La costruzione di un campo liberale e socialista: un cantiere aperto. Il Riformista ne discute con Benedetto Della Vedova, sottosegretario agli Esteri, esponente di punta di + Europa, di cui è stato anche segretario nazionale.

“È ora di unificare le forze. C’è bisogno di una aggregazione liberale e socialista che elabori un progetto, ridia spazio alla politica, rimetta in moto anche le capacità di pensare della sinistra e della destra, dia scacco al qualunquismo…”. Piero Sansonetti chiama in causa anche +Europa. A lei la risposta.
Noi siamo disponibili e non facciamo che dirlo da anni. Abbiamo proposto un approccio federativo tra forze di ispirazione liberaldemocratica, riformista, ecologista, perché ci sembra quello più pragmatico e quindi più concreto e fattibile. Noi siamo disponibili e non facciamo che dirlo da anni. Abbiamo proposto un approccio federativo tra forze di ispirazione liberaldemocratica, riformista, ecologista, perché ci sembra quello più pragmatico e quindi più concreto e fattibile. Torneremo a dirlo in un evento che stiamo organizzando a Milano per il 19 dicembre. Quella a cui lavoriamo è un’aggregazione federativa, radicalmente alternativa ai sovranisti, con un profilo pienamente autonomo. +Europa è un partito dell’Alde (Il Gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali e per l’Europa, ndr) e vedendo quello che succede in Europa e che è avvenuto in Germania con le recenti elezioni federali, pensiamo che sia possibile e quindi necessario un partito che si muova in quell’area lì, per quel che riguarda la dimensione europea. Si tratta di un’area autonoma, europeista, liberaldemocratica, attenta ai diritti civili.

Altro tema molto sentito è quello delle alleanze. In una intervista a questo giornale Ivan Scalfarotto, una delle figure di primo piano di Italia Viva, fa discendere un’alleanza del campo riformista con il Partito democratico da una rottura dell’asse con i 5Stelle. +Europa è dello stesso avviso?
Noi vogliamo che quell’asse si rompa, ma crediamo che al Partito Democratico vada proposta un’alternativa credibile e che abbia delle prospettive, altrimenti restiamo ai proclami. Siamo convinti che le destre oggi rappresentino una minaccia forte, vitale, stanno costruendo un asse pericoloso con le democrature dell’Est, si alimentano ancora della retorica violenta, populista e antieuropea che un tempo aveva fatto la fortuna dei grillini, cavalcano addirittura la propaganda No vax pur di destabilizzare le istituzioni durante l’emergenza pandemica. Dovremmo darci da fare noi, superare le resistenze e i personalismi di quest’area, più che chiedere risposte al Pd, che pure prima o poi dovrà darle. L’idea di +Europa è di costruire un qualcosa, movimento, partito, che non abbia bisogno per definirsi o per esistere di guardare da una parte o dall’altra. Per quel che riguarda il Pd, e questo lo pensavamo per il Conte bis e lo continuiamo a pensarlo oggi, riteniamo che quell’asse così assoluto con il Movimento 5 Stelle, quel matrimonio monogamico tra dem e pentastellati, sia un errore per il Pd e in particolare per la parte riformista di quel partito.

Come smuovere questa convinzione granitica dei dem?
La nostra ambizione è costruire un’aggregazione di forze capace di imporre al Partito democratico una qualche scelta. Noi vogliamo costruire uno spazio liberaldemocratico di alternativa radicale alla destra sovranista, agli amici di Orban e dei Kaczynski. E questo perché un pezzo dell’elettorato, della società italiana, vuole essere alternativo a loro con una chiave liberale seria, europeista. E questo è quello che manca. Ed è quello che si potrebbe fare in modo più efficace e immediato se si riuscisse a dare vita ad un processo di aggregazione.

È così difficile costruire una leadership condivisa, plurale. Non si sfugge all’impressione che nel campo riformista, e non solo, i personalismi abbondano.
Appunto, questo è un problema. Peraltro i personalismi sono quelli che al momento garantiscono maggiore visibilità a chi li incarna. Noi in questi mesi abbiamo fatto battaglie importanti, siamo stati praticamente da soli contro il taglio dei parlamentari, abbiamo promosso due campagne referendarie – eutanasia e cannabis – che hanno mobilitato l’opinione pubblica mentre il Parlamento sonnecchiava, e se in primavera si voterà per questi referendum lo si deve al nostro impegno. Nonostante questo non abbiamo mai preteso di sederci solo a tavoli in cui ci fosse riservato il capotavola. Il fatto è che il racconto di questa possibilità si concentra su alcuni leader e sulle loro rivalità.

Voi siete diversi?
+Europa ha una dimensione meno leaderistica e più politica. La nostra constituency è molto più legata alla politica che al destino delle persone. Mi lasci aggiungere che al di fuori e al di là del confronto, a volte aspro, troppo, tra i leader di Azione e Italia Viva, se noi fissiamo l’attenzione sul lavoro nei territori, sulla politica che ha contraddistinto le elezioni amministrative, allora la narrazione diventa ben altra e molto propositiva. Nella stragrande maggioranza dei casi i gruppi che fanno riferimento a +Europa, ad Azione e a Italia Viva, nella dimensione della politica locale si ritrovano abbastanza facilmente. È successo a Milano, a Roma, è successo a Savona dove alle ultime amministrative si è dato vita a liste comuni. Certo, la politica si fa anche grazie alle leadership, ma ciò che conforta e sprona è constatare che una base comune c’è. Se sarà possibile lo vedremo. Esiste, e a testimoniarlo non sono solo i sondaggi, uno spazio politico-elettorale di partenza consistente. Su questo noi ci siamo. Noi lavoriamo per consolidare + Europa senza la pretesa, direi la presunzione dell’autosufficienza.

Molto si discute e si ipotizza sul futuro politico di Mario Draghi. C’è chi lo vorrebbe al Quirinale e chi invece ritiene che debba continuare a essere sulla plancia di comando di Palazzo Chigi per portare a termine la realizzazione del Pnrr.
Mi verrebbe da dire “no comment”. Dobbiamo arginare la pandemia, accelerare con il Pnrr consolidando le riforme che lo accompagnano, consolidare una crescita di cui proprio ieri l’Ocse ha certificato le dimensioni straordinarie. Lavoriamo su queste priorità, perché queste sono decisive adesso. Questa discussione nevrotica sul Quirinale non fa che acuire ansie e tensioni proprio attorno a Draghi e al suo governo. Io non voglio entrare nella diatriba su dove è meglio che deve stare Draghi, anche perché bisognerà capire nel momento che riterrà più opportuno, ciò che vorrà fare. Io penso che il governo italiano abbia ancora davanti le sfide decisive. Con questo governo abbiamo conquistato una situazione positiva nell’ambito della lotta alla pandemia, vista anche nel quadro europeo, con il Pnrr intendiamo consolidare una crescita sapendo bene che vi sono ancora ci sono rischi da scongiurare, inflazione, costi dell’energia…Ci sono importanti riforme da concludere. La scelta che andrà fatta non può essere quella di dire a Draghi di stare a Palazzo Chigi con l’obiettivo di far concludere la legislatura ai parlamentari. Se il presidente della Repubblica non dovesse essere Draghi, penso allora che l’obiettivo delle forze politiche che lo sostengono non debba essere di tirare avanti comunque pur di evitare le elezioni anticipate, ma quello ben più ambizioso e strategico di costruire una opzione tutta politica che arrivi alle elezioni con l’idea che Draghi possa proseguire.

Che peso dovrebbe avere il garantismo nella definizione di una identità forte nel campo riformista?
Il populismo che ha pervaso l’agenda politica italiana negli ultimi anni è figlia anche dell’ideologia giustizialista e delle scorciatoie manettare alla conquista del potere, che in troppi hanno percorso. Al di là degli slogan, è evidente quindi che un’alleanza che ripudia il populismo non può che fare del garantismo una delle sue bandiere.

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Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.