En Marche sull’Eliseo. Traguardo tagliato. Ma non è stata una “marcia trionfale”. Per altri cinque anni, Emmanuel Macron sarà alla guida della Francia. Il presidente uscente ha sconfitto al ballottaggio Marine Le Pen. Secondo i dati definitivi dello spoglio comunicati dal ministero dell’Interno francese, Macron ha ottenuto 18,7 milioni di voti, il 58,55% di quelli espressi. I voti raccolti dalla sfidante Marine Le Pen sono stati invece 13,3 milioni, pari al 41,45% dei voti. Astenuti il 28,01% dei francesi aventi diritto al voto. Macron era favorito per un secondo mandato ma mai prima d’ora l’estrema destra risultava così vicina ad una possibile elezione all’Eliseo. Era la seconda volta che i due politici si affrontavano. Nel 2017, il presidente aveva ottenuto il 66,1% dei voti, Le Pen il 33,9%.

Il calo di consensi è evidente: cinque anni fa Macron ottenne 20.743.128 voti, contro gli attuali 18.779.809 (quasi due milioni in meno), mentre Marine Le Pen è passata da 10.638.475 a 13.297.728 voti (più di 2,6 milioni in più). Ad evidenziare il “paradosso” di Macron è uno dei più autorevoli politologi francesi, Oliver Roy, che all’inviata di Repubblica, Anna Lombardi dice: “Questa elezione passerà alla Storia come il paradosso di Emmanuel Macron: il presidente vince perdendo. Conserva l’Eliseo. Ma la sua è una vittoria per difetto. Resiste non perché è popolare: ma perché l’opzione Marine Le Pen è stata considerata inaccettabile dalla maggioranza dei francesi.[…]. Il Paese è diviso. Macron deve fare i conti col fatto che è ormai profondamente impopolare in buona parte della società francese. È sopravvissuto al voto soprattutto perché Marine Le Pen non è stata all’altezza delle sue ambizioni. Il leader de Lrem ha perso a sinistra: e non ha guadagnato a destra. L’unica vera novità di queste elezioni è stato il risultato ottenuto da Mélenchon: il voto popolare – quello delle periferie – e quello dei giovani è andato soprattutto a lui. E questo vuol dire che ha ottenuto soprattutto il voto dei giovani musulmani. Ha intercettato il malessere dei meno integrati, delle periferie, soprattutto astenendosi dal parlare di Islam. Insomma, la base elettorale di Macron si è ristretta: di fatto, ormai conta su un elettorato di centro destra: quello che votava Chirac e Sarkozy. È vero, l’elettorato di sinistra ora gli ha permesso di vincere. Ma non lo ha scelto al primo turno e chissà come voterà alle elezioni politiche di giugno. Si apre un periodo di grandi incognite”.

Di grande interesse è anche l’analisi del voto, e del futuro che attende la Francia e il suo rieletto presidente, fatta dal Wall Street Journal: “Macron, – scrive il giornale – è ora sotto pressione per unire milioni di francesi che hanno votato per i suoi rivali nel primo turno delle elezioni, quando oltre il 50% dei voti è andato a candidati di estrema destra e di estrema sinistra. In gioco c’è la spinta di Macron a consolidare anni di riforme pro-business nell’economia francese – dai tagli alle tasse all’allentamento delle regole sull’assunzione e il licenziamento dei dipendenti – che hanno alimentato il malcontento tra gli elettori che non hanno prosperato sotto la sua amministrazione”. Adesso “Macron dovrebbe formare rapidamente un governo la cui composizione fornirà agli elettori la prima indicazione se intende attenersi al suo stile di governo, che a volte ha comportato toni professorali sulle sue riforme e una marginalizzazione del ruolo dell’Assemblea nazionale nel processo legislativo”. Ma “un approccio pesante non funzionerà nel secondo mandato di Macron, affermano alcuni analisti, poiché è probabile che trovi molto più difficile assicurarsi una maggioranza schiacciante come quella di cui il suo partito, La République en Marche, e i suoi alleati, hanno goduto durante il primo mandato”. Dunque, si prevede che il presidente “scelga ministri esterni al suo partito che possano aiutare a gettare un ponte tra le divisioni politiche”.

Macron ha vinto soprattutto grazie alla “maturità politica dei francesi, che hanno saputo, a volte tappandosi il naso, mobilitarsi per rifiutare le chimere del populismo di estrema destra”, scrive Libération. La Francia che ha riconfermato Macron è un Paese non solo diviso, ma polarizzato tra una estrema destra in crescita e una sinistra radicale che ha riempito il vuoto lasciato dall’ormai scheletrico, sul piano elettorale, Partito socialista francese. Il neo riconfermato presidente di ciò ha piena contezza. E prova a ricucire: “Non sono più il candidato di un campo – ha detto alla folla riunita sotto la Torre Eiffel ieri sera, dopo la conferma della vittoria – ma il presidente di tutti. So anche che molti francesi hanno votato per me per bloccare l’estrema destra. Voglio ringraziarli e dire loro che il loro voto per me costituisce un obbligo nei prossimi cinque anni”. In ottica legislative però è tutt’altro discorso. Al primo turno, Macron si è imposto solo in 256 circoscrizioni, al di sotto della soglia di 289, che corrisponde alla maggioranza assoluta all’Assemblea Nazionale. Ecco perché il suo mandato è già in pericolo. Eredita un Paese che ha attraversato le proteste dei gilet gialli, la pandemia e la guerra in Ucraina. Un Paese diviso in tre blocchi principali di dimensioni simili, ognuno dei quali riunisce circa il 30% dell’elettorato: un blocco macronista, un blocco di sinistra e un blocco di destra sovranista.

Il suo mandato è poi minacciato dall’ascesa semi travolgente del voto di estrema destra, il più alto mai registrato in Francia negli ultimi sessant’anni. Oltre tredici milioni di francesi hanno dato fiducia a Marine Le Pen che ha infatti migliorato il suo score personale di circa otto punti rispetto al 2017. “Le idee che rappresentiamo stanno raggiungendo le vette per un secondo turno delle elezioni presidenziali” ha detto davanti ai suoi sostenitori riuniti al Pavillon d’Armenonville, nel Bois de Boulogne, poco dopo le 20 vedendo nel proprio punteggio “una vittoria clamorosa” e la manifestazione del “desiderio” del popolo francese di “un forte contropotere a Emmanuel Macron”. Ha così lanciato immediatamente “la grande battaglia elettorale delle elezioni legislative” che avranno luogo il 12 e il 19 giugno. Ma non è la sola forza ad ambire al colpo. E lo ha detto chiaramente, non appena chiuse le urne, proprio Jean-Luc Mélenchon: il leader della sinistra radicale può dare il via alla sua di campagna elettorale dopo il risultato sorprendente al primo turno. “Macron è stato mal rieletto in un oceano di astensione“, ha dichiarato. “Ora eleggetemi primo ministro, il terzo turno comincia stasera (ieri, ndr)”. E a pensarci non sono solo i leader, ma anche i francesi: secondo un sondaggio Opinionway per Cnews e radio Europe 1, il 63% degli intervistati auspica una coabitazione (46% con Le Pen e 44% per Mélenchon).

Il disagio dei francesi si manifesta anche nell’astensionismo record: quasi un terzo del Paese stavolta ha scelto di disertare le urne. Con un 28%, il dato sull’astensione è il peggiore dal 1969, come sottolineato in serata da diversi istituti demoscopici. E proprio tra gli elettori di sinistra stufi della logica del voto utile e del “male minore”, oltre che tra i giovani, sembra si contino parecchi di coloro che si sono tenuti lontani dai seggi, e ai quali Macron ha promesso risposte. “La più grande sfida di Macron sarà quella di creare un senso di coesione in un paese estremamente frammentato, dove l’estrema destra ottiene il 41% dei voti”, rimarca Tara Varma, del Consiglio europeo per le Relazioni estere. “Le Pen farà del suo meglio per capitalizzare il suo risultato alle elezioni parlamentari di giugno”. Da Macron – conclude Tara Varma – ci si aspetta che riprenda il mantello della leadership diplomatica europea. Ha menzionato l’Ucraina nel suo discorso della vittoria. Dovrebbe recarsi immediatamente a Kiev con il cancelliere Olaf Scholz per dimostrare il sostegno dell’Europa all’Ucraina. Macron ha ora bisogno di adattare il suo metodo quando si tratta di difendere la sua agenda europea. Dovrebbe lottare per un’Europa più inclusiva e partecipativa”.

Quanto al vincitore, i suoi primi cento giorni neopresidenziali saranno all’insegna di tre grandi priorità: ecologia, protezione sociale, Europa. Il primo viaggio sarà a Berlino, poi il 9 maggio a Strasburgo per la chiusura della Conferenza sul futuro dell’Ue. Già nei prossimi giorni il leader francese dovrebbe avere un nuovo contatto con Vladimir Putin. Ufficialmente i colloqui si sono interrotti dai massacri di Bucha ma Macron voleva anche aspettare di aver vinto sulla “candidata di Mosca”. Quasi tutte le misure promesse da Macron potranno essere attuate solo se il presidente otterrà anche la maggioranza in Assemblea Nazionale: per farlo, concordano diversi osservatori francesi, dovrà cercare di sviluppare un proprio progetto e non puntare sull’opposizione a un progetto altrui, cosa che di fatto gli ha garantito la rielezione.

L’Europa tira un sospiro di sollievo. Da Bruxelles (Ue) a Berlino, passando per Roma. E di questo sollievo si fa interprete, tra i tanti, Mario Draghi. “La vittoria da parte di Emmanuel Macron nelle elezioni presidenziali francesi è una splendida notizia per tutta l’Europa – ha commentato il presidente del Consiglio – Italia e Francia sono impegnate fianco a fianco, insieme a tutti gli altri partner, per la costruzione di un’Unione Europea più forte, più coesa, più giusta, capace di essere protagonista nel superare le grandi sfide dei nostri tempi, a partire dalla guerra in Ucraina”. Grandi aspettative che devono però fare i conti con il risultato francese. Macron ha vinto, ed è un bene, ma la sua, rimarcano analisti e giornalisti francesi di lungo corso, è una vittoria “senza trionfo” e “senza gloria”. E il primo ad esserne consapevole è proprio lui. Ma questa consapevolezza può anche trasformarsi in una opportunità storica. L’esempio è quello di Francois Mitterrand. Per Emmanuel Macron è una sfida affascinante: emularlo.

 

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Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.