A Mariupol, nello stabilimento siderurgico Azovstal, è in corso quella che appare come una delle battaglie campali del conflitto in Ucraina, ormai giunto al 55esimo giorno. Da questa mattina infatti i militari russi, come annunciato dal comandante della repubblica popolare di Donetsk e portavoce militare dei separatisti filorussi della regione, Eduard Basurin, hanno iniziato l’assedio finale all’acciaieria, diventata da settimane l’ultimo bastione della resistenza alle forze armate russe nella città portuale del Donbass, ridotta in macerie sotto i costanti bombardamenti russi.

Al suo interno vi sono tra le mille e le tremila persone: combattenti stranieri, militi della guardia nazionale, volontari e soprattutto i miliziani del reggimento Azov, il battaglione nazionalista con ‘simpatie naziste’, spesso citato dal Cremlino come segno della necessità di “denazificare” il Paese.

Ultimatum e bombardamenti

Ai militari rimasti all’interno dello stabilimento-bunker è arrivato anche un ultimatum da parte di Mosca: arrendersi e abbandonare lo stabilimento metallurgico, in cambio della vita.

Ma intanto contro l’acciaieria l’offensiva non si è fermata. Il comandante del reggimento Azov, il tenente colonnello Denys Prokopenko, ha denunciato che le forze russe hanno sganciato bombe anti-bunker sullo stabilimento, pur sapendo che civili si trovano ancora nei tunnel dell’impianto.

L’acciaieria labirinto

Obiettivo strategico russo, uno dei più grandi stabilimenti siderurgici d’Europa e affacciata su quel mare che per Mosca è diventato uno “spazio vitale”, l’acciaieria Azovstal è una conquista chiave per il Cremlino. Lo stabilimento però è un vero e proprio bunker per le poche migliaia di militari nascosti al suo interno: oltre undici chilometri di altiforni, edifici e soprattutto cunicoli sotterranei costruiti in epoca sovietica anche per resistere a eventuali attacchi nucleari.

Per le sue dimensioni e i ‘tranelli’ in cui potrebbero cadere le forze armate russe, un attacco da terra della fanteria potrebbe provocare grosse perdite per Mosca, anche se il vantaggio numerico è probabilmente in rapporto di dieci a uno. Non a caso un blitz di questo tipo, tentato da militari ceceni fedeli a Ramzan Kadyrov, sarebbe stato respinto alcune settimane fa dalla resistenza ucraina.

Ma d’altra parte, anche in virtù della ‘pianta’ dello stabilimento, nessun tipo di intervento da parte delle autorità di Kiev potrebbe spezzare l’assedio da parte delle forze armate del Cremlino.

Non è un caso se Andriy Biletsky, fondatore del reggimento Azov, da tempo abbia preparato la difesa dello stabilimento, definito “la fortezza di Azov”.

Bombe bunker e attacchi chimici

Proprio per la difficoltà di conquistare l’impianto con un blitz della fanteria, è probabile che da Mosca vogliano “spianarsi la strada” con bombardamenti aerei o persino chimici.

Dopo le bombe anti-bunker già sganciate stamane, come denunciato dal comandante del reggimento Azov, il tenente colonnello Denys Prokopenko, potrebbe essere il turno di armi chimiche. A dirlo al Guardian è l’analista militare ucraino Oleg Zhdanov: “È l’unico modo per farli uscire,  lo stabilimento Azovstal è uno spazio enorme con così tanti edifici che i russi semplicemente non possono trovarli”.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia