Quello dei detenuti con problemi psichiatrici è un dramma nel dramma. La storia di Mariano Cannio, il 38enne in carcere con l’accusa di aver preso in braccio il piccolo Samuele Gargiulo per poi lasciarlo cadere nel vuoto dal balcone della casa dove lavorava come domestico, riaccende i fari su una questione delicata e ancora poco discussa. Da lunedì Cannio è in cella, sarà in isolamento per i primi dieci giorni come prevede la normativa anti-Covid per poi essere recluso assieme ad altri detenuti. Per lui inquirenti e difensore stanno valutando un incidente probatorio e una perizia psichiatrica per valutare le condizioni di salute mentale e il grado di capacità di intendere e di volere.

Nel carcere di Poggioreale, però, non c’è un’articolazione specifica per detenuti con problemi di salute mentale. Eppure dalla relazione annuale del garante regionale dei detenuti emerge che ogni anno, nel carcere cittadino, transitano o restano reclusi centinaia di detenuti coinvolti in percorsi psicologici o seguiti, prima della carcerazione, da servizi di salute mentale. Come nel caso di Mariano Cannio, in cura, secondo la testimonianza che ha fornito agli inquirenti, presso il centro di Santa Maria Antesaecula e ora al centro di un caso giudiziario e mediatico per via di un reato terribile, la morte di un bambino. Caso giudiziario, perché ci sono indagini in corso e si cerca di risalire al movente dell’omicidio, e caso mediatico, perché il clamore creatosi attorno alla tragedia ha fatto sentire schiacciati non solo Cannio ma anche la famiglia della vittima e i residenti nella zona della tragedia che sono arrivati a chiedere «per pietà» di smetterla con foto e video.

Il garante regionale dei detenuti Samuele Ciambriello parla di «populismo penale e politico» pur riconoscendo la assoluta gravità di un reato come l’omicidio. Il garante conosce bene i drammi e le criticità del mondo penitenziario, soprattutto quando si affronta il tema della  salute mentale. «In tutte le carceri della Campania – afferma – ci sono decine e decine di detenuti di cui sappiamo poi che erano in cura presso dipartimenti di salute mentale. Ma non in tutte le carceri ci sono articolazioni dedicate alla salute mentale». Ed ecco che il cortocircuito, la criticità, il dramma è dietro l’angolo. Pensiamo a Poggioreale, il più grande carcere cittadino. Dalla relazione annuale del garante risulta che nel 2020 ha ospitato 170 detenuti coinvolti in percorsi psicologici e 168 detenuti che prima della detenzione erano in cura presso un centro di igiene mentale, ma conta appena 12 psicologi nell’organico del personale penitenziario. C’è una sproporzione nei numeri evidente.

In Campania, inoltre, di istituti di pena con un’articolazione appositamente attrezzata per la gestione di detenuti con patologie psichiatriche ce n’è uno per ogni provincia: il carcere di Secondigliano, quello di Santa Maria Capua Vetere, quello di Benevento, e Sant’Angelo dei Lombardi e Salerno. Cinque in tutto, su un totale di quindici strutture penitenziarie presenti nella regione e una popolazione detenuta, al 31 agosto, di 6.432 persone. E pensare che secondo le statistiche più recenti i disturbi mentali e le sindromi ansiose in carcere sono aumentati. Nell’ultimo report redatto dal garante campano sullo stato delle carceri regionali si sottolinea che il 4% dei detenuti risulta affetto da disturbi psicotici, contro l’1% della popolazione generale, e che la depressione colpisce il 10% dei reclusi, mentre il 65% convive con un disturbo della personalità. Nel 2020, inoltre, la percentuale di psicofarmaci somministrati ai detenuti risulta aumentata e rappresenta il 43% dell’utilizzo complessivo di farmaci.

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).