Stanno facendo il giro del web, delle chat WhatsApp, Facebook e quant’altro, le foto di Mariano Cannio, il presunto assassino di Samuele, il bambino di Napoli morto venerdì precipitando dal terzo piano di casa. No, in questo articolo non le troverete, così come sul nostro giornale non troverete quelle del piccolo che non c’è più. Quelle del bambino per rispetto alla piccola vittima; quelle del presunto assassino per non distruggere la vita di un uomo: va chiarito infatti nelle sedi opportune se è colpevole o meno del terribile reato che gli viene contestato.

La vicenda è tutta da chiarire, le indagini sono ancora in una fase iniziale e il provvedimento di fermo dovrà essere sottoposto al giudizio di convalida del Giudice. Ma scorrendo i social scopriamo che Mariano Cannio è già “l’assassino” del piccolo Samuele. Molti utenti web stanno augurando il peggio all’uomo, 38enne della zona della tragedia che svolge lavori di pulizia.

I giustizieri del web dicono che “non va tutelato”: alcuni prima lo definiscono “presunto assassino”, poi però stabiliscono che la sua “immagine deve essere di dominio pubblico e non censurata perché la gente deve sapere chi è”. Insomma una giustizia fai da te a mezzo social che ha già dato del colpevole a Cannio e stabilito la dinamica di quello che, per il web, è senza ombra di dubbio un omicidio: l’uomo, infatti, ha preso Samuele in braccio e senza alcuna pietà l’ha buttato giù.

Noi in questo momento siamo esterrefatti dalla tragedia di venerdì pomeriggio. La sofferenza dei genitori di Samuele è la nostra. La morte di un figlio è inaccettabile, ancora di più in un luogo ritenuto sicuro come in casa. Ma linciare il presunto colpevole non ci fa sentire meglio. Se c’è un colpevole e non si è trattato di un incidente va trovato e pagherà per quello che ha fatto, ma emettere sentenze sui social non è la soluzione.

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Esperto di social media, mi occupo da anni di costruzione di web tv e produzione di format