Le grandi manovre al centro si infittiscono: Italia Viva e Coraggio Italia stanno avviando, a fari spenti, un percorso comune in Parlamento. Per unificare i gruppi? Presto per dirlo. «Lavori in corso, precisiamo. Niente di definito ma la volontà di andare avanti insieme in un dialogo volto alla definizione», dice per IV Ettore Rosato, vice presidente della Camera, al Riformista. Gli strumentisti sono tanti, si tratta di unire le orchestre e provare a suonare lo stesso spartito. Con il debutto per il gran ballo del Quirinale, dove la soluzione concertata può portare i 28 deputati e 17 senatori di Italia Viva a integrarsi con 24 deputati e 7 senatori di Coraggio Italia. Settantasei grandi elettori (più i delegati regionali, si pensi alla Liguria) che formano oggettivamente l’ago della bilancia presidenziale. «E uniti nella sintonia con la guida del governo di Mario Draghi», aggiunge Rosato.

Numeri alla mano, in questo modo si arriverebbe a costituire una ‘forza’ dal peso consistente, in grado di incidere sulle prossime scadenze politiche, a cominciare dalla legge di bilancio e dall’elezione del nuovo Capo dello Stato. Il confronto è in corso, soprattutto al Senato. I contatti si sono intensificati negli ultimi giorni tra Renzi e il capogruppo di Iv a palazzo Madama Davide Faraone da una parte e Giovanni Toti, Paolo Romani e Gaetano Quagliariello dall’altra. Il legame tra Matteo Renzi e il sindaco di Venezia Brugnaro, contitolare insieme a Toti della formazione centrista, è forte. Riavvolgendo il nastro delle ultime settimane, nel discorso conclusivo alla Leopolda Renzi aveva parlato della necessità di rifondare lo spazio del centro: «Penso a Tony Blair, al suo impegno tutto rivolto ad allargare i confini dei laburisti conquistando il voto moderato. C’è chi insiste sull’identità e chi si lancia alla conquista del consenso più largo», aveva incitato i suoi.

I tempi rapidi dettati dall’agenda istituzionale hanno fatto il resto e incoraggiato Italia Viva e Coraggio Italia a procedere a tappe forzate. «Sì, stavolta c’è qualcosa di concreto, non è solo un “annusarsi” o un semplice “ballon d’essai”…» Dalle parti di Coraggio Italia confermano che è stato avviato un dialogo con Renzi per quello che definiscono un “patto di consultazione” per meglio coordinarsi in Parlamento. Primo passo, raccontano, per arrivare a una federazione, sempre a livello di Camera e Senato. Almeno per adesso, poi nel futuro si vedrà. E se vale la proprietà transitiva, della partita sarà anche Clemente Mastella che oggi presenta a Roma, la sua nuova creatura “Noi di Centro”: «Ci guardiamo con simpatia con Toti e Brugnaro», dice, e fa sapere che al teatro Brancaccio saliranno sul palco anche Rosato e Quagliariello. Il cantiere del centro guarda oltre, ad Azione e Più Europa. Se Benedetto Della Vedova smentisce, Carlo Calenda rimane freddo. Da ambienti di Azione si riferisce che è stata apprezzata la correttezza per aver condiviso il progetto ovvero un’operazione con un primo step sul Quirinale, per poi pesare di più nel governo. «Gli abbiamo augurato buon lavoro», si spiega facendo presente che ad Azione non interessa il tema di un centro, ma «una proposta innovativa, di rottura del bipopulismo».

Il dialogo di Calenda sembra ripreso con Enrico Letta, in chiave anti-renziana. Ma gli sguardi sono tutti verso il Colle. Se la costituenda formazione di centro metterà a punto gli strumenti per la metà di gennaio, quella del Quirinale sarà una prima ispirata più a Verdi che a Wagner. A una soluzione di compromesso centrista diventata ancora più urgente con l’insofferenza, trapelata dall’entourage di Mattarella, per chi avrebbe visto nel ddl Zanda sul divieto del bis un sotterfugio per coprire l’ultimo – auspicato – bis. Bizantinismi. Il centrodestra intanto, con Matteo Salvini, ha fatto sapere di puntare dritto su una figura rappresentativa dello schieramento: dietro al nome di facciata di Berlusconi salgono le quotazioni di Marcello Pera, rimangono stabili quelle della presidente Casellati, scendono, causa guai giudiziari di Fontana, quelle di Letizia Moratti. Giorgia Meloni ha chiesto a Salvini e Berlusconi di concordare subito un “piano B” – e magari anche C – per tenere unito il centrodestra nelle chiame successive alla seconda. M5S e Pd, che hanno perso cento parlamentari dal 2018, non possono che esprimere candidati di bandiera. Tra le due ali, sembra ancora il turno di chi saprà condurre la mediazione al centro.

Avatar photo

Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.