L'ha spuntata al fotofinish
Elezioni in Francia, successo di Mélanchon e zuffa con Macron

Il livello della tensione politica in Francia, all’indomani del primo turno delle elezioni per il rinnovo dell’Assemblea nazionale, è attestato dal durissimo scambio di accuse tra il cartello di sinistra Nupes, guidato dal leader di France Insoumise Jean-Luc Mélenchon ed Elisabeth Borne, prima ministra di Emmanuel Macron. Secondo i dati del ministero degli Interni La coalizione del premier, Ensemble!, la avrebbe spuntata al fotofinish per un pugno di voti: 25,75% contro il 25,66% di Nupes. Scarto di 21mila elettori appena. Al terzo posto, con il 18,68%, figura il Rassemblement National di Marine Le Pen seguito, con il 13,62% da Les Républicaines, cioè i gollisti. Ma la sinistra contesta quel conteggio e accusa il governo di aver falsificato i risultati. Sarebbero infatti stati esclusi dal conteggio alcuni candidati di sinistra che, pur non facendo parte di Nupes erano però sostenuti dalla coalizione di Mélenchon. Il principale quotidiano francese, Le Monde, ieri pomeriggio, a dati ufficiali già noti, assegnava comunque a Mélenchon il 26,11% e al cartello di Macron il 25,88%. Durissima la replica della prima ministra: “Mélenchon mente. Dice di voler essere primo ministro ma è soprattutto primo bugiardo”.
Le cifre confortano il leader della sinistra anche se la controparte può argomentare che formalmente quei voti non possono essere accreditati a Nupes. Ma la bega ha limitata importanza. Rilevante è invece l’importanza estrema che viene attribuita soprattutto dal governo a un dato in sé non decisivo come il vantaggio di misura in un primo turno. Macron teme evidentemente l’effetto psicologico del primo posto assegnato al rivale. Nel ballottaggio il presidente dovrebbe partire avvantaggiato. Ha di fronte un candidato che si pone come schierato molto apertamente, dovrebbe quindi incassare i classici voti moderati, spaventati dalla radicalità delle proposte del cartello di sinistra. Ci sono però alcune incognite che non permettono a Macron di attendere tranquillo il ballottaggio della settimana prossima. La prima è la scelta dell’elettorato astensionista, che in questa tornata elettorale si è rivelato dilagante.
La maggioranza dei francesi, il 52%, ha disertato le urne. Una tendenza del genere potrebbe spingere una parte dell’elettorato moderato a non convergere sul candidato centrista unendosi invece alla marea astensionista. La seconda è il comportamento dell’elettorato di destra. Alle presidenziali Macron è stato salvato proprio dall’indisponibilità dell’elettorato di Mélenchon a votare Le Pen, nonostante la vicinanza su alcuni obiettivi, e anche solo ad agevolare la sua corsa astenendosi. Non è detto però che gli elettori di destra si muovano allo stesso modo invece di votare in modo da mettere il presidente nella posizione più scomoda e difficile, quella di chi è costretto alla coabitazione. Oltretutto con un premier battagliero come sarebbe Mélenchon. La sfida ha un suo riflesso immediato nel governo. I ministri candidati e sconfitti sono infatti tenuti a dimettersi e ce ne sono tre che nei ballottaggi rischiano il posto.
I sondaggi non hanno dubbi sull’esito del confronto di domenica prossima. Accreditano ad Ensemble! una forbice tra i 255 e i 295 seggi, a Nupes tra i 150 e i 190. Ma sono previsioni solo parzialmente rassicuranti per il presidente: sotto i 289 seggi sarà privo di maggioranza assoluta, dovrà ricorrere a un’alleanza con i gollisti e rivedere tutta la sua strategia di riforme, essendo oltre tutto pressato da una sinistra galvanizzata che insisterà per mettere in agenda le sue proposte su salario minimo, ambiente e innalzamento dell’età pensionabile. Il presidente, dunque, dovrebbe essere costretto in quest’ultima settimana ha impegnarsi nella campagna elettorale come non ha fatto sinora, all’opposto dell’onnipresente Mélenchon. Sempre che la crisi gliene lasci il tempo e non è affatto detto. Macron potrebbe d conseguenza ricorrere a una strategia diversa: la chiamata alle armi patriottica: “La Francia e la Ue sono entrate in un’economia di guerra e dovremo organizzarci per molto tempo”, ha dichiarato ieri con toni bel più del solito drammatici e drammatizzanti.
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