Dopo 53 anni di carcere e la sepoltura al 41bis, Raffaele Cutolo continua a generare odio anche da morto. Sia lui che la sua famiglia sono finiti al centro dell’ultima gogna. E anche gli abitanti di Ottaviano, comune di origine del boss della Nuova Camorra Organizzata. Così don Maurizio Patriciello ha sentito il dovere di rivolgersi a Denyse, la 14enne figlia del Professore per darle un conforto dopo le ‘’inutili polemiche degli ultimi giorni’’.

«Gli uomini – ha spiegato il parroco – hanno il dovere, davanti alla morte, di non infierire inutilmente su di essi e di non rendere impossibile la vita della sua famiglia, soprattutto quando a soffrire c’è una ragazza così giovane. Dobbiamo pensare anche a lei. Le ho scritto – ha fatto sapere – perché non si lasci scoraggiare dalle polemiche e dalle parole che potrebbero sembrarle offese, ma di continuare a vivere e divertirsi. Non deve abdicare alla dignità di ragazza cui la vita ha riservato un destino particolare. Nessun figlio è responsabile delle colpe dei suoi genitori». Il messaggio di don Patriciello arriva dopo il servizio della trasmissione televisiva Le Iene. Ma facciamo un passo indietro. I riflettori si erano accesi nuovamente sulla figura di Cutolo dopo la comparsa di un manifesto commemorativo, affisso sui muri di Ottaviano, a un anno dalla morte del boss. Gli stessi riflettori, però, sono rimasti spenti mentre Cutolo, che ha fatto cose indegne e orribili sia chiaro nessuno sta provando a dire il contrario, moriva sepolto al 41bis, che più che un regime di carcere duro è un regime di tortura, che porta alla morte. Non degno di un uomo e neanche di una bestia. Ma questa è un’altra storia.

Dopo i manifesti con la scritta, prestampata, “Anima benedetta”, le polemiche non sono tardate ad arrivare, in ultima quella appunto delle Iene che hanno portato le telecamere a Ottaviano per intervistare i cittadini, accusandoli tra le righe di omertà e di difendere anche dopo la sua morte l’ex boss. Ma non solo, il giornalista ha sentito la necessità di controbattere a quel manifesto, incollando sui muri un altro messaggio: “Cutolo non è un’anima benedetta’’. Sul manifesto, poi, viene riportata anche la storia degli anni bui del paese, quella fatta di morte e guerra di camorra. Il parroco ha commentato, quindi, anche il servizio delle Iene andato in onda mercoledì sera, nel quale molte persone si rifiutano di giudicare l’operato del boss, e alcuni cittadini giudicano anche inopportuno il contromanifesto fatto affiggere ad Ottaviano dal giornalista televisivo.

«Non è onesto far passare gli abitanti di Ottaviano per codardi o collusi – ha spiegato Don Maurizio – sono stato a Ottaviano negli anni scorsi per parlare di camorra. Ho fatto convegni nel Palazzo Mediceo, quello ricordato come il castello di Cutolo, e vi hanno preso parte centinaia di giovani. La gente di Ottaviano non è quella del servizio visto in tv. Premesso – ha aggiunto – che Cutolo è stato un feroce criminale, e che non avrei mai scritto il manifesto che annunciava la Messa nel primo anniversario della sua morte, aggiungo anche che se l’anima, di qualsiasi persona, sia benedetta o no, non spetta a me né a nessun altro dirlo, ma al Padre eterno e non è giusto andare in un paese tanto provato e mettere alla gogna le persone con domande prefabbricate».

Durissime le parole del parroco che ha parlato di gogna. La stessa che cade sul capo di indagati, imputati e condannati. La stessa alla quale sono destinate anche le famiglie e i concittadini di chi ha sbagliato e ha passato la sua vita in carcere. Pochi giorni fa Don Maurizio disse un’altra frase, che è bene riportare e ricordare: «Che Cutolo fosse un criminale nessuno lo dimentica – ha concluso – ma morendo è entrato in un’altra dimensione, e se lui era Caino, non dobbiamo consentire che l’odio ci renda altrettanto cattivi. Le porte della Chiesa sono le uniche sempre aperte a tutti».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.