Una candidatura durata meno di un gatto sull’Aurelia, per restare in tema con l’ambiente romano. Quella di Giuseppe Conte alle suppletive del collegio 1 di Roma, lasciato libero dal neo sindaco della Capitale Roberto Gualtieri, è stata una candidatura lampo spinta probabilmente più dagli alleati del Partito Democratico che dallo stesso leader del Movimento 5 Stelle.

Il 16 gennaio prossimo quindi il nome dell’ex presidente del Consiglio non sarà presente sulla scheda elettorale dei cittadini del centro di Roma chiamati a votare il loro deputato di riferimento. “Ho declinato” la proposta a candidarsi alle suppletive per il seggio alla Camera lasciato libero da Gualtieri, ha spiegato infatti Conte in conferenza stampa a Montecitorio, dove il leader pentastellato ha presentato i Comitati politici del Movimento. Una scelta arrivata, ha spiegato Conte, “dopo un nuovo supplemento di riflessione” che lo ha spinto a declinare perché “in questa fase ho ancora molto da fare per il Movimento 5 Stelle. Non mi è possibile dedicarmi ad altro“.

L’avvocato di Volturara Appula era pressato già dallo scorso weekend dai vertice Dem, in particolare l’ex segretario Nicola Zingaretti e l’attuale Enrico Letta. Una mossa dalla duplice lettura: la prima per rinforzare l’alleanza col Movimento 5 Stelle per quel “campo largo” del centrosinistra che Letta sta cercando con insistenza di creare in vista della prossima scadenza elettorale, che sia nel 2022 o nel 2023, e che dovrà avere i pentastellati come primi alleati.

La seconda lettura è invece legata a una scadenza ben più vicina, quella della partita del Quirinale. L’ingresso di Conte in Parlamento avrebbe potuto guidare con maggiore prese le truppe parlamentari pentastellate, da mesi interessate da guerre intestine.

Un piano probabilmente saltato per la diffidenza di Conte a cimentarsi in una sfida complicata. Contro l’ex premier si è infatti compattato un fronte riformista, quello formato in particolare da Italia Viva e Azione, pronto alla ‘trincea’ pur di non far passare il leader dei 5 Stelle a Roma.

Il più combattivo è stato sicuramente Carlo Calenda, eurodeputato e leader di Azione. “Farò di tutto affinché non vada ai Cinque Stelle, che hanno devastato Roma. Non penso che sia decoroso prendere in giro i cittadini. Farò tutto ciò che è in mio potere, anche arrivare all’impegno personale, se sarà necessario“, ha assicurato Calenda parlando dell’ipotesi di Conte candidato a Roma. Parole al vetriolo poi nei confronti del Partito Democratico: “Non è giusto che forze come il Pd bacino la pantofola al M5s con le candidature”.

Sulla stessa linea si era espresso nella sua enews anche Matteo Renzi. Per il segretario di Italia Viva “se il Pd candida Conte, la candidatura riformista noi la troveremo in ogni caso ma non sarà Giuseppe Conte. Perché il Pd può fare quello che crede, ma regalare il seggio sicuro (a quel punto forse non più sicuro?) al premier del sovranismo, all’uomo che ha firmato i Decreti Salvini, all’avvocato che non vedeva differenza tra giustizialismo e garantismo significherebbe subalternità totale. È un seggio parlamentare, non è un banco a rotelle! Se davvero sarà Conte il candidato del Pd, ci attende una bellissima campagna elettorale nel collegio di Roma Centro”.

 

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia