Una seconda inchiesta sul naufragio di Cutro, in Calabria, dove alle prime luci del mattino di domenica 26 febbraio sono morte almeno 70 persone. L’ha aperta la Procura di Roma come atto dovuto a seguito dell’esposto presentato dai parlamentari Ilaria Cucchi, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, tutti dell’Alleanza Sinitra-Verdi.

Il procedimento è stato rubricato a modello 45, ossia senza indagati e ipotesi di reato. Nell’esposto si chiedeva ai pm capitolini di valutare le responsabilità ministeriale in relazione alla macchina dei soccorsi. In base a quanto si apprende i magistrati di piazzale Clodio dovranno valutare, dopo avere studiato l’esposto, se inviare per competenza territoriale l’incartamento ai colleghi della procura di Crotone.

Una piccola barca sovraccarica soprattutto in un mare che ha costretto due navi militari a tornare indietro, non può che essere in pericolo. L’evento doveva dunque essere classificato immediatamente come caso Sar“, si legge nell’esposto presentato la scorsa settimana dall’avvocato Fabio Anselmo a nome dei parlamentari.

Riteniamo che sia necessario approfondire se vi siano state disposizioni ministeriali che abbiano impedito l’uscita in mare della Guardia Costiera – aggiungono i parlamentari, assisti dall’avvocato Fabio Anselmo -. Non si può escludere che esista anche una responsabilità superiore considerato che la Guardia Costiera dipende dal ministero dei Trasporti mentre il ministero degli Interni è diventato ‘supercoordinatore’ di sbarchi e soccorsi dei migranti“, si sottolinea nella denuncia ora al vaglio dei magistrati capitolini coordinati dal procuratore capo Francesco Lo Voi.

Sotto accusa anche i soccorsi via terra

Ma sul fronte giudiziario relativo alla strage di Cutro va segnalato anche un altro ‘bubbone’. Come rivela oggi Repubblica, i familiari delle vittime del naufragio denunciano possibili “mancanze” nella macchina dei soccorsi italiana anche via terra.

Affidandosi ad un pool di legali di grido che ha deciso gratuitamente di assistere una decine di famiglie delle vittime che si costituiranno parte civile nel procedimento, si chiede di far luce sui possibili ritardi dei soccorsi e se questi possano tradursi in responsabilità penali.

Quanto alle tempistiche, si parla di trenta minuti: dalle 4 del mattino di domenica, orario presunto del naufragio, alle 4:35 quando una macchina dei carabinieri arriva per prima sulla spiaggia di Steccato di Cutro. Un enorme lasso di tempo in cui potevano essere salvate delle vite, in particolare quelle dei bambini morti nell’acqua a poche decine di metri dalla spiaggia di Cutro.

Repubblica spiega ancora come l’obiettivo del pool di avvocati, che comprende Luigi Ligotti, Mitja Gialuz, Vincenzo Cardone e Francesco Verri, sia quello di portare nell’inchiesta il tema delle responsabilità politiche emerse per verificare se possano tradursi in responsabilità penali. “Queste morti si potevano e dovevano evitare? È presto per giungere a conclusioni ma i primi dati raccolti dicono di sì“, spiega l’avvocato Verri.

Redazione

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