Per qualcuno è solo la punta dell’iceberg, per altri finirà tutto in una bolla di sapone. Certo è che l’inizio di questo agosto, più fresco delle ultime settimane di luglio, si è assai surriscaldato negli ambienti politici e giudiziari romani per questa nuova inchiesta – prima romana ed ora perugina – che chiameremo “killeropoli”.

Di che si tratta? Al momento, a causa (o sarebbe meglio dire grazie) di una denuncia dell’attuale Ministro della Difesa Guido Crosetto, sta emergendo che ci sarebbero state ripetuti accessi abusivi a banche dati molto importanti e delicate da parte di un ufficiale della Guardia di Finanza negli uffici della Direzione Nazionale Antimafia e – da quanto si apprende – anche in quelli delle Fiamme Gialle.

Le banche dati “rovistate” sarebbero quelle relative alle “SOS” (le segnalazioni di operazione sospette) registrate dall’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia: si tratta di segnalazioni spesso automatiche, che riguardano anomalie nelle movimentazioni finanziarie di ogni cittadino italiano, che sia una “PEP” (persona politicamente esposta) o no e che – se correttamente utilizzate – sono uno strumento straordinario per combattere l’evasione fiscale, il riciclaggio di denaro, la corruzione politica e non solo.

A tali anomalie raramente corrisponde un illecito, più spesso sono operazioni assolutamente giustificate, ma è evidente che avere libero accesso alla banca dati che le raccoglie è un elemento che condiziona tutti: chi ne ha accesso, chi riceve le informazioni raccolte ed infine chi di queste informazioni è oggetto e in qualche modo le subisce (o ne potrebbe venire ricattato). Gli accessi abusivi riguarderebbero in realtà anche altre banche dati, altrettanto delicate: parliamo di informazioni sensibilissime che raccolgono la movimentazione bancaria o lo storico assicurativo di ciascuno di noi e che dovrebbero essere utilizzate solo in caso di una inchiesta giudiziaria, con un mandato di un giudice.

Al momento ad essere indagato ci sarebbe unicamente questo sottufficiale della Guardia di Finanza. Ad indagare invece è la procura di Perugia, in capo direttamente al Procuratore Capo Raffaele Cantone, persona ritenuta da molti di grande esperienza e grande autonomia, dopo che un mese fa improvvisamente l’inchiesta era stata spostata dove era nata e cioè a Roma: al momento non è dato sapere se il trasferimento è dovuto al fatto che magistrati della Procura della Capitale siano coinvolti in quanto vittime o in quanto possibili oggetto di ulteriori indagini. Ciò che è certo che sarebbero già “numerose” le persone ascoltate nell’ambito dell’inchiesta e che i documenti esaminati sarebbero “di rilevante quantità”.

Certo, tornano chiaramente alla mente alcune importanti prime pagine di questi anni, che rendevano pubbliche informazioni finanziarie sensibili che dovrebbero rimanere riservate. Per fare un veloce excursus delle più significative: nel novembre 2019 il settimanale l’Espresso rivela un prestito temporaneo che a Matteo Renzi fa un suo amico imprenditore; nel febbraio 2020 è La Verità a segnalare operazioni ritenute “sospette” e risalenti a tre anni prima della fidanzata di Giuseppe Conte; nel luglio 2020 sempre La Verità rende noto un cospicuo trasferimento di denaro tra Rocco Casalino ed il suo fidanzato, costringendo il primo a rivelare la ludopatia del secondo; nel novembre 2021 Il Fatto Quotidiano pubblica in prima pagina il conto corrente di Matteo Renzi; nell’ottobre 2022 il quotidiano Il Domani – gridando al conflitto di interessi – rivela l’ammontare delle consulenze con la società Leonardo di Guido Crosetto, qualche giorno dopo esser stato nominato Ministro della Difesa; nel gennaio 2023 è La Verità a svelare i sospetti dell’antiriciclaggio su alcuni bonifici del calciatore Francesco Totti verso case da gioco estere; in ultimo poche settimane fa sempre il quotidiano il Domani ricostruisce con dovizia di particolari i movimenti di denaro di Daniela Santanché nell’affaire che riguarda lei e le sue società. Nulla fa supporre che tutti questi accessi – a parte quello noto di Crosetto – sarebbero legati a questa inchiesta ma negli ambienti politici si fa notare come ad essere coinvolti siano sempre due o tre quotidiani e pochissimi giornalisti.

Da quanto emerge, ci sarebbero stati accessi alle banche dati su un centinaio di nominativi. Quali sarebbero le altre persone la cui vita patrimoniale e finanziaria è stata messa al setaccio? Politici, magistrati, giornalisti, imprenditori? E visto che in nessun altro caso si è proceduto alla pubblicazione, quale è stato il motivo? Non c’era interesse giornalistico o ci sono state trattative per evitare la pubblicazione?

Ed ancora: si è trattato di un caso isolato, magari in commistione con agenzie investigative border line e qualche giornalista, o esiste una ragnatela ben più vasta, una “killeropoli” che include anche pezzi della magistratura e dei servizi segreti e che forse ha avuto pure una regia politica, oltreché giornalistica? Ed a proposito di servizi, perché il Copasir – come è emerso nella giornata di ieri – se ne sta occupando? Domande assai inquietanti.

L’indagine poi pone questioni decisamente importanti anche al governo ed al mondo politico, che ieri ha commentato la vicenda solo in piccola parte: lo stesso Crosetto che ha parlato di un vero e proprio “dossieraggio” per condizionare la formazione del nuovo governo, i capigruppo di Fratelli d’Italia in sua solidarietà, Matteo Renzi, Raffaella Paita, Enrico Borghi, il ministro Adolfo Urso, che ha ricordato come la sua casella di posta elettronica fu violata nella scorsa legislatura quando era Presidente del Copasir.

Le procedure per l’accesso a queste delicatissime banche dati sono blindate? Esistono ulteriori falle, che si tratti dell’agenzia di recupero crediti che cerca informazioni finanziarie su una persona o di qualcosa di ben più grave? E perché nessuno ha indagato in questi anni sulle numerose fughe di notizie che ci sono state?

L’obbligatorietà dell’azione penale riguarda tutti come stabilisce la Costituzione, o viene esercitata in modo intermittente di fronte a fughe di notizie? Perché, per citare un caso recente ed eclatante, nel caso del sottosegretario alla Giustizia Del Mastro è partita l’inchiesta per la fuga di notizie sul caso Cospito mentre in altri casi è caduto tutto nel limbo?

Insomma, le domande cui l’inchiesta guidata da Cantone deve tentare di rispondere e le azioni che la politica deve mettere in atto per evitare che riaccada nuovamente, sono moltissime. Non resta che aspettarne gli esiti e vedere se, per l’appunto, si tratta di una “killeropoli” o di una passeggera bolla di sapone agostana.

Giornalista, genovese di nascita e toscano di adozione, romano dai tempi del referendum costituzionale del 2016, fondatore e poi a lungo direttore di Gay.it, è esperto di digitale e social media. È stato anche responsabile della comunicazione digitale del Partito Democratico e di Italia Viva