I toni apocalittici dei mesi scorsi sono lontani. Niente lanciafiamme ma serenità, sebbene accompagnata da una sana dose di prudenza, anche davanti alla variante Delta. Non cambiano, invece, gli scivoloni ai quali Vincenzo De Luca ha abituato gli spettatori del suo videomessaggio del venerdì. Ieri sono stati (almeno) due. Il primo: secondo il governatore la recrudescenza del Covid non deve angosciare; per stessa ammissione di De Luca, però, l’aumento dei contagi rischia di relegare nuovamente la regione in zona gialla.

Una contraddizione evidente, dunque, di cui lo Sceriffo attribuisce la responsabilità al ministro Roberto Speranza e al commissario Francesco Paolo Figliuolo, “rei” di non garantire alla Campania il giusto numero di vaccini. Secondo scivolone: De Luca chiede al Governo di fare chiarezza sul valore del green pass nazionale e ironizza sulla norma ad hoc alla quale Draghi & co. stanno lavorando su sollecitazione del Garante della privacy; nulla dice, però, sul valore praticamente nullo della card vaccinale campana per la quale Palazzo Santa Lucia ha già sborsato tre milioni di euro. Possibile? Possibile che la confusione regni sovrana a 16 mesi dallo scoppio della pandemia nel nostro Paese? Sì, se si pensa che l’Italia e la Campania sono di fatto privi di punti di riferimento.

La considerazione emerge dal sondaggio sulla popolarità dei leader politici realizzato da Demos per Atlante Politico e pubblicato ieri da Repubblica. De Luca fa il suo ingresso nella graduatoria che vede saldamente in testa il premier Mario Draghi col 77% di gradimento. Il presidente campano si piazza al 13esimo posto con un discreto 39%, a un soffio dal segretario dem Enrico Letta e sopra leader nazionali, come Beppe Grillo e Matteo Renzi, e ministri in carica, come Luigi Di Maio. I governatori di “marca Pd”, tutto sommato, sono messi bene in classifica, se si pensa che Bonaccini è ottavo col 44% di gradimento e Zingaretti è undicesimo col 42. Complessivamente, però, il sondaggio di Demos restituisce la fotografia di un Paese privo di un baricentro politico, cioè senza punti di riferimento precisi. A livello nazionale, l’incertezza premia Draghi che viene visto come “àncora di salvezza” da un numero sempre più cospicuo di italiani e raggiunge percentuali di gradimento bulgare. Il Pd risulta ormai privo di una leadership dominante se si pensa che il segretario nazionale si colloca a metà classifica ed è preceduto da Paolo Gentiloni (primo dei dem, ma comunque solo sesto), Bonaccini, Dario Franceschini e Zingaretti.

Messe insieme, le contraddizioni di De Luca e la classifica pubblicata da Repubblica dimostrano che è proprio la mancanza di punti di riferimento saldi e credibili a generare la confusione che paralizza la Campania e il resto dell’Italia. Nella polemica a oltranza tra De Luca e Speranza c’è il nodo non risolto di chi deve gestire la pandemia: le Regioni, che finora hanno svolto un ruolo di primo piano, oppure il Governo nazionale, come ha sostenuto la Consulta ricordando che la profilassi internazionale è materia di competenza esclusiva dello Stato? Le parole di De Luca, però, sono anche il risultato di un Pd tanto debole da non riuscire a contenere le sfuriate del suo massimo esponente campano contro un esecutivo di cui gli stessi dem fanno parte. Dunque «grande è la confusione sotto il cielo», come osservava Mao. Peccato che, nel nostro caso, la situazione non sia affatto «eccellente».

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.