Conosco abbastanza bene il ministro Piantedosi. Ci siamo visti diverse volte in un clima sereno e di amicizia. Penso che sia un’ottima persona. Alla luce dei fatti di Cutro, però, penso anche che sia un pessimo ministro dell’Interno. Credo che abbia commesso degli errori madornali, insieme al collega Salvini, forse spinto dallo schieramento politico al quale appartiene, forse per scelte autonome. I fatti sono chiarissimi e non discutibili.

Il mancato intervento della Guardia Costiera per soccorrere una barca in difficoltà a 40 miglia dalla costa calabrese è assolutamente inspiegabile ed è costato forse 70, forse, 90, forse cento morti. Di fronte a cento morti non si può sfuggire alle proprie responsabilità né cambiare discorso. Sostenere, come ha fatto Piantedosi, e come sta facendo tutto il governo, che il problema è come fermare le partenze, come facilitare i rimpatri, come collaborare con l’Europa, come catturare e processare gli scafisti, è pura follia. Ci sarà tutto il tempo per discutere di queste cose, e dividersi – eventualmente – e scontrarsi.

Ora però è sul tappeto una domanda semplicissima e che brucia: perché i naufraghi non sono stati soccorsi da uno Stato che aveva tutti i mezzi per soccorrerli e salvarli? Perché sono morte quasi cento persone? Quattordici bambini, o forse di più? Se non si risponde a questa domanda si assume una responsabilità gigantesca di fronte all’ecatombe. Nessuno pensa che ci sia stata malafede. Non hanno nessuna importanza le polemiche politiche, le forzature. Neanche capitan Schettino era in malafede, quando ha portato la sua nave a infrangersi contro gli scogli del Giglio, per imperizia, per irresponsabilità, per errore di calcolo. Ma questo non vuol dire che se giudichiamo il disastro della Concordia ci mettiamo a disquisire su come sono organizzate le crociere. Parliamo solo delle responsabilità del capitano. Qui il capitano era il ministro dell’Interno, insieme al ministro Salvini, che ha la direzione della Guardia Costiera. Loro devono rispondere.

E in modo non astioso, e senza condanne morali, che sono assurde, il mio consiglio – davvero amichevole – ai due ministri è quello di rassegnare le dimissioni. Abbiamo imparato in questi anni che ci si dimette per il sospetto di una mazzetta, di una raccomandazione, di un po’ di voti presi in ambienti incerti. Abbiamo visto uno dei più importanti capi della repubblica messo alla porta del Senato per un ridicolo reato di evasione fiscale che lui non aveva commesso. Recentemente sono state chieste le dimissioni di uno come Donzelli per il suo attacco insensato al Pd. Bene, amici miei, qui invece non stiamo parlando di parole, stiamo parlando di una strage – una strage di Stato – che poteva essere evitata. Il silenzio non è ammesso. Il silenzio è vergogna.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.