C’è qualcosa di malato nella specie di coming out da Covid cui chissà perché tanti infetti sentono l’esigenza di abbandonarsi. La pratica è ovviamente più risonante quando l’annuncio è fatto dalla persona famosa, ma un generale clima di incolpazione e penitenziale orienta l’atteggiamento di tanti: come se si trattasse di chiedere salvezza nella confessione di un peccato, pressappoco nell’idea che il virus è un flagello posto a colpire l’irresponsabilità di chi lo sottovaluta.

La verità, che quel clima incriminatorio mistifica, è che gli infetti non sono persone che andavano in cerca di contagio sbaciucchiando gli appestati o avendo in programma di trascurare le dovute misure di protezione: al contrario, più seriamente e senza quest’angoscioso atteggiamento millenarista, bisogna riconoscere che questa malattia c’è e occorre contenerne gli effetti, ma evitando di rappresentarla come la vendetta delle cose supreme che si scarica sull’umanità poco timorata. Il Vip che con gli occhi stanchi e la frase sofferta posta il video della sua quarantena illustra molto bene l’aberrazione del contagio da malaugurato incidente di vita a contrassegno colposo: a seconda dei casi, quel febbrile testimone limita il messaggio alla comunicazione della propria irresponsabile noncuranza (“guardate come sono ridotto, io che ci ridevo sopra”), o invece lascia intendere che con meno negazionisti in giro lui l’avrebbe scampata.

Ma identicamente, nei due casi, contribuisce all’imbastitura di quella rappresentazione oscurantista che fa del sano un virtuoso e del malato una sorta di vittima della dissoluzione propria o altrui. La cosa è tanto più insopportabile perché trova causa in un preciso e corrispondente atteggiamento del potere pubblico, che non fa previsioni sullo sviluppo della crisi non perché non ha gli strumenti per farne o – figurarsi – perché non se ne è dotato, ma perché “dipende tutto dai cittadini”: gli stessi da cui evidentemente non dipendeva nulla né quando li chiudevi tutti in casa né quando ne sbrigliavi la comprensibile voglia d’aria ammassandone venti milioni sulle spiagge incontrollate.

L’approccio colpevolista e auto-assolutorio del potere pubblico ha infatti il doppio profilo della sproporzionata politica sanzionatoria e dell’incalcolata concessione liberatoria, questa e quella in realtà adottate sul medesimo presupposto mistificatorio secondo cui se il governo ha fatto tutto il necessario e questo non basta significa appunto che la colpa è altrove e altrui: a cominciare dal malato che si confessa pubblicamente.