Il caso
Dopo 6 anni gli restituiscono i beni, ma le aziende ormai sono rovinate: “Le nostre vite sono distrutte”

Quello agli imprenditori Virga di Marineo è stato l’ultimo sequestro, prima del terremoto giudiziario che ha sconvolto l’antimafia, firmato nel 2015 da Silvana Saguto, ex giudice delle Misure di Prevenzione del tribunale di Palermo, radiata dalla magistratura e condannata a Caltanissetta per aver messo in piedi un sistema di potere “perverso e tentacolare”. Che a colpi di parentele, amicizie e incarichi offerti sempre agli stessi professionisti, gestiva i beni sequestrati ai mafiosi e agli imprenditori sospettati di essere stati favoriti dai boss.
Pochi giorni fa il tribunale di Palermo ha restituito la maggior parte dei beni – circa l’80% – ai Virga. «Si tratta di un pronunciamento importante che ristabilisce la verità dei fatti», commenta Gaetano Virga. «Ma le nostre aziende – prosegue – oggi versano in stato di abbandono. Molte sono state poste in liquidazione. Il nostro lavoro, le nostre vite, sono state distrutte». Ma la battaglia giudiziaria della famiglia, dopo sei anni da quel sequestro, continua. I Virga, infatti, attraverso il legale Luca Inzerillo, hanno denunciato l’ex giudice delle Misure di Prevenzione del tribunale di Palermo perché quel sequestro sarebbe stata una grande farsa. Un fatto che viene raccontato anche nel decreto con cui il collegio presieduto dal presidente Raffaele Malizia e dai giudici Ettorina Contino e Vincenzo Liotta, ha restituito la stragrande maggioranza dei beni sequestrati da Saguto, eccetto alcune partecipazioni societarie di Carmelo Virga che sono state confiscate.
Nel 2015 scatta il sequestro del patrimonio degli imprenditori stimato in 1,6 miliardi di euro. Un valore che secondo i Virga sarebbe stato gonfiato. Nel 2000 a finire sotto inchiesta per mafia è il solo Carmelo Virga. La sua posizione, però, viene stralciata perché gli elementi a suo carico non possono reggere in giudizio penale. Eppure rappresentano l’impalcatura su cui si basano le indagini patrimoniali. Secondo il Tribunale le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, per i quali i Virga avrebbero goduto dell’appoggio della mafia, erano “convergenti”. A trarne vantaggio sarebbe stato solo Carmelo Virga e non i fratelli. Un particolare troppo strano che non convince i legali della famiglia che hanno contestato la falsità ideologica del sequestro. Il tribunale non l’ha accolta e gli imprenditori, fanno sapere, impugneranno il decreto. Secondo i Virga, Saguto avrebbe esaminato la documentazione composta da migliaia di pagine, pochi giorni prima di firmare il sequestro.
Un fatto che, tuttavia, secondo il collegio delle Misure di Prevenzione non è dimostrato. Ma su quel sequestro le zone d’ombra sono fitte. Saguto scelse come amministratore giudiziario il commercialista Giuseppe Rizzo, il cui sponsor sarebbe stato l’ufficiale della Dia Rosolino Nasca. Saguto è stata intercettata mentre sul conto di Rizzo diceva «è un ragazzetto… non so come farà» e così nominò il coadiutore Carmelo Provenzano, docente della Kore di Enna, condannato con Nasca e Saguto. Secondo i giudici di Caltanissetta che hanno condannato Saguto, la scelta di Rizzo sarebbe stata ricambiata con la promessa di far lavorare il marito di Saguto, Lorenzo Caramma. La battaglia legale dei Virga continua. Lo scorso agosto in un articolo pubblicato su Il Riformista, Gaetano Virga scriveva: «Siamo costretti ad assistere impotenti alla distruzione di quanto abbiamo creato con sacrifici nell’arco di due generazioni. Viviamo con grande difficoltà il presente. Guardiamo con estrema incertezza al futuro. Nonostante tutto, lottiamo per difendere la nostra dignità e i nostri diritti».
© Riproduzione riservata