In Italia esistono, sparse, delle forze e delle idee riformiste. Non sono preponderanti, sicuramente, nello schieramento politico. Sono minoritarie rispetto all’ampio campo populista, fondato sui due pilastri (Lega e 5 Stelle) ma variamente presente anche all’interno degli altri partiti. Però hanno un loro peso e soprattutto sono forse le uniche ad avere qualcosa che assomiglia, almeno un po’, a un progetto politico per il futuro.
Il problema è che queste forze sono divise, spesso litigiose, piuttosto autoreferenziali, un po’ narcisiste. Il territorio è abbastanza vasto: va da settori ampi di Forza Italia a settori del Pd, passando per i vari gruppi, piccoli ma combattivi, come Italia Viva, i radicali, Calenda e altre organizzazioni minori. Probabilmente ci sono anche settori della Lega. È possibile unificare tutte queste energie e mettere insieme un raggruppamento, ricco di dirigenti e di idee, e in grado di raccogliere un discreto consenso elettorale? Io credo che il paese abbia bisogno di questa forza. E addirittura credo che solo il realizzarsi di una aggregazione riformista di questo genere possa ridare forza vitale alla destra e alla sinistra, restituendo alla politica il suo campo, e riducendo, fino ad annullarli, gli spazi per il populismo e l’antipolitica.
La nascita di un vero centro riformista, di ispirazione liberale e socialista, è il passaggio necessario per rompere la stagnazione politica che ormai da una decina d’anni sta paralizzando il paese, e che impedisce la nascita e l’affermarsi di un nuovo ceto politico. Del quale c’è assoluto bisogno per immaginare una ripresa. Quale può essere la mossa che sblocca la paralisi? La scelta di un leader in grado di superare i personalismi e gli egoismi e di assumere su di sé la responsabilità di dirigere e organizzare un processo politico di respiro. Un leader: è questo il problema. Però, quando si dice che c’è bisogno di un leader bisogna uscire dalle chiacchiere. È inutile affermare questa necessità senza fare dei nomi. Perciò avanzo una proposta. Secondo me Maria Elena Boschi è la persona che ha le capacità politiche, la serietà, l’umiltà e il carisma necessari per mettersi sulle spalle una missione così complicata. Non vedo all’orizzonte altri leader con queste capacità. Proviamo a ragionare.
Punto primo: un leader riformista che punti a segnare la vita politica – diciamo – dei prossimi dieci anni, deve venire dal campo del centrosinistra. I partiti del centrodestra possono portare delle idee molto forti e vincenti, e devono farlo, ma la componente socialista, in una aggregazione riformista, è assolutamente prioritaria. Per molte ragioni, di origine nazionale e internazionale. Di storia e di cronaca quotidiana.
Secondo punto. Nell’area del centrosinistra esistono diverse figure di leader di grande spessore. Penso naturalmente a Matteo Renzi, a Carlo Calenda, a Marco Bentivogli, a Emma Bonino. Ciascuno di loro però, insieme a grandi doti politiche e di carisma, è segnato da una storia che ne “mùtila” le possibilità di leadership. Bonino perché è troppo identificata – ed è anche la sua forza – con la storia radicale. Bentivogli perché ha una storia finora limitata alla lotta sindacale. Calenda perché, nonostante la sua straordinaria vivacità intellettuale e politica, ha ancora un passato politico troppo breve. Renzi perché… Renzi perché è Renzi. È un leader giovane, molto amato e molto odiato, che ha fatto tantissime cose importanti nella sua carriera, e – di conseguenza – anche molti errori. È un riformista a 24 carati ma ora deve anche dimostrare la capacità di essere generoso e di rinunciare a qualcosa.
Maria Elena Boschi non ha nessuno di questi handicap. È giovane ma ha già una discreta esperienza politica e di governo. È colta, preparata, limpida e carismatica. Avete ascoltato il suo intervento alla Leopolda? Beh, io l’ho visto come una – credo involontaria – candidatura. Boschi è la persona che può rappresentare l’ideale garantista, l’ideale liberale e l’ideale socialista. Ha capacità di mediazione ma è determinata. ha un carattere d’acciaio, non punta mai sugli eccessi ma non si fa sottomettere. Il modo nel quale ha condotto la sua battaglia contro le sopraffazioni della magistratura e della stampa – che l’hanno colpita anche trasversalmente, secondo il tradizionale metodo mafioso, con gli attacchi a suo padre – è stato esemplare. Boschi è odiata dagli odiatori di professione, e in particolare dal vasto partito qualunquista, che è guidato soprattutto da giornalisti e settori delle procure. Ancora ieri Il Fatto Quotidiano ha pubblicato una vignetta contro di lei che assomiglia a quei disegnini, o messaggini, che ogni tanto si trovano nei cessi dell’autostrada.
Non credo che, nel “piccolo” popolo riformista ci siano veti contro di lei. Penso che è proprio con la sua carriera e con la sua determinazione che si è conquistata il rispetto di tutti, e che oggi può uscire allo scoperto e assumere la leadership. La domanda ora va rivolta agli altri partner. A partire dai due più litigiosi (Renzi e Calenda): siete disposti a “cedere” un po’ del potere e del consenso di quali disponete a favore di Maria Elena Boschi?
© Riproduzione riservata