Le votazioni al Csm
Elezioni, il vento di destra e la sinistra spaccata: politica e magistratura a braccetto

Come avevo previsto in un mio modesto intervento pubblicato sulle pagine del Riformista prima che si conoscessero gli esiti delle elezioni al Consiglio superiore della magistratura le modalità della competizione, anche dopo la vicenda Palamara sono rimaste del tutto uguali. Non sappiamo cosa si sia detto prima ed anche dopo il voto nei cellulari dei candidati, degli elettori ed in quelli degli eletti, ma sicuramente possiamo dire che i risultati lasciano ritenere permanente una prassi di tipo spartitorio, uguale alle prassi precedenti.
Il che significa che vi sono tuttora quei meccanismi che minano dall’interno l’autonomia e l’indipendenza non della magistratura ma del singolo magistrato perché, se per arrivare a determinati posti si deve arrivare a determinati accordi correntizi, è chiaro che il problema dell’autonomia e dell’indipendenza dal sistema politico e dalla società è un problema assolutamente interno e per questo assolutamente non risolto dalle elezioni, anche dopo la riforma Cartabia. Non bisogna dimenticare che la Cartabia ha anche proposto e sostenuto un pacchetto di riforme che stravolge ancora una volta completamente il codice di procedura penale. Se queste sono le avvisaglie sull’effettiva capacità di incidere sulle dinamiche i segnali sono tutt’altro che positivi.
In realtà, i magistrati eletti come consiglieri del Csm sono, come accaduto in passato, quasi tutti promanazione delle singole componenti della magistratura, anzi potremmo anche prevedere, nella prevalenza della corrente di Magistratura Indipendente rispetto alle altre strutture della magistratura associata, un’anticipazione dei prossimi esiti elettorali. I risultati elettorali del Csm mettono in evidenza una prevalenza della destra, mentre un segnale molto significativo di equilibrio, anzi di auto-equilibrio, lo si vede nei risultati molto scarsi ottenuti dalla corrente che fa capo a Davigo, che era quella più estrema. In pratica la magistratura associata, nelle sue componenti di sinistra, ha espresso le stesse identiche dinamiche e divisioni che stiamo vedendo nei partiti di sinistra, sostanzialmente sono una fotocopia l’una dell’altra ma con l’aggravante che la magistratura ha una situazione che mina proprio dall’interno l’indipendenza e l’autonomia dei singoli. Il punto è che dove c’è accordo per sostenere l’uno o l’altro candidato poi è facile che possano crearsi delle dinamiche che vanno a colpire direttamente l’autonomia delle decisioni.
Fin quando si tratta di questioni interne, che riguardano la nomina di uno o di un altro componente dell’organo di autogoverno della categoria, le possiamo più o meno apprezzare o condividere ma rimangono un fatto sostanzialmente interno alla categoria stessa, ma quando queste dinamiche di mediazione si riverberano, o possono riverberarsi, sulle decisioni dei giudici il discorso cambia completamente, perché può esserci terreno fertile per pericolosissime ingerenze, in tal caso il fatto si fa pericoloso e inquietante. Insomma, le dinamiche del “sistema” sono rimaste del tutto immutate e quindi permangono immutati e concreti i pericoli di degenerazione. Per concludere, molte delle persone elette mi piacciono e le stimo profondamente ma il rischio di vedere altre “bollicine di champagne” rimane del tutto immutato.
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