Sette aree chiave: diritti, lavoro, salute, tecnologie, strutture, sicurezza, formazione del personale. E trenta proposte per un carcere più umano. Dopo tre mesi di studio, la Commissione per l’innovazione del sistema penitenziario nominata a settembre dalla ministra Marta Cartabia ha consegnato il risultato dei suoi lavori. È una relazione di 226 pagine nella quale sono indicate criticità e proposte del sistema penitenziario. Le criticità sono quelle di sempre, dal sovraffollamento alla inadeguatezza delle strutture e del personale. Un quadro desolante a cui fa da cornice una quotidianità inumana, tensioni e violenze che si alternano a suicidi e drammi vari.

Come mettere fine a tutto questo? Secondo la Commissione, al cui interno ci sono anche magistrati e direttori di carceri che conoscono bene le condizioni delle carceri campane (Gianluca Guida direttore dell’istituto minorile di Nisida, Raffaello Magi consigliere di Cassazione e per anni magistrato a Napoli e Caserta), bisogna partire da una diversa concezione di carcere, in base alla quale l’intero perimetro di ciascun istituto di pena andrebbe sfruttato per attività di studio, di sport, di formazione, di lavoro (insomma per tutte quelle attività finalizzate a dare alla pena una funzione di riabilitazione e risocializzazione) e la cella andrebbe utilizzata esclusivamente come camera di pernottamento, non come accade adesso come unico luogo della pena che per questo diventa esclusivamente e ingiustamente punitiva. Di qui trenta proposte ora al vaglio della ministra Cartabia. Saranno mai attuate? Serviranno davvero a rendere il carcere più vivibile? O finiranno in un cassetto come accaduto per le proposte studiate dalle Commissioni che lavorarono agli Stati generali dell’esecuzione della pena? Attenderemo fiduciosi.

Intanto, vediamo queste proposte. Una riguarda la possibilità di estendere l’esempio del Serd e del Tribunale di Milano per applicare un programma alternativo alla carcerazione in caso di convalida dell’arresto per chi risulta tossicodipendente. Un’altra proposta è finalizzata a favorire «il reinserimento lavorativo dei detenuti semplificando i passaggi burocratici con una più proficua collaborazione pubblico/privato». Secondo la Commissione, quindi, le aziende private dovrebbero essere informate sulle agevolazioni contributive per l’assunzione di lavoratori detenuti o internati o per le attività di formazione, agevolazioni valide dai 18 ai 24 mesi successivi alla cessazione dello stato di detenzione. E per rendere più saldo il rapporto tra carcere e mondo delle imprese, e quindi del lavoro, si è pensato a degli open day e di istituire una struttura regionale di monitoraggio e coordinamento. Inoltre, si è pensato a un protocollo tra Ministeri dell’Istruzione e della Giustizia per migliorare e potenziare le opportunità di studio in carcere, anche facendo ricorso alla Dad sperimentata nelle scuole durante la pandemia.

E ancora: “liberalizzazione” delle telefonate per i detenuti della media sicurezza rivedendo, tranne che in casi particolari, il regolamento che prevede una telefonata di dieci minuti a settimana e consentendo ai detenuti di acquistare telefonini configurati ad hoc per evitare utilizzi indebiti. Introdurre, inoltre, servizi a pagamento come accade in altre carceri d’Europa come, per esempio, lavatrici a gettoni, e la possibilità di avere computer in cella con connessione a Internet attraverso una piattaforma protetta e con appositi filtri per limitare i contenuti. E ancora, l’informatizzazione dei registri e l’introduzione del totem touch per gestire le richieste dei detenuti con un terminale multimediale risparmiando carta e tempo. L’uso delle tecnologie è incentivato anche per i sistemi a presidio della sicurezza, quindi della cinta muraria delle carceri, gli impianti di videosorveglianza, metal detector e body scanner. Inoltre, un’App faciliterebbe la prenotazione dei colloqui tra detenuti e familiari e l’uso di parabole satellitari permetterebbe ai detenuti stranieri di attivare i canali delle loro tv nazionali e non perdere il contatto con il proprio territorio.

E ancora, proposte per introdurre come elementi del trattamento penitenziario in ciascun istituto sport e teatro facendo in modo che vi siano operatori abilitati a insegnare queste materie. E inoltre: puntare sull’edilizia penitenziaria migliorando celle e strutture; ridisegnare gli istituti per tipologia e “vocazione”; potenziare i reparti di medicina protetta. E ultima, ma non meno importante, la proposta di rimodulare i programmi di formazione del personale penitenziario, quindi degli agenti, in materia di gestione degli agiti violenti, degli eventi critici, in materia di salute mentale, di giustizia restaurata di cultura mediativa, di trattamento dei detenuti minorenni, di tutela delle identità, di organizzazione dell’esecuzione penale esterna.

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).