Sul nostro giornale abbiamo sostenuto, con tanto di prove, che Conte non esiste. Le elezioni amministrative ci hanno dato ragione. Se ne è accorto anche Luigi Di Maio: il suo avversario interno è un ologramma che comunque continua a fare casini in giro. Ieri Di Maio lo ha asfaltato senza però mai nominarlo (se non esiste…). Ha convocato una conferenza stampa davanti al Parlamento e ha sparato a zero. Sul voto: “Il movimento cinque stelle non è mai andato così male. I nostri elettori sono disorientati”. Sull’autoreferenzialità e mancanza totale di autocritica: “Non si possono far risalire i problemi all’elezione del presidente della Repubblica”. Sul governo: “Non possiamo starci e attaccarlo un giorno sì e un giorno no”.

Il ministro degli Esteri pensa soprattutto a Kiev. “Stiamo gestendo – ha detto – una guerra in Ucraina provocata dalla Russia che richiede il massimo sforzo diplomatico. Io non credo che sia opportuno assumere decisioni che di fatto disallineano l’Italia dall’alleanza Nato e dell’alleanza europea”. Conte si deve essere proprio arrabbiato se ha replicato con l’usurata frase: “Non mi faccio dare lezioni da lui”. Il conflitto tra i due è di vecchissima data. Non si sono mai sopportati. Ma oggi c’è un di più. Il Movimento Cinque stelle come lo abbiamo conosciuto è finito. Non si consideri questa come una lotta per la leadership: i pentastellati non esistono più. Spariti. Quello che vediamo è la fine, tragicomica, di una storia politica durata un decennio. Il decennio del populismo, del giustizialismo, degli slogan, delle scatolette di tonno, della rabbia e dei vaffa.

Sì, è vero, come sostengono alcuni di loro: qualcosa hanno fatto. Hanno cambiato il Paese. In peggio. Quello che accadrà nei prossimi giorni ha diverse ricadute. Sul governo che potrebbe perdere l’appoggio di Conte, tenendo dentro Di Maio che a quel punto dovrebbe o conquistare i 5 stelle o creare una nuova formazione. Sul campo largo voluto dal Pd: Letta con chi dei due sceglierà di allearsi? Nascerà davvero una Cosa Rossa con un pezzo di Pd e Conte? Avrà ricadute anche sulla composizione politica generale già terremotata dalla fine della storia politica del Movimento Cinque stelle. Delle vecchie battaglie gli resta solo quella giustizialista e anche lì con qualche piccola contraddizione, considerato che ieri hanno detto sì alla riforma Cartabia. Una riforma timida, inutile, frutto del compromesso tra troppe forze politiche, ma che ha il merito di rimettere al centro il Parlamento e di dare tanto fastidio ai magistrati che hanno anche scioperato. Quei magistrati che sono stati la sesta stella della galassia grillina, quella più luminosa, anche loro ormai non si riconoscono più in un progetto allo sbando. E non sperate in Grillo per rivitalizzarlo: è terminata una fase politica.

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