RearmEurope, i contrari
Debito comune per rilanciare l’industria della Difesa? No (e ni) da Olanda e Germania, doccia fredda per Ursula
Il ni è arrivato dal ministro delle Finanze tedesco Jörg Kukies, che si è detto invece favorevole ad appalti congiunti. Più categorico il collega olandese, Eelco Heinen: “Esploriamo i mezzi che abbiamo all’interno delle regole in vigore”

Germania e Olanda rovinano l’entusiasmo autocelebrativo di Ursula von der Leyen che, in un’inusuale conferenza stampa domenicale, aveva voluto fare il punto di situazione sui primi cento giorni della sua commissione. Industria, agricoltura, cyberspazio, ma anche la creazione di un collegio di sicurezza e quindi difesa comune erano stati al centro dell’incontro stampa, in cui von der Leyen aveva ribadito che a questa commissione spetta il duro compito di riformare l’Europa.
«La direzione era sempre chiara. Ciò che è cambiato è il senso di urgenza», aveva detto. In realtà, nella “nuova era” che Bruxelles si appresta ad avviare in antitesi – o comunque in una contrapposizione sufficientemente efficace – al nuovo ordine mondiale degli Usa, è stato ribaltato anche l’ordine delle priorità. Il tema della difesa comune, infatti, era sì nella “to do list” che von der Leyen aveva presentato alla prima seduta del nuovo parlamento, ancora prima dell’estate. Ma non era così in cima. Addirittura oggi la sicurezza del continente rappresenta il propulsore del rilancio dell’industria come anche il blocco di partenza per ristrutturare l’impianto finanziario Ue.
Da qui il RearmEurope, approvato da 26 su 27 membri del Consiglio Ue, con anche l’ipotesi di ricorrere all’articolo 122 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione, per bypassare il Parlamento e così far entrare in funzione il progetto di armamenti in tempi rapidi. Come pretende Trump. Così come l’annuncio della Presidente della Commissione su X – quindi alla maniera di Trump – per cui questo mese sarà presentato il piano per la creazione dell’Unione del Risparmio e degli Investimenti: «Trasformeremo i risparmi privati in investimenti necessari. E lavoreremo con i nostri partner istituzionali per farli decollare».
Ieri però, la doccia fredda. A margine dell’Eurogruppo, Olanda e Germania hanno messo le mani avanti. Niente eurobond, niente debito comune per rilanciare l’industria della difesa. Lo ha detto il ministro delle Finanze tedesco, Jörg Kukies (socialdemocratico), dicendosi invece favorevole ad appalti congiunti, o a prestiti europei da restituire. Più categorico il collega olandese, Eelco Heinen: «Esploriamo i mezzi che abbiamo all’interno delle regole in vigore». Il fondo ad hoc per la difesa “Safe”, da 150 miliardi, funzionerà tramite prestiti anziché sovvenzioni a fondo perduto. Sulla traccia del predecessore “Sure” introdotto durante il Covid. Altri dettagli non ce ne sono, ma il fatto che von der Leyen non abbia escluso l’emissione di eurobond ha dato il La perché i Paesi Bassi confermassero l’intransigente frugalità che li ha contraddistinti in questi anni. Una linea dura, però abbondonata anche Mark Rutte. Ora che è Segretario Nato, l’ex premier olandese osserva le cose da un’altra prospettiva e si rende conto che le minacce esterne alla libertà e alla democrazia valgono bene la flessibilità dei conti pubblici.
A Berlino, invece, è evidente che la formazione del prossimo governo sia ancora in fase negoziale. Di un fronte a un Merz disponibile, i socialdemocratici mettono le mani avanti. Un po’ per lo stesso motivo dell’opposizione pacifista del Pd in Italia al RearmEurope. Un po’ perché, in tedesco, debito e colpa hanno la stessa radice semantica (Schuld). Difficile smontare un pregiudizio quando la lingua ti dice che se sei debitore sei pure colpevole. Va aggiunto che se i frugali aprono al debito comune, Bruxelles, come anche i singoli Paesi membri Ue, devono dare delle garanzie a prova di bomba. Dopo i quattro anni previsti della sospensione delle regole del patto di stabilità – proposta tutta da approvare – cosa succederebbe? «Cambiare le regole si può, ma servono le giuste definizioni», ha detto ancora Kukies, smorzando in qualche maniera il suo no.
D’altra parte, l’industria tedesca ha bisogno proprio di questa liquidità per riprendersi. RearmErurope potrebbe incentivare la produzione dell’industria della difesa europea e contenere le importazioni. Questo andrebbe a tutto vantaggio del manifatturiero tedesco. Stesso discorso per le infrastrutture, che richiedono una spesa pubblica significativa. Certo, bisogna uscire dalle regole del patto di stabilità. Il debito comune resta dunque l’architrave della riforma dell’Unione europea. Raggiunto questo obiettivo, tutto il resto apparirà più semplice. La stessa rinuncia di una quota di sovranità, da parte dei governi nazionale, in difesa e politica estera sarà una passeggiata di salute rispetto alla sovranità che verrebbe a mancare mutualizzando il debito e superando i vincoli di bilancio.
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