La verità del boss
Dopo il flop della “Trattativa” il Pm Di Matteo spera nei retroscena di Messina Denaro: “Matteo, salvaci tu”

Ora lo Stato dovrà mostrare la propria capacità di affrontare la Verità. Lo dice con la maiuscola, il pm Nino Di Matteo, in uscita dal Csm, e palesa una sorta di attesa messianica, come se fosse davvero vicino il giorno in cui lui, Matteo Messina Denaro, l’imprendibile capo di Cosa Nostra ormai arreso, squarcerà il velo della storia criminale degli ultimi trent’anni. Che non è la storia delle stragi, ma la storia dello Stato. Perché lui è depositario di segreti che non riguardano la mafia, ma proprio il cuore dello Stato.
Quindi la domanda che il pm del fallimento del teorema Stato-Mafia oggi pone ai massimi vertici dello Stato e del governo è: tu Presidente del consiglio che hai dichiarato di essere entrata in politica da ragazza per combattere la mafia, mostrerai coraggio? Avrai la forza, quando il capo della mafia dirà ciò che nessun politico vuol sentirsi dire, e cioè racconterà le complicità dei massimi vertici istituzionali con questo “mariuolo” che ha potuto essere uccel di bosco per trent’anni grazie a loro, tu avrai il coraggio di non nasconderti dietro opportunismi politici?
Un ragionamento e una ricostruzione della realtà in cui c’è tutto ciò contro cui, proprio pochi giorni fa, durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario, aveva messo in guardia il procuratore generale presso la cassazione Luigi Salvato. Quando ha esortato a non confondere la verità storica con quella giornalistica e quella giudiziaria. Che è quella che si raggiunge solo al termine di un giusto processo. Eppure è proprio quel che sta succedendo. Festa grande di retroscenisti dell’antimafia domenica sera a La7. Antipasto da Concita De Gregorio e David Parenzo, non proprio due esperti di mafia, con Nino Di Matteo, uno dei pm usciti sconfitti da tutta la serie di processi basati sul teorema della Trattativa, poi piatto grosso da Massimo Giletti con ospite d’onore un mafioso assassino di quelli che hanno barattato vantaggi per sé con la vendita dei compagni di merende, Gaspare Mutolo.
Nessuna soddisfazione per il fatto che i Capi di Cosa Nostra sono ormai tutti in galera o morti. Nessuna sincera forma di congratulazioni verso gli eroi dell’arresto di Matteo Messina Denaro, gli uomini dei Ros dei carabinieri e la procura della repubblica di Palermo presieduta da Maurizio De Lucia. La fa da padrone, come sempre tra gli esperti retroscenisti antimafia, a partire da giornalisti che senza quel backstage sarebbero senza lavoro e annoiati, l’ossessione per i fatti di trent’anni fa. Ricostruiti in quel modo pernicioso da cui metteva in guardia il pg Salvato. Dell’ossessione fanno parte, prima di tutto, i “torbidi retroscena”. Di ogni fatto si trascura ciò che è palese, per andare a cercare quel che c’è dietro, le ombre sfuggenti di ciò che non si può vedere, e soprattutto dire. L’arresto di Diabolik, prima di tutto, e il sospetto rabbioso, ancora e ancora e ancora, della Trattativa.
Un atto di sfiducia totale nei confronti di magistratura e forze dell’ordine. Davanti a certi ex investigatori che hanno poi spostato la propria carriera al Csm o sui banchi del Parlamento vien proprio voglia di dirlo: ma perché non l’avete catturato voi, se eravate così bravi, invece di investire le vostre forze nel trastullo delle trattative? Il magistrato Di Matteo è convinto, convintissimo del fatto che l’ex latitante custodisca un prezioso scrigno di “segreti importantissimi” sui suoi rapporti con “soggetti diversi ed estranei rispetto a Cosa Nostra”. E che da lì emergerà finalmente la mitica “Verità” sulle stragi. Quella che butterà a mare il maxiprocesso voluto da Giovanni Falcone, colui che per primo capì la mafia e che proprio per quello non ha mai creduto al terzo livello. E poi tutte le inchieste, quelle giuste e quelle sbagliate di questo lungo periodo, con i processi e le sentenze. Eh sì, perché se la Cosa Nostra, la cosa nostra dei corleonesi stragisti era solo pura manovalanza, si riscrive davvero la storia d’Italia.
Ma, dice ancora l’ex consigliere del Csm, queste cose si capiscono sempre dopo. Ma dopo quando? E lasciamo perdere il fatto che per esempio contro Silvio Berlusconi come mandante di stragi, giusto per essere espliciti, i vari Ingroia e Di Matteo ci hanno provato ben quattro volte a indagarlo, con inchieste dai nomi spensierati come “Oceano” o “Sistemi criminali”, vedendosi il più delle volte costretti a chiedere loro stessi l’archiviazione. E così finirà anche quella destinata solo a fare perdere tempo e denaro, aperta a Firenze. Vogliamo esaminare tutti i fallimenti giudiziari della squadra dei retroscenisti militanti? Ancora lunedì sera si è dissertato, con aria grave di chi sta davvero scrivendo la storia, su due o tre cosette che avrebbero potuto, se in questi talk ci fossero davvero mai opinioni contrapposte, essere demolite come briciole di pane. La prima: la ritardata perquisizione dell’abitazione di Totò Riina.
Qualcuno si è accorto del fatto che i carabinieri del Ros del generale Mori sono stati processati e assolti per quel fatto? Lo stesso vale sul mancato arresto, in due determinati momenti, di Bernardo Provenzano, su cui ancora si continua a mitizzare e sospettare il Ros, e rispetto a cui di nuovo gli uomini accusati dai retroscenisti sono stati processati e assolti. Ma c’è qualcuno che non si arrende. Perché è più facile mascherare le proprie sconfitte con il vittimismo (davamo fastidio ai poteri forti della politica), e cancellare i risultati della storia giudiziaria con le riscrittura in chiave giornalistica e fantasiosa delle proprie trentennali ossessioni.
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