La Lega chiede la stretta sui migranti
Meloni fa scudo umano su Piantedosi, ma le opposizioni chiedono le dimissioni
Blindare Piantedosi. Contrattaccare con un nuovo pacchetto immigrazione in due sensi, punitivo con gli scafisti e più inclusivo con i flussi di migranti e con chi è già sbarcato in Italia. Tentare l’operazione di recupero immagine dopo dieci giorni di silenzio doloso convocando il consiglio dei ministri giovedì pomeriggio a Cutro, il paese che si affaccia sulla spiaggia del naufragio. “Triste propaganda” l’ha bollata il verde Angelo Bonelli. Non è in agenda invece la visita, anche in forma privata, della premier Meloni.
Nonostante la richiesta del sindaco di Crotone Vincenzo Voce: “Caro Presidente, venga qui per favore, almeno in visita privata, almeno come mamma a consolare il dolore di altre mamme…”. Giorgia Meloni seppe andare in poche ore a Palermo per festeggiare e onorare la cattura di Matteo Messina Denaro. È vero che lo scorso mercoledì pomeriggio è partita per un’importante missione all’estero, prima al G20 in India e poi ad Abu Dhabi. Ma da domenica 26 a mercoledì primo marzo, la premier non ha trovato il tempo per mettere la faccia del suo governo su una tragedia che interpella le coscienze di tutti, da Bruxelles ad Atene passando per Roma e il suo governo.
Le opposizioni, intanto, si cucineranno a fuoco lento il ministro dell’Interno cercando di metterlo nell’angolo “tra inefficienze operative e inadeguatezze lessicali e politiche”. Persino il ministro Urso ieri ha ammesso “qualche parola inappropriata da parte del ministro”. Chiederanno, nuovamente, oggi le sue dimissioni. Ma non è ancora il tempo di una mozione di sfiducia. “Che è un atto specifico che non possiamo rischiare di bruciare così” spiegavano ieri la capogruppo del Pd Debora Serracchiani e Federico Fornaro. “Intanto domani avremo molte cose da chiedere al ministro dell’Interno. Vedremo se e come saprà rispondere”. Anche le altre opposizioni – dai 5 Stelle al Terzo Polo e +Europa – hanno una lunga serie di domande per il titolare dell’Interno.
La mozione di sfiducia, nel caso, è un piatto che va consumato lentamente. Anche perché s’incrocia in modo sottile e velenoso con l’inchiesta della magistratura, al momento a carico di ignoti, sulla dinamica dei soccorsi di quella maledetta notte tra il 25 e il 26 febbraio in cui sono morte 71 persone di cui quindici bambini e almeno una trentina sono ancora i dispersi. La vera Fase 2 del governo Meloni inizia oggi, archiviato il successo delle destre delle regionali e preso atto del nuovo corso Pd a guida Schlein pronta a prendere la guida delle opposizioni. Ed è un inizio tutt’altro che facile: il ministro dell’Interno è sulla graticola – dopo i casi Donzelli-Delmastro (indagato) e Valditara, il ministro dell’Istruzione – e per quanto la premier lo abbia blindato (“che noia le opposizioni che chiedono ogni giorno le dimissioni di un ministro”) e “smentito divergenze di linea”, quella che inizia oggi sarà una settimana difficile per Giorgia Meloni. La tragedia di Cutro può diventare il “cigno nero” nella parabola dorata del governo Meloni.
La linea del ministro Piantedosi è stata in parte anticipata dalla premier. “L’agenzia Frontex non ci ha segnalato l’imminente pericolo. È surreale pensare che non volessimo salvarli. Dall’inizio dell’anno abbiamo soccorso in mare più di novemila persone”. Lo schema è chiaro: lo scaricabarile proverà a mettere nell’angolo l’Europa (Frontex è l’agenzia europea che pattuglia i confini marittimi dell’Unione) che non fa nulla per condividere l’emergenza sbarchi, ancora meno per cambiare la normativa di permessi ed asili o rendere efficaci i rimpatri. Cercherà poi, Piantedosi, di rilanciare con la prevista azione del governo alla voce lotta all’immigrazione clandestina: pene più dure per gli scafisti, norme più celeri per l’asilo, quote flussi certe (oltre, quindi, gli 83 mila all’anno previsti già adesso con dpcm di fine 2022), incentivi ai paesi che facilitano i rimpatri e impediscono le partenze di irregolari. Sarebbe prevista anche una rivisitazione del sistema di accoglienza (smantellato ai tempi del Conte 1) e una sorta di non meglio definito istituto per “la protezione internazionale”.
È chiaro a tutti che la svolta può arrivare solo dall’Europa e una volta di più Bruxelles dovrà ascoltare le richieste che arriveranno giovedì quando ci sarà la riunione del Consiglio europeo dei ministri dell’Interno. Venerdì scorso, in occasione del vertice dei Paesi del Med5 (Italia, Cipro, Grecia, Malta e Spagna) è stato prodotto un documento chiaro: contrastare le partenze irregolari dei barconi, rafforzare i rimpatri, aumentare con Frontex la sorveglianza dei confini. Ma questa sarà la parte “facile” dell’informativa. Assai più difficile sarà la ricostruzione dei fatti, della catena di comando e delle scelte fatte. Le opposizioni incalzeranno il ministro dell’Interno con domande specifiche e non è difficile immaginare che l’aula della Camera si trasformerà in un’aula di tribunale. Vorranno sapere perché la segnalazione di Frontex è stata sottovalutata tanto da far partire un’operazione di polizia (law enforcement) – con regole d’ingaggio, aree di intervento e mezzi non idonei al soccorso ma solo ad intercettare trafficanti – invece che di soccorso (search and rescue).
Eppure la segnalazione che Frontex la sera del 25 febbraio alle ore 23 e 05 invia a 27 indirizzi mail conteneva almeno cinque dettagli allarmanti che sono stati invece ignorati. Eccoli: la telefonata in Turchia di un satellitare turco dalla nave segnalata in mare; gli oblò del caicco turco aperti (col rischio di imbarcare acqua) segno evidente che nella pancia dell’imbarcazione occorreva garantire la circolazione d’aria; probabile presenza di persone alloggiate sotto il ponte della nave (dove ci sono le bocchette aperte) rilevate a distanza dai termo scanner; l’assenza di giubbotti di salvataggio; la presenza di un uomo sopra coperta. Cinque indizi che fanno concludere che quell’imbarcazione era molto probabilmente carica di clandestini imbarcati su un mezzo di fortuna a 40 miglia dalla costa e in mezzo a onde alte tra i 3 e i 4 metri. Eppure – e questa sarà la domanda chiave delle opposizioni – è stata decisa un’operazione di polizia invece che di salvataggio. Chi lo ha deciso e perché?
Il Movimento 5 Stelle ha provato a tirare in ballo il ministro dei Trasporti Matteo Salvini da cui dipende la Guardia Costiera, i professionisti addetti al salvataggio in mare. Ma il leader della Lega non ci sta (“ho fiducia in Piantedosi e nel Papa” ha detto ieri al limite della blasfemia) perché sa bene – ha cambiato lui la norma nel 2018 – che il centro di tutte le decisioni è il Centro coordinamento nazionale (Ncc) che ha sede al Viminale, dipende dal ministero dell’Interno e coordina Mrcc (la centrale operativa della Guardia costiera) e Icc (la gemella della Guardia di finanza e destinata alle operazioni di polizia).
“Salvare vite era il nostro vanto. Poi la politica ha fermato tutto” ha detto nei giorni scorsi l’ammiraglio Vittorio Alessandro, ex portavoce del Comando generale delle Capitanerie di porto. Quanto sono pesate nelle scelte di quella notte 4-5 anni di propaganda contro le ong, i “taxi del mare”, slogan del tipo “non vanno fatti arrivare”, “porti chiusi”, eccetera, eccetera? Euromedia research di Alessandra Ghisleri ha pubblicato un sondaggio in base al quale per un italiano su tre la politica è responsabile della tragedia di Cutro. Ecco perché il naufragio può diventare il “cigno nero” nella parabola dorata del governo Meloni.
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