aziende farmaceutiche, istituzioni, governi.

UN ANNO DI PANDEMIA – Un anno fa quando dalla Cina arrivò questo virus si sapeva pochissimo. Ma la paura era tanta e Ascierto, insieme al suo team riuscirono a dare una prima speranza a tutto il mondo con la proposta di usare il Tocilizumab per contrastare il Covid. “Era Marzo 2020 quando iniziammo a trattare i pazienti all’azienda dei Colli – ricorda Ascierto, senza nascondere una certa commozione – e costatammo che dava sollievo ai pazienti è stata una grande emozione”. In una notte in chat con i colleghi venne fuori l’idea e subito scattò la corsa alle verifiche e alla messa in pratica della cura teorizzata. “Fu una corsa contro il tempo: fu concepito il 9 marzo e l’Aifa ha dato l’autorizzazione a procedere giusto 10 giorni dopo. Ognuno ha fatto la propria parte e alla fine i risultati si vedono“, ricorda Ascierto.  Così il ricercatore diventò il simbolo della lotta al Covid, del ripiegarsi le maniche e fare in un momento in cui tutti si sentivano impotenti e bloccati in casa. “Abbiamo dato l’immagine positiva del fare qualcosa, in un momento in cui c’era tanta paura. Credo che sia stato quello a rendermi un ‘simbolo’, d’altra parte il mestiere del ricercatore è quello di entrare in campo quando il gioco si fa duro”.

Certo il ricercatore sottolinea che avrebbe voluto diventare famoso per la lotta al melanoma ma è orgoglioso di poter mettere a disposizione dei tutti le sue competenze. E la sua scrivania pullula di piccoli oggetti, regali e simboli di quanti hanno voluto ringraziarlo per il lavoro fatto. Ci sono anche i disegni dei bambini che a loro modo lo ringraziano con affetto. Passando in rassegna quei ricordi attaccati alle pareti o appoggiati sul suo tavolo di lavoro fa il punto di un anno di questa pandemia. “L’anno scorso non sapevamo nulla del Covid – dice Ascierto – si navigava a vista sulla scorta di notizie che arrivavano dalla Cina. Era vero tutto e il contrario di tutto. Oggi invece sappiamo molte cose in più”.

I PASSI AVANTI NELLE CURE – E elenca quali sono le cure attualmente a disposizione contro il Covid. “All’inizio della pandemia si utilizzava il Lopinavir e il Rotonavir che sono dei farmaci antivirali per l’HIV, un virus molto simile a quello del Covid – spiega – Ma il risultato fu scarso. Ora abbiamo il Rendesivir che ha delle linee grigie però ha dato una efficacia importante in alcuni casi. Oggi viene utilizzato solo nei pazienti ricoverati. I corticosteroidi sono importanti nel momento in cui bisogna sedare la tempesta citochinica. Non c’è ancora un farmaco in grado di risolvere tutte le situazioni perché il Covid è una malattia che ha diversi step: la parte iniziale dove è importante la replicazione del virus e poi c’è quella della temèpesta citochinica”.

LE CURE A CASA – “Abbiamo sentito parlare di tutta una serie di farmaci, dall’idrossiclorochina agli antibiotici ma si è visto che alla fine non danno poi chissà quale risultato anche se qualcuno lo ha inserito nelle linee guida. Ha senso usare l’eparina soprattutto per le forme più severe. Sono in atto numerose altre sperimentazioni volte a trovare dei nuovi antivirali. Ma il farmaco più importante resta certamente il vaccino: riesce a prevenire il virus evitandone tutte le conseguenze”, ha detto Ascierto che il primo aprile ha iniziato al Pascale la sperimentazione sull’uomo del vaccino italiano Takis Rottapharm.

IL TOCILIZUMAB – “È stato il farmaco che ci ha portato la speranza in un momento fortemente negativo, quando arrivavano notizie bruttissime soprattutto dalle regioni molto colpite, quando si assisteva impotenti a una situazione molto drammatica – racconta Ascierto – È stato il primo tentativo di tirare fuori qualcosa che potesse aiutare”. Siamo certi che il Tocilizumab funziona, lo abbiamo visto sul campo. Purtroppo non funziona in tutti i casi, ma nel paziente giusto al momento giusto: se si riesce a trovare il momento esatto in cui inizia la tempesta citochinica e colpirla, si può avere un miglioramento immediato addirittura nel giro di 24 ore”.

Nei primi studi sul Tocilizumab ci sono stati risultati controversi, ma ora sono sempre più quelli positivi. “È un farmaco che ha una sua utilità – conclude il ricercatore –  non risolve tutti i problemi ma può servire tanto che la Società Americana di Malattie Infettive lo ha inserito nelle linee guida nel trattamento di un certo tipo di pazienti. È un’arma che ci può servire soprattutto per i pazienti più gravi”.

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Giornalista professionista e videomaker, ha iniziato nel 2006 a scrivere su varie testate nazionali e locali occupandosi di cronaca, cultura e tecnologia. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Orgogliosamente napoletana, si occupa per lo più video e videoreportage. È autrice anche di documentari tra cui “Lo Sfizzicariello – storie di riscatto dal disagio mentale”, menzione speciale al Napoli Film Festival.