Il suo è un possente, documentato, j’accuse contro coloro che potevano evitare la strage di Cutro e non l’hanno fatto. Se un giorno dovesse esserci una “Norimberga del Mediterraneo” i governanti che hanno permesso questo scempio di vite umane dovrebbero sedere sul banco degli imputati accanto ai criminali trafficanti di esseri umani. La parola a Rossella Miccio, presidente di Emergency.

L’attenzione sulla strage di Cutro. Sabato ci sarà una manifestazione del mondo solidale di cui Emergency è parte attiva, sulla spiaggia che ha accolto decine di corpi senza vita.
Le parole vanno pesate e utilizzate con cura. I settantadue corpi senza vita fin qui restituite dal mare, ma i dispersi sono ancora tanti e alla fine il bilancio potrebbe superare i 100 morti, non sono vittime di una tragedia ma di una strage. Una strage che poteva essere evitata. Persone provenienti in gran parte da paesi come l’Afghanistan, la Siria, il Pakistan, la Somalia, l’Iraq, zone che conosciamo molto bene. Persone che fuggivano da guerre colpevolmente ignorate. In Emergency c’è un dolore profondo per queste vite perse. Perse per scelta.

Una strage evitabile?
Assolutamente evitabile. Noi speriamo che si faccia quanto prima piena luce sulle responsabilità. Qui si parla della vita e della morte delle persone e chi ha delle responsabilità deve assumersele fino in fondo. Noi abbiamo un piano Sar che è fatto molto bene e che prevede diverse fasi. La prima è quella che viene chiamata dell’incertezza. Nel momento in cui, così come Frontex ha segnalato, un barcone stracarico di persone che probabilmente non avevano strumenti, non avevano giubbotti di salvataggio, a quaranta miglia dalle coste italiane, la prima cosa che secondo il piano Sar andava fatta era andare a verificare se quella segnalata era una situazione di pericolo. Lo sanno tutti che in mare da un momento all’altro la situazione può degenerare e un barcone stracarico è per definizione in pericolo anche se non sta lanciando un allarme. Questa cosa non è successa. Dalle 10 di sera alle 4 del mattino quando è stato dato finalmente l’allarme, troppo tardi, c’è questo vuoto di responsabilità estremamente pesante.

Il governo ha secondo lei chiarito cosa è successo?
Noi di Emergency, e non siamo da soli a farlo, continueremo ad insistere perché vengano chiarite le responsabilità, per una questione di giustizia e di dignità. Dignità che è stata negata non solo alle vittime ma anche ai superstiti nelle parole del ministro Piantedosi. Parole che è poco definirle infelici. Quelle del Ministro dell’Interno sono state parole inopportune e vergognose. Evidentemente il ministro Piantedosi non ha chiaro cosa voglia dire davvero la disperazione. La sua è stata una totale mancanza di rispetto, perché se una mamma decide di mettere un bambino su un barcone non lo fa a cuor leggero. In una situazione del genere avremmo voluto sentire dell’empatia. Avremmo voluto leggere nella risposta delle autorità, quel rispetto per la vita di cui il ministro Piantedosi ha parlato in Parlamento ma questa cosa non c’è stata nei fatti e neanche nelle parole, non solo per i morti. Pensiamo infatti ai sopravvissuti che sono da giorni in un capannone al di sotto della dignità. Quel capannone come un girone dell’inferno dantesco. In questa vicenda le falle sono state davvero tante.

E dentro queste falle c’è quella guerra alle Ong di fatto dichiarata dal governo in carica. Con un ministro, Piantedosi, che continua a battere sul tasto delle Ong come pull factor delle traversate nel Mediterraneo. Le navi Ong definite sprezzantemente “taxi del mare” che portano a bordo “carichi residuali”, cioè i migranti.
Su questo ho le idee molto chiare. Più che “taxi del mare” dovremmo essere considerate le “ambulanze del mare”. Anche le parole hanno un loro peso e sarebbe bene cominciare ad usarle in modo appropriato. Le Ong non sono un pull factor. Questo lo dimostrano studi italiani e internazionali, lo dimostrano i fatti. Se davvero l’intenzione è quella di combattere, come è giusto che sia, i trafficanti di esseri umani, va subito detto e riconosciuto che l’unico elemento che facilita i trafficanti è l’assenza di vie legali. Fintanto che le persone non avranno altri modi per scappare, per cercare un futuro più dignitoso, che quello di rivolgersi ai trafficanti, i trafficanti continueranno a lucrare perché sicuramente non hanno nessunissimo rispetto della vita umana. Se davvero l’intenzione è quella di combattere i trafficanti bisogna cominciare a lavorare seriamente su vie legali per far migrare le persone e anche per farle scappare, perché tantissime di queste persone, come quelle della strage di Cutro, scappavano da guerre e persecuzioni. Questi sono i veri nodi che la politica non riesce ad affrontare. Il ruolo delle Ong dovrebbe essere considerato di supporto alle istituzioni e non in conflitto con esse. Se la priorità sono le vite umane allora bisognerebbe mettere a sistema la disponibilità delle organizzazioni internazionali e delle Ong di dare una mano. Tant’è vero che l’Italia ha dichiarato che nella propria zona SAR di competenza è pronta, reagisce. La Guardia Costiera opera dei salvataggi continui, ancora oggi (ieri per chi legge, ndr) sono arrivate oltre mille persone a Lampedusa, tante delle quali tratte in salvo dalla Guardia Costiera italiana.

Questi numeri ci dicono che serve un impegno maggiore.
I morti continuano ad esserci: quelli che non muoiono in mare non vengono salvati ma vengono catturati e riportati in Libia in centri di detenzione che da tempo hanno il bollino nero della violazione sistematica dei diritti umani, certificata e denunciata non solo da noi ma dall’Onu. Servirebbe una missione navale europea di ricerca e salvataggio, e non di una missione europea di chiusura delle frontiere marittime. In assenza di questa, le Ong stanno cercando di dare una mano, ma ancora prima bisognerebbe lavorare seriamente su vie legali di migrazione per gestire un fenomeno che non si può fermare creando muri, barriere, blocchi navali. Per dirla con Lucio Battisti “come può uno scoglio arginare il mare”. È veramente illusorio pensare di continuare a mettere barriere e che queste barriere possano fermare chi scappa e cerca un futuro dignitoso.

Una delle barriere che il governo italiano cerca di realizzare è quella di individuare sulla sponda sud del Mediterraneo, autocrati disposti a fare il lavoro sporco al posto nostro. I Gendarmi del Mediterraneo. Vale per la Turchia, la Libia, l’Egitto e ora anche la Tunisia.
Spendendo anche tantissimi soldi. Soldi europei, soldi italiani, soldi delle nostre tasse che magari invece di andare a finanziare i campi di detenzione in Libia potrebbero essere usati per gestire un sistema di accoglienza e integrazione più dignitoso, che sia reale. Anche se si vuole tralasciare il tema dei diritti umani, ce lo stanno dicendo tutti che l’Europa ha bisogno di ripopolarsi e di avere persone che possano contribuire allo sviluppo economico del continente. C’è una miopia assoluta, oltre che l’ingiustizia assoluta. Finanziare gendarmi che tutto sono tranne che garanti dei diritti umani è non solo ingiusto ma anche controproducente. E questo ci lega mani e piedi a delinquenti che continuano a tenere l’Italia, l’Europa sotto scacco con richieste sempre più esose. E noi stupidamente, colpevolmente ,continuiamo ad assecondarli invece di avere una politica che sia basata sul rispetto dei diritti umani che magari stimoli anche loro a sviluppare sistemi diversi da quelli dittatoriali e a garantire un passaggio sicuro, legale che li porti in salvo.

Lei parlava di giustizia e verità per le vittime della strage di Cutro e per le innumerevoli altre che hanno fatto del Mediterraneo il “Mare della Morte”. Ma se un giorno ci dovesse essere una “Norimberga del Mediterraneo” sul banco degli imputati non dovrebbero esserci solo i criminali trafficanti di esseri umani.
Spero di no, Nel senso che questi trafficanti sono collusi con governi vari ed eventuali. E anche questo è ormai certificato non soltanto da noi ma anche dalla Corte penale internazionale che si è espressa in tal senso dichiarando che ha competenza ad indagare perché ci sono crimini contro l’umanità in Libia. Le responsabilità non sono solo di questi criminali, ma ci sono anche responsabilità della politica europea e italiana, in particolare dal 2017 ad oggi e quindi non è questione di un colore politico piuttosto che un altro. Responsabilità gravissime. Perché hanno considerato spendibili la vita e i diritti di centinai di migliaia di persone che vengono considerate cittadini di serie b rispetto a noi, carichi residuali per l’appunto. Questa è una responsabilità politica epocale, molto, molto grave.

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Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.