Era prevedibile. Il Tar della Campania ha sospeso la sua ordinanza, ha riaperto le scuole, abbassando il volume del solito ritornello: “Questa è casa mia e qui comando io”, e così lui ha dato il via al cabaret, oggetto di scherno è il presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghi. Dopo il generale Figliuolo, ora tocca a lui. L’autore del canovaccio, invece, è sempre lo stesso: Vincenzo De Luca. Siamo abituati alla sua ironia al veleno, alle sue dirette Facebook stracolme di parolacce dette a mezza bocca e di battutine dal ghigno di chi è sempre più intelligente e furbo degli altri. Questa volta il presidente pare sia piombato in un delirio di onnipotenza, scatenato contro il governo, però, dimentica di dire una parola sulla sua sanità “modello di efficienza che ha conseguito risultati straordinari”, modello che però il Tar ha bocciato.

“Le rappresentate difficoltà del sistema sanitario regionale – si legge nelle motivazioni del Tar – lungi dal giustificare l’adozione della misura sospensiva, dimostrano piuttosto la carente previsione di adeguate misure preordinate a scongiurare il rischio, ampiamente prevedibile, di “collasso” anche sul sistema dei trasporti; con la conseguente confermata impossibilità di qualificare contingibile una misura dichiaratamente volta a evitare un pericolo ampiamente prevedibile solo a voler considerare il recente passato”. Il presidente della quinta sezione del Tar regionale Maria Abruzzese non usa mezzi termini e scrive nero su bianco che la decisione di De Luca di rinviare al 29 gennaio la riapertura delle scuole è inopportuna. Sembra, piuttosto, che il presidente abbia firmato l’ordinanza per non rischiare di assistere al verificarsi di una situazione drammatica a causa di una gestione non corretta dell’emergenza sanitaria. Ma tutto questo De Luca l’ha letto e ha preferito sorvolare. Meglio attaccare il Governo, che insieme con i genitori no Dad aveva presentato ricorso per far tornare in classe gli alunni campani.

Meglio prendere in giro il premier Mario Draghi. «Se può fare piacere – ha detto De Luca a margine del consiglio regionale – anche la Campania da oggi può dire che va tutto bene, è tutto aperto, il Covid è un raffreddore e se volete posso anche giurarvi di aver visto il presidente Draghi camminare sulle acque del Tevere». Certo, De Luca fa sorridere, perfino Maurizio Crozza, storico imitatore del presidente campano ha detto che è impossibile imitarlo e far ridere più di quanto faccia lui stesso, e inizialmente forse la sua “ironia” poteva anche far piacere, ma ora appare fuori luogo, soprattutto se spedita all’indirizzo del presidente del Consiglio dei Ministri. Un po’ fuori luogo, se si considera anche la situazione emergenziale che stiamo vivendo. Oltre al sarcasmo De Luca ha riservato al premier anche una critica “seria”. «La conferenza di Draghi? Insopportabilmente demagogica – ha commentato De Luca – oltre che sconcertante perché all’inizio della conferenza stampa ha delimitato il recinto nel quale i giornalisti potevano muoversi. È francamente incredibile che il presidente del Consiglio dica ai giornalisti le domande che possono fare e quelle che non possono fare. Queste cose avvengono nelle democrazie cosiddette “protette”» ha aggiunto De Luca.

Siamo d’accordo, ma a dirlo è il governatore che comunica con i cittadini tramite dirette Facebook nelle quali propina monologhi senza alcuna possibilità che gli vengano fatte domande, lui parla, noi ascoltiamo. E ancora: «Draghi ha scelto un obiettivo di comodo – rimarca De Luca – parlare per mezz’ora candidandosi anche lui a iscriversi nel club degli sfondatori di porte aperte, chi gliel’ha chiesta la didattica a distanza? Ho trovato sconveniente – ha aggiunto – che non ci sia stata una risposta di merito al problema limitato posto dalla Regione Campania: due settimane di respiro, limitate alle elementari e alle medie, per organizzarsi al meglio». Ecco, forse è arrivato il momento di organizzarsi. Senza più alibi.

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.